Dirigente – Licenziamento – Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2914 del 14 Settembre 2007

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI MILANO
Sezione Lavoro

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice Unico di Milano, dr. ssa Monica Vitali, in funzione di Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa nr. 5016/06 R. G. L.

promossa da M. G.

con i Proc. Dom. Avv. Prof. A. I. e L. A.

Ricorrente

contro

MCD

con il Proc. Dom. Avv. M. G.

Resistente
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente notificato, G. M. conveniva in giudizio la MCD, esponendo di essere stato assunto dalla convenuta, all’ epoca MCD F. and O. C. S. p. A. , in data 2 gennaio 1989 con la qualifica di quadro addetto al settore vendite e con la posizione di direttore marketing; di essere stato nominato dirigente con decorrenza dal luglio 1995; di aver lavorato in Italia sino al 1995, venendo poi inviato a Chicago con l’ incarico di Direttore Marketing International per occuparsi dell’ area asiatica; di essersi trasferito negli Stati Uniti con la famiglia, iscrivendosi all’ anagrafe degli italiani residenti all’ estero; di essere stato destinato dall’ 1 gennaio 2000 ad Hong Kong con la posizione di Assistant Vice President, rientrando in Italia in modo sporadico e fugace; di aver raggiunto risultati positivi. quintuplicando il numero di ristoranti nell’ area e aumentando dì sei volte quello dei dipendenti; di aver ricevuto numerosi aumenti retributivi e un bonus ogni anno correlato ai risultati, di essere stato nominato nel 2002 Vice President & Chief Marketing Officer per l’ area di Hong Kong, Cina e Taiwan, qualifica estremamente prestigiosa e all’ epoca ricoperta all’ interno dell’ intero sistema del grappe da soli altri quattro dirigenti, tutti di nazionalità americana; di aver ricevuto nel 2005 il premio attribuito ogni due anni alla miglior direzione marketing a livello mondiale; di aver visto mutare nel luglio 2005 il suo diretto referente, CEO per la Grande Cina, a seguito di una serie di cambiamenti nei vertici aziendali, iniziando ad avvertire intorno a sè un’ aria di crescente ostilità; di aver ricevuto in data 28 luglio 2005 una comunicazione dal responsabile del personale per l’ area asiatica L. C. relativa alla cessazione del suo incarico nella Grande Cina a decorrere dal 30 settembre 2005 e conteneva la chiara volontà del datore di lavoro di recedere con preavviso dal rapporto di lavoro; di aver reagito in data 29 luglio 2005 con lettera raccomandata inviata sia al signor C. che all’ attuale convenuta impugnando il licenziamento rappresentando dalla mail ricevuta in giorno precedente; di aver lavorato nel mese di agosto a Hong Kong in una condizione di completa emarginazione, venendo estromesso anche fisicamente dal posto di lavoro dall’ 1 ottobre 2005, e dovendo consegnare il proprio personal computer, la carta di credito aziendale e le chiavi dell’ auto concessagli in godimento; di aver nuovamente impugnato il licenziamento in data 4 novembre 2005; di aver partecipato a un incontro a Milano il giorno 11 novembre 2005 nel corso del quale si trattò delle spettanze conseguenti all’ avvenuta cessazione del rapporto di lavoro, incontro cui seguì l’ invio alla società delle sue richieste; di aver continuato a ricevere la retribuzione dei mesi di ottobre e novembre 2005 e di gennaio 2006; di aver chiesto l’ espletamento del tentativo di conciliazione in data 1 dicembre 2005; di aver ricevuto in data 27 dicembre 2005 lettera di contestazione disciplinare in cui la società, incurante di quanto era avvenuto nei mesi precedenti, gli addebitava il mancato rientro alla sede di distacco alla data concordata del 25 novembre 2005 e la circostanza di fornire collaborazione diretta e continua alla società concorrente B. K. dal 19 novembre 200; di aver replicato con lettera in data 30 dicembre 2005, facendo presente di non aver mai concordato alcun periodo “sabbatico” con la società; di essere stato licenziato con lettera in data 12 gennaio 2005, ricevuta il 18 gennaio; di aver ribadito la precedente impugnazione del licenziamento del luglio 2005 