Agenzia – Recesso – Giusta Causa – Indennità fine rapporto – Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, Sentenza n. 21803 del 12 Dicembre 2006

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE LAVORO – PRIMO GRADO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL GIUDICE DESIGNATO, D.ssa Maria Delle Donne, quale giudice del lavoro, nella causa iscritta al n.17852/05 R.G.

TRA

R. F. elettivamente domiciliato in Roma, presso lo Studio degli Avv.ti R.A. e E.S. che lo rappresentano e difendono per procura in atti;

E

B. M. S.p.A. , in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo Studio dell’Avv. G.Z. che lo rappresenta e difende anche disgiuntamente con l’ Avv, M.G. del Foro di Milano per procura in atti;

All’ udienza del giorno 6 Dicembre 2006 ha pronunciato il seguente

DISPOSITIVO

definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, così provvede:

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore di parte convenuta, delle spese di lite che si liquidano in Euro 1.100,00 oltre IVA e CAP come per legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente notificato, R. F. conveniva in giudizio B. M. S.p.A. deducendo l’ inesistenza della giusta causa del recesso operato dalla società nei suoi confronti in data 12.10.04 e chiedendo il pagamento dell’ indennità sostitutiva di preavviso nonché il riconoscimento e l’ erogazione dell’ indennità di cessazione del rapporto ex Art. 1751 c.c. nell’ importo massimo previsto dalla norma o, in subordine, il pagamento delle indennità di fine rapporto ex artt. 11/13 A.E.C.

Chiedeva, inoltre, il R. il riconoscimento del diritto ai riscatto della Polizza Assicurativa di cui al punto 6 lett. B del contratto di agenzia del 24.5.01.

Si costituiva in giudizio la società convenuta, eccependo preliminarmente l’ improcedibilità ex Art. 410 C.P.C. relativamente alla domanda di riscatto della polizza assicurativa; nel merito, affermava l’ esistenza di giusta causa nel recesso esercitato, a fronte delle numerose inadempienze del R.

Alla prima udienza di comparizione, il ricorrente rinunciava alla domanda di riscatto, con conseguente cessazione della materia del contendere tra le partì.

Veniva, quindi, ammessa ed espletata prova per testi.

La causa, all’ odierna udienza preceduta da note illustrative autorizzate, veniva discussa e decisa come da separato dispositivo di cui si dava lettura.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di parte ricorrente – così come delimitata a seguito della detta rinuncia di riscatto della polizza assicurativa – va respinta.

Giova, preliminarmente, una disamina dei fatti per cui è giudizio.

Il R., promotore finanziario iscritto nell’ apposito albo, nel febbraio 1999 ha stipulato con M. S.p.A. un contratto di agenzia per la promozione finanziaria, con incarico anche di “team manager”, in virtè del quale aveva il compito di coordinare un gruppo di promotori finanziari per la zona di Roma (circa 20 distribuiti in 12 agenzie).

In data 12.10.04 ha ricevuto dalla preponente comunicazione di risoluzione del rapporto del seguente tenore: “… a seguito delle segnalazioni pervenute alla società secondo le quali, a partire dal mese di luglio del corrente anno, Lei avrebbe posto in essere attività in diretta concorrenza con la Banca con tentativi di storno di componente della rete commerciale della stessa. In tale comportamento si ravvisa una violazione dei basilari principi contrattuali e regolamentari di diligenza, correttezza e professionalità”.

Con il presente giudizio il R. rivendica l’ indennità sostitutiva del preavviso e l’ indennità di risoluzione del rapporto ex Art. 1751 C. C. deducendo l’ inesistenza di una giusta causa di recesso.

Nega, infatti, di aver mai posto in essere comportamenti in concorrenza con M. o volti allo storno di componenti della sua rete commerciale, lamentando pure la genericità della contestazione tale da rendere nulla la risoluzione per mancanza di determinatezza e specificità. Parte convenuta, dal canto suo, ha ribadito l’ esistenza della giusta causa, avendo a suo dire il R. violato gli obblighi previsti dall’ Art. 8 lett, D) del mandato di agenzia, inerenti il divieto per l’ agente di porre in essere attività e condotte , direttamente o indirettamente, in concorrenza con la Banca preponente.

In particolare, nel presente giudizio la Banca convenuta ha dedotto che il R. nella prima parte del 2004 aveva iniziato a fare pressioni su altri agenti di B. M. affinchè gli stessi si dimettessero dai rapporti in essere con la convenuta e valutassero di instaurare altre collaborazioni, in particolare, con la società con la quale lo stesso R. di lì a poco avrebbe instaurato un nuovo rapporto di agenzia.

