Transazioni – Pensionamenti (Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2717 del 11 dicembre 2013)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SEZIONE LAVORO

Udienza del 10/12/2013

N. 3175/2013

Dr.ssa Lucia Mancinelli quale giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa promossa da:

G. A., assistito dall’Avv. C. B. S.

RICORRENTE

CONTRO

C. G. I. SPA, con gli Avv.ti L. A. e TOMMASO MASSIMO GOFFREDO

CONVENUTA

OGGETTO: Altre ipotesi

Considerato che:

il ricorrente A. G., già alle dipendenze della società convenuta dal 1/2/2007 al 31/3/2009, agisce per ottenere l’annullamento per vizio della volontà, sotto specie di errore o dolo, del verbale dl conciliazione In sede sindacale 20/3/2009 e conseguentemente chiede la condanna di parte convenuta a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e a corrispondergli a titolo di risarcimento del danno tutte le retribuzioni che il ricorrente avrebbe maturato dalla data del verbale dl conciliazione alla effettiva reintegra, detratte le somme percepite a titolo di indennità di mobilità e di incentivo all’esodo; parte convenuta si è costituita chiedendo il rigetto del ricorso e negando in particolare la configurabilità di una ipotesi di dolo o di errore; il verbale di conciliazione impugnato porta la stessa data della lettera di licenziamento (20/3/2009: doc. 1 di parte ricorrente), e consegue ad un accordo sindacale siglato il 4/2/2009 nell’ambito di una procedura di mobilità per 130 lavoratori avviata dalla società datrice di lavoro; l’accordo sindacale (doc. 2 di parte ricorrente) provvede alla individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità con riferimento a “i dipendenti che manifesteranno formalmente all’azienda tale volontà e che sono o saranno entro tre anni dalla collocazione in mobilità in possesso dei requisiti soggettivi utili per accedere ad un trattamento pensionistico, nonché tutti i lavoratori dipendenti che dichiareranno di essere interessati a non opporsi al recesso operato dall’azienda”; il ricorrente e la società convenuta alla presenza delle organizzazioni sindacali hanno sottoscritto il verbale di conciliazione (doc. 3) nel quale tra le premesse si afferma che “il lavoratore, alle dipendenze della C. G. I. S.p.A. dispone dei requisiti previsti dall’accordo sopracitato per la collocazione in mobilità”; le parti concordano che la cessazione del rapporto di lavoro avverrà in data 31/3/2009, e che “il lavoratore a fronte del licenziamento intimatogli con conseguente collocazione in mobilità, rinuncia ad impugnare lo stesso”, ricevendo in via transattiva quale incentivo all’esodo l’erogazione della somma di € 8.000,00 netti; la natura di conciliazione in sede sindacale dell’accordo testé riportato lo sottrae alla sanzione di invalidità di cui all’art. 2113 c.p.c., ma non esclude che possa essere esperita l’azione di annullamento per vizi della volontà, attesa la natura di contratto dell’accordo raggiunto tra le parti; sulla scorta delle stesse allegazioni di parte ricorrente, pare da escludersi la configurabilità della fattispecie del dolo, non essendo stato allegato alcun comportamento concreto che possa configurare i raggiri, ovvero quei comportamenti caratterizzati da mendacio, malizia o astuzia, che possano aver indotto il ricorrente a travisare la realtà determinandone la volontà di contrarre: lo stesso ricorrente configura il dolo nel caso in esame attraverso un’ipotesi possibilista di omissione voluta di informazioni al ricorrente sulla sua situazione previdenziale, ipotesi non suffragata da alcuna allegazione in fatto; quanto alla affermata sussistenza di una fattispecie di errore, il ricorrente afferma di essersi determinato a sottoscrivere il verbale di conciliazione che cristallizzava la sua estromissione dal posto di lavoro sulla scorta della fallace convinzione di avere diritto alla collocazione in mobilità per il periodo di tre anni, decorsi i quali sarebbe stato in possesso dei requisiti per accedere al trattamento pensionistico: afferma il ricorrente che tali convinzioni si sono rivelate errate posto che la mobilità gli è stata sospesa dopo 25 mesi (non essendo possibile beneficiare di un periodo di mobilità superiore alla durata del rapporto di lavoro) e che alla prevista data di cessazione della mobilità triennale non sarebbe stato comunque in condizioni di accedere alla pensione non avendo ancora compiuto i sessant’anni; deve osservarsi come l’erronea convinzione del ricorrente di poter accedere alla pensione dopo tre anni di mobilità non configuri un errore essenziale ai sensi dell’art. 1429 c.c., investendo i motivi per cui il ricorrente si è determinato a contrarre e non certamente la natura o l’oggetto