con lettera 23 gennaio 2005, impugnando in via subordinata anche il recesso dello stesso mese di gennaio; di aver ricevuto lettera in data 15 febbraio 2006 con cui il Fondo di Previdenza per i dirigenti di aziende commerciali M. N. comunicava che il datore di lavoro aveva comunicato la cessazione dal servizio alla data del 30 novembre 2005 e nell’ aprile 2006 comunicazione dall’ associazione A. P. con cui si dava un periodo di aspettativa dall’ 1 dicembre 2005 al 18 gennaio 2006, di aver percepito nel corso del rapporto una retribuzione base cui si aggiungeva un bonus, di importo variabile, riconosciutogli annualmente per gli incrementi di fatturato e la fedeltà mostrata alle politiche aziendali; di aver ricevuto dal 1996 durante l’ intero periodo di permanenza all’ estero un’ indennità denominata Cost of living Allowance il cui fine era l’ adeguamento della retribuzione al costo delta vita del paese di destinazione; di aver ricevuto dal marzo 2003 una gratifica denominata Special Allowance e dal 2004 un’ ulteriore voce denominata Family Assistance Allowance; di aver avuto numerosi fringe benefits, nel periodo di lavoro in Italia, dalla disponibilità di un’ auto anche per uso privato, e nel periodo all’ estero, dell’ uso dell’ auto e dal godimento di una abitazione per sè e la famiglia, compresi i costi delle varie utenze domestiche cui erano aggiunti, nel periodo trascorso a Hong Kong, l’ iscrizione all’ esclusivo club ricreativo e la retta scolastica per le due figlie; di essersi visto attribuire un gran numero di stock options, in parte già esercitate e, in parte, ancora da esercitare; di essersi visto effettuare dal datore di lavoro una serie di ritenute per importi consistenti a titolo di tassazione ipotetica, per un ammontare complessivo di € 330. 388,22; di aver dovuto corrispondere con cadenza annuale una serie di conguagli fiscali per un ammontare complessivo di € 103. 346,27: di aver chiesto piè volte delucidazioni in ordine alle disposizioni normative in forza delle quali venivano operati tali conguagli fiscali, senza alcun riscontro, salvo una mail in cui era spiegato in modo insufficiente il meccanismo di ritenute; di aver espressamente formulato riserva di ripetizione con lettera 18 maggio 2005; di aver usufruito dal 1995 al 2002 di soli 25 giorni di ferie all’ anno, malgrado il contratto collettivo ne preveda 30, e dal 2003 di non aver piè goduto di ferie. Ciò premesso, concludeva chiedendo, in via principale, che fosse dichiarata l’ invalidità e l’ inefficacia e/o l’ ingiustificatezza del licenziamento intimatogli in data 28 luglio 2005 e conseguentemente la società convenuta fosse dichiarata tenuta e condannata al pagamento in suo favore delle somme di € 406. 759,19 per indennità supplementare o la diversa somma da determinarsi in via giudiziale, €86. 552,62 per indennità sostitutiva delle ferie non godute e maturate nel periodo dall’ 1 gennaio 2003 al 30 settembre 2005 e nel periodo di preavviso, oltre alla somma risultante dovuta per le ferie non godute e maturate dall’ 1 gennaio 1995 al 31 dicembre 2004, quantomeno € 285. 627,97 per T. F. R. , oltre alla somma risultante dovuta per il periodo corrente dall’ assunzione sino al 1995 e in ogni caso, la somma anche maggiore che dovesse risultare dovuta per T. F. R. in corso di causa; in via alternativa e/o subordinata, qualora dovesse essere accertato che il licenziamento ha avuto effetto dal 30 novembre 2005 o, in ulteriore ipotesi alternativa e/o subordinata, che il licenziamento è stato efficacemente posto in essere con lettera 12 gennaio 2006, fosse dichiarata l’ invalidità e/o l’ inefficacia e/o l’ ingiustifìcatezza dei licenziamenti di cui sopra e la società convenuta fosse condannata, al pagamento dell’ indennità sostitutiva del preavviso, dell’ indennità supplementare, dell’ indennità sostitutiva delle ferie non godute e del T. F. R, nelle misure da determinarsi e, comunque, non inferiori a quelle già indicate; La società convenuta fosse dichiarata tenuta e condannata al pagamento in suo favore della somma complessiva di € 433. 734,49 a titolo di indebiti conguagli e di indebite trattenute fiscali.