Segnatamente, la situazione sarebbe divenuta di gravità inaccettabile allorquando nel luglio 2004 il R. convocò alcuni agenti di B. M. presso una sede della B. P. L. in Roma, ove, alla presenza anche di altre persone, cercò di convincere gli agenti convocati a dimettersi dal rapporto di agenzia in essere con B. M.

Di ciò la Banca aveva avuto cognizione in quanto gli stessi agenti contattati dal R. a riferire di tale situazione a B. M. che, appreso ciò, aveva esercitato il recesso per giusta causa. Su tali circostanze fattuali, dunque, è stata svolta l’ attività istruttoria.

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Giova, a questo punto, ricordare che al rapporto di agenzia è applicabile, in analogia con le disposizioni previste per il rapporto di lavoro subordinato, l’ istituto del recesso per giusta causa.

Tuttavia , al fine di valutate l’ inadempimento del lavoratore, occorre anche aver riguardo agli elementi tipici dei due rapporti con le conseguenze che l’ analogia tra le due fattispecie normative può operare solo in quanto non venga a configgere con tali elementi (v. Cass. 12.04 n. 12973; Cass. 16.12.04 n. 23455).

Il principio, poi, della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente fatti “diversi” da quelli contestati, opera sia per il rapporto di lavoro subordinato che per quello di agenzia – data l’ analogia dei due rapporti – ma in relazione solo al recesso del datore di lavoro o del preponente (v. Cass. N. 23455/04).

Nel caso di specie, invero, il ricorrente lamenta la genericità della contestazione e, quindi, della giusta causa ratta valere dalla società preponente.

Tale affermazione non è condivisìbile: nella lettera di recesso è indicato espressamente il periodo temporale in cui i fatti sarebbero avvenuti (luglio 2004) ed è specifica la condotta addebitata all’ agente (tentativo di storno di componenti della rete commerciale).

Nel presente giudizio non sono stati indicati fatti “diversi”, ma è stato semplicemente specificato l’ iter percorso dalla preponente per giungere ad una valutazione della condotta, già indicata nella contestazione.

Non è, d’ altro canto, necessario che il preponente – fin dalla comunicazione del recesso – debba far riferimento a fatti specifici (nel caso di specie, secondo la tesi di parte ricorrente, avrebbe dovuto indicare , ad esempio, i singoli agenti contattali, la società per la quale li reclutava ecc), essendo al contrario sufficiente che di essi l’ agente sia a conoscenza anche aliunde o che essi siano – in caso di controversia – dedotti e correlativamente accertati dal giudice (v. Cass. 25.9.02 n. 13944; Cass. N. 3084/00).

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Ora, come emerge pure dal testo di cui all’ Art. 3 D. Lgs. n. 303/91, per giusta causa deve intendersi un’ inadempienza imputabile all’ agente che, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.

Occorre, dunque, valutare se la condotta del R. sia stata tale da configurare un’ ipotesi di tal genere.

Dalla espletata prova per testi è emerso – con tranquillante certezza – che il R. aveva rappresentato al proprio gruppo di agenti (almeno dieci) la possibilità di ricevere offerte da altre aziende e , segnatamente, con la B. P. L., invitando i medesimi agenti a partecipare ad una riunione presso la banca medesima nel mese di luglio 2004.

Ciò ha riferito il teste C., il quale ha pure precisato che lo stesso R. aveva loro prospettato che, spostandosi in gruppo, l’ offerta economica per gli agenti sarebbe stata piè cospicua, pur senza parlare di cifre e che andarono a tale riunione almeno tre agenti del gruppo (C., M., P.) e che almeno due passarono poi alla B. P. L. (C. e R.).

La teste P.- già agente del gruppo R. ed ora in B. P. I. (già B. P. L.) sempre come promotore finanziario – ha confermato che il R. (e solo lui, come detto anche dal teste C.) le disse di una riunione organizzata dalla B. P. I. per presentarsi alte persone intervenute, precisando che il R. non le aveva fatto alcuna proposta.

La teste C., poi, già appartenete al gruppo R. ed attualmente promotore nella B. P. L. , ha confermato di aver partecipato alla, riunione “promozionale’ ‘ , invitata dal R. che si era riferito a tutto il gruppo, dicendo loro che sarebbe stato presentato il modo di lavorare di tale Banca unitamente ai mercati; la teste ha poi precisato che non venne, in quella sede, rappresentata alcuna proposta di lavoro né questa venne rappresentata dal R., pure presente nella riunione.