del contratto, o l’identità e le qualità dell’oggetto: nessun errore vi è infatti stato sul contenuto e sugli effetti dell’accordo concluso; l’errore di diritto lamentato investiva infatti la sussistenza dei presupposti per godere della mobilità triennale e per accedere al termine al trattamento pensionistico, ovvero elementi che non rientravano nell’oggetto dell’accordo negoziale (l’accettazione del licenziamento a fronte dell’erogazione di un incentivo all’esodo) ma si ponevano quali meri motivi o presupposti della determinazione a contrarre: come ha affermato in una fattispecie analoga (anche se in materia di dimissioni) la Corte di Cassazione (sent. n. 11153 del 11/6/2004), “l’errore di diritto invocato non concerneva propriamente le dimissioni, non lamentando il F. di avere errato nè sulla natura, nè sugli effetti dell’atto e che quindi fosse viziata la sua volontà dl risolvere il rapporto di lavoro. L’errore di diritto cadeva invece su una norma giuridica concernente il distinto, ancorché collegato, rapporto previdenziale, giacché il lavoratore si aspettava, attraverso l’effettuata ricongiunzione, di avere maturato il diritto al trattamento pensionistico. Si trattava quindi di errore che cadeva non già sull’atto, ma di errore che cadeva sul motivo, ossia sulla rappresentazione psichica individuale che aveva indotto il soggetto a rassegnare le dimissioni”; è opinione prevalente che l’errore sul motivo non sia causa di annullamento del contratto; in ogni caso deve escludersi che tale errore, ove anche potesse essere configurato come essenziale, possa essere ritenuto riconoscibile dall’altro contraente, al sensi degli articoli 1428 e 1431 c.c.; il ricorrente afferma apoditticamente che l’azienda avrebbe agevolmente potuto conoscere che il ricorrente non fosse legittimato a godere del trattamento di mobilità e successivamente del trattamento pensionistico, e ciò in quanto la situazione soggettiva del ricorrente era nota alla C. G. I. che aveva rilasciato all’Inps la dichiarazione prodotta quale doc. 7: si osserva per contro che il modello DS2Z prodotto consente di ritenere che l’azienda fosse, come è ovvio, perfettamente informata delle circostanze inerenti il rapporto di lavoro, durato dall’aprile 2007 all’aprile 2009, ma nulla può ricavarsi da tale documento sulla complessiva situazione pensionistica del lavoratore che riguarda tutta la sua storia professionale, che ha interessato la società convenuta solo in minima parte; non sono inoltre stati addotti elementi che inducano a ritenere che C. G. I. abbia sottoscritto il verbale di conciliazione con il ricorrente qualificandolo tra i lavoratori legittimati ad accedere al trattamento pensionistico dopo tre anni di mobilità, posto che l’accordo sindacale 4/2/2009 comprendeva nel novero dei lavoratori da collocare in mobilità anche tutti i lavoratori interessati a non opporsi al recesso, senza alcun riferimento alla situazione previdenziale, e nel verbale dl conciliazione non compaiono maggiori specificazioni rispetto all’affermazione che il lavoratore “dispone dei requisiti previsti dall’accordo … per la collocazione mobilità”: ben poteva il ricorrente apparire alla controparte come determinato ad accettare la mobilità anche se non fosse caduto nell’errore lamentato; in mancanza di ulteriori allegazioni, non vi sono elementi per ritenere che la convenuta potesse riconoscere, in relazione al contenuto dell’accordo, alle circostanze che hanno condotto alla conclusione dello stesso e alla qualità dei contraenti (con particolare riferimento all’assistenza del lavoratore da parte delle organizzazioni sindacali), che il ricorrente versasse in errore sui motivi che lo hanno condotto ad accedere all’accordo di conciliazione; l’azione di annullamento non può pertanto trovare accoglimento, con l’osservazione che in ogni caso, anche qualora avesse potuto pronunciarsi l’annullamento dell’accordo conciliativo con conseguente venir meno ex nunc degli effetti dello stesso, nondimeno non avrebbero potuto essere accolte le domande di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e di risarcimento del danno, posto che il ricorso non contiene alcun motivo per ritenere che il licenziamento sia stato illegittimamente intimato; le condizioni delle parti, la natura di diritto della decisione e l’assenza di proposte conciliative da parte della convenuta comportano la necessità dl disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio;

P.Q.M.

visto l’art. 429 c.p.c., ogni altra domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa:

rigetta il ricorso;

compensa tra le parti le spese di lite.

Il Giudice

Dr.ssa Lucia Mancinelli


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