Si costituiva ritualmente MCD, concludendo per il rigetto del ricorso.

Esperito il tentativo di conciliazione con esito negativo, interrogate le parti, all’ udienza del 17 luglio 2007 la causa è stata discussa e decisa come da separato dispositivo letto in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Esaminando la questione del preteso licenziamento del 28 luglio 2005, il ricorrente sostiene, in primo luogo, che la comunicazione inviatagli via e-mail dal responsabile delle risorse umane per l’ Asia del gruppo L. C. integri sotto il profilo oggettivo un licenziamento, in quanto contenente l’ espressa dichiarazione della cessazione della sua posizione lavorativa con effetto dal 30 settembre 2005 e della conseguente necessità di cercarsi altra e diversa occupazione. In secondo luogo, afferma che, in ogni caso, si sarebbe realizzato un recesso per fatti concludenti desumibile dalla comunicazione inviata all’ istituto di previdenza M. N. così che, sia accogliendo la tesi esposta in principalità sia quella formulata in via subordinata – sulla quale, peraltro la difesa del M. ha particolarmente insistito in sede di discussione orale della causa – la contestazione contenuta nella lettera 27 dicembre 2005 sarebbe stata irrilevante in quanto successiva all’ avvenuta cessazione de! rapporto contrattuale.

Si tratta di tesi palesemente infondate: quanto alla prima, va sottolineato che la comunicazione inviata per posta elettronica il 28 luglio 2005 non contiene alcun licenziamento, limitandosi ad affermare che dal 30 settembre 2005 sarebbe terminata l’ assegnazione del ricorrente all’ area Grande Cina e che si trattava di esplorare soluzioni lavorative alternative all’ interno gruppo. Inoltre, come puntualmente rilevato nella memoria difensiva della società e ribadito nella discussione orale della causa, il M. era stato solo distaccato presso la casa madre negli USA e da qui presso MCD China, restando, comunque, dipendente della convenuta distaccante.

Di conseguenza, la titolarità del potere di licenziare era in capo alla sola MCD, datore di lavoro dal M. , nè il responsabile dell’ area asiatica del gruppo poteva avere alcun potere in proposito (Cfr.. ex plurimis: Cass. 3 agosto 2001 nr. 10771).

D’ altro canto, da un lato, che fosse la società odierna convenuta il datore di lavoro del ricorrente era ben chiaro allo stesso M. che inviò anche a MCD la comunicazione di impugnazione del preteso licenziamento; dall’ altro, la possibilità, adombrata dalla difesa del lavoratore nella discussione orale della causa e certamente sussistente in linea di pura ipotesi, di una ratifica da parte della distaccante, in concreto è smentita non solo dalla comunicazione inviata dal dirigente responsabile delle risorse umane C. in data 3 agosto 2005 quale risposta all’ impugnazione del recesso, ma altresì dal comportamento successivo delle parti.

Invero, tale comportamento conforta la ricostruzione offerta sul punto dalla società convenuta il M. nell’ interrogatorio libero del 6 febbraio 2007 ha ammesso di aver discusso nell’ incontro tenutosi a Milano l’ 11 novembre 2005 di un incentivo per la chiusura del rapporto di lavoro con MCD, nel momento in cui la trattativa per individuare collocazioni alternative in azienda dopo la fine dell’ incarico in Cina non stava giungendo a soluzioni positive, confermando una volta di piè che la comunicazione del 28 luglio 2005 non rappresentava un licenziamento e che il rapporto era pacificamente ancora in essere. A ciò si aggiunga che la retribuzione è stata versata al M. sino alla lettera di licenziamento del 12 gennaio 2006, così che alcun licenziamento può dirsi intimato nel luglio 2005.