Infine, il teste M. ha confermato di essere stato contattato dal R. e di aver partecipato alla riunione ove erano presenti due responsabili della B. P. L. che spiegavano i loro prodotti ed il mercato.

Su domanda degli agenti partecipanti, venne detto che le proposte (di lavoro) sarebbero state individuali a seconda del portafoglio che ciascun agente avrebbe portato con sé, proposte da fare individualmente solo se convinti gli agenti di lasciare B. M.

Ha precisato il teste che il contatto sarebbe dovuto avvenire a mezzo del R. e che alla riunione venne detto che la presenza degli agenti era avvenuta grazie all’ intervento del R. stesso.

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Alla luce degli elementi così acquisiti, non può che rilevarsi la carenza di correttezza e buona fede nella condotta del R.

Per quanto i testi P. e C. abbiano tentato di “sminuire” l’ intervento del R. risulta con tranquillante certezza che costui, grazie alla sua funzione di coordinatore di almeno 10 agenti, ha fatto da intermediario tra costoro e la B. P. L. che, evidentemente, all’ epoca aveva bisogno di “reclutare” nuovi agenti per il suo mercato.

Tale ruolo ,dunque, è stato in sostanza quello di “reclutatore” per la B. P. L., ruolo eseguito contattando dapprima i propri agenti e prospettando loro comunque una nuova collaborazione con altra azienda , portando evidentemente con sé il proprio portafoglio.

Ha svolto poi tale ruolo invitandoli ad un’ apposita riunione “promozionale” che, invero, pare – per come descritta – piè vicina ad un’ offerta di collaborazione i cui dettagli – ovviamente – erano stati rinviati al contatto individuale.

Ciò si spiega proprio per il fatto che ciascun agente aveva il proprio portafoglio clienti da poter apportare e in virtè, quindi, della sua consistenza, le condizioni contrattuali sarebbero mutate. Dunque, è stato il R. a mettere in contatto la B. P. di Lodi e gli agenti M.: questi ultimi, infatti, solo grazie al suo intervenuto hanno partecipato alla riunione ed hanno, alcuni, anche accettato la nuova collaborazione.

È irrilevante nel presente giudizio l’ esito di tale intervento cosi come l’ eventuale danno patrimoniale subito da B. M.

Quel che rileva, piuttosto, è se tale condotta possa dirsi lesiva del vincolo fiduciario tra le partì.

A parere di questo giudicante la condotta così descritta non consentiva la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di agenzia.

Infatti, erano state le stesse parti stipulanti a valutare di estrema gravità un’ attività di concorrenza che non necessariamente doveva avvenire in maniera diretta: infatti, è sufficiente al riguardo richiamare il punto 8) lettera d) della lettera di incarico ove, nell’ ambito dell’ attività concorrenziale, è espressamente prevista “ogni azione o attività mirata al reclutamento di promotori finanziari della banca a favore di società o banche concorrenti”.

La condotta del R., già sopra descritta, altro non può che essere qualificata tale: è da escludere, infatti, che il contatto tra i promotori M. e la Banca concorrente sia stata un’ iniziativa degli agenti stessi che, invece, hanno potuto valutare nuove proposte di lavoro solo grazie alla sollecitazione del R. stesso.

La gravità del comportamento del ricorrente, peraltro, va rapportata anche al suo ruolo di “team manager”: in sostanza, il ruolo di coordinatore (mentre gli ha recato certamente vantaggio nello svolgere tale attività di reclutamento) comporta un particolare vincolo fiduciario con la preponente, alla quale viene garantita la buona organizzazione e la corretta gestione degli agenti, negli interessi della preponente medesima.

R., con la sua condotta, ha mirato a ben altro scopo, quello cioè di sottrarre risorse (e patrimonio anche economico) a B. M. per farle confluire nelle risorse di una banca concorrente.

Pertanto, sussiste la giusta causa di recesso in capo alla proponente.

Essendo le rivendicazioni economiche di parte ricorrente condizionate alla “non imputabilità’ ‘ all’ agente della detta risoluzione, queste non hanno fondamento alla luce delle considerazioni finora esposte.

Tale delibazione peraltro ha pure carattere assorbente ed esime il giudicante dal valutare le eccezioni di nullità-genericità dei conteggi, formulate al riguardo dalla convenuta.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Questi i motivi de retroscritto dispositivo.

Roma lì 6 Dicembre 2006

Il Giudice
Maria Delle Donne

Depositata in Cancelleria il 12.12.2006


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