Quanto alla tesi esposta in via subordinata in ricorso, su cui si è incentrata la discussione orale della causa, la mancata attribuzione di mansioni per il periodo successivo al 30 settembre 2005 poteva, se del caso, fondare una domanda di accertamento di una dequalificazione subita dal M. , una volta cessato il distacco, domanda, peraltro, neppure avanzata, ma certamente non costituisce alcuna manifestazione della volontà di licenziamento nè può attribuirsi efficacia in tal senso alle comunicazioni ai Fondi di previdenza integrativa che, appunto, si riferiscono alla corresponsione delle retribuzioni ed al versamento delle relative quote.

Al contrario, il ricorrente non ha avanzato alcuna contestazione all’ unico licenziamento intimatogli effettivamente, e cioè quello di cui alla lettera 12 gennaio 2006; di conseguenza tutte le domande relative a tale punto devono essere rigettate.

Parimenti infondata è la pretesa di pagamento dell’ indennità sostitutiva delle ferie come è noto, per giurisprudenza assolutamente consolidata, il dirigente, avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto all’ indennità sostitutiva delle ferie non godute, salvo che provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed oggettive ostative a tale fruizione (tra le molte Cfr.. : Cass. 7 giugno 2005 nr. 11786; Cass. 8 novembre 2002 nr. 15749). Nel caso di specie, il M. , dirigente che operava ai massimi livelli aziendali nell’ ambito del gruppo MCD non ha dedotto nè si è offerto di provare di non aver potuto usufruire delle ferie per esigenze aziendali e, quindi, la domanda sul punto deve essere respinta.

Quanto, poi, alla rivendicazione di una diversa quantificazione del T. F. R. , in particolare con l’ inclusione nella base di calcolo di una serie di emolumenti e di attribuzioni in natura, corrisposti in via non occasionale, decisivo è il rilievo che il trattamento economico aggiuntivo erogato al ricorrente durante la sua permanenza all’ estero, sia negli USA che ad Hong Kong, non è mai stato concordato con la società convenuta nè previsto nel contratto individuale di lavoro, ma è frutto di accordi direttamente intercorsi tra il vertice della casa madre ed il ricorrente, come sostenuto dallo stesso ricorso. Sotto questo punto di vista, infatti, MCD ha versato al M. la retribuzione indicata nella busta paga e su tali importi ha correttamente calcolato il T. F. R, mentre gli ulteriori emolumenti sono stati riconosciuti e corrisposti al lavoratore da altri soggetti giuridici così che in alcun modo possono incidere sulla quantificazione del trattamento di fine rapporto liquidato dall’ odierna convenuta in base al trattamento retributivo contrattuale.

Da ultimo deve essere respinta la domanda di restituzione delle ritenute fiscali che il ricorrente assume di aver versato: in proposito basti osservare come pacificamente, da un lato, nelle buste paga emesse dalla MCD non risulti alcuna ritenuta fiscale e, dall’ altro, l’ assegno 20 gennaio 2003 prodotto all’ udienza del 6 febbraio 2007 quale prova dell’ avvenuto versamento del conguaglio fiscale dell’ anno 2000 sia intestato a MCD C. Di conseguenza, pur prescindendo dall’ ovvia considerazione che in tema di trattamento fiscale il datore di lavoro opera quale sostituto di imposta, così che ogni eventuale domanda di restituzione di importi versati indebitamente avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dell’ Agenzia delle Entrate, nel caso in esame manca addirittura la prova che l’ attuale convenuta abbia mai operato ritenute fiscali sul trattamento retributivo del ricorrente, residente all’ estero da molti anni.

In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P. Q. M.

respinge il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite liquidate in € 10. 000.

Il Giudice
D. ssa Monica Vitali

Depositata in Cancelleria il 14 settembre 2007.


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