Sconti ai dipendenti sui servizi erogati dal datore di lavoro – Abolizione | ADLABOR

È legittima l’abolizione degli sconti, a favore di dipendenti ed ex-dipendenti in pensione, sui servizi erogati dal datore di lavoro,  che erano stati previsti da alcuni CCNL nei decenni passati, in quanto, secondo la giurisprudenza non costituiscono diritti quesiti, essendo svincolati dalla prestazione lavorativa e quindi non configurando un elemento della retribuzione.

Negli anni ’70 vi era la prassi, spesso disciplinata anche all’interno della contrattazione collettiva, secondo cui i dipendenti delle aziende di Stato fruivano del servizio offerto dalle società in cui lavoravano, godendo di importanti agevolazioni e scontistiche, o addirittura anche gratuitamente, che in alcuni casi erano estese ai familiari.

Per quanto attiene al settore delle imprese che gestivano il servizio elettrico, i CCNL di settore che si sono succeduti prevedevano, per tutti i lavoratori e per coloro tra questi che raggiungevano l’età pensionabile in presenza di taluni requisiti, uno sconto dell’80% sulle tariffe di vendita dell’energia elettrica che veniva utilizzata presso la propria abitazione.

Tale agevolazione tariffaria è stata gradualmente eliminata a partire dal 1996 per i nuovi assunti e dal 2012 anche per gli altri dipendenti, attraverso degli accordi collettivi, per lo più a livello aziendale, che hanno disdettato le norme della contrattazione collettiva che avevano istituito lo sconto in bolletta per i dipendenti delle aziende elettriche.

Da ultimo, su pressione dell’Autorità dell’energia che chiedeva l’eliminazione delle agevolazioni agli ex dipendenti, per evitare distorsioni di prezzo rispetto a coloro che non ne potevano usufruire, dal gennaio 2016 gli sconti sulle tariffe sono state abolite anche per gli ex dipendenti in pensione.

Tuttavia alcuni di questi ex dipendenti di aziende del settore elettrico hanno incardinato delle vertenze avanti a diversi Tribunali del Lavoro, al fine di vedersi accertato il diritto allo sconto sulla bolletta dell’elettricità.

In particolare, gli ex dipendenti hanno rivendicato “lo scontro elettrico”, ritenendolo un diritto acquisito e parte integrante della retribuzione, con la conseguenza che sarebbe dovuto essere riconosciuto loro anche in seguito alla cessazione del servizio, e contestando altresì il recesso/disdetta unilaterale delle clausole del contratto collettivo che attribuiva loro tale agevolazione.

Sulla questione, l’orientamento giurisprudenziale che è andato formandosi sembra essere quello volto a ritenere legittima la scelta aziendale di eliminare lo sconto sulla bolletta elettrica, negando la natura di diritto acquisito ed affermando che “il beneficio risulta completamente svincolato dalla prestazione lavorativa”, nonché che può essere legittimamente modificato o estinto”, trovando “il proprio unico fondamento nell’accordo che lo ha previsto”.

E che, quindi, “non si può ritenere che l’erogazione in esame sia entrata a far parte definitivamente del patrimonio dei lavoratori, quale derivazione del pregresso rapporto di lavoro”.

Sul punto, si è espresso, fra gli altri, il Tribunale di Milano con sentenza n. 2953 del 29.12.2016, affermando che: “non si può ritenere che la riduzione tariffaria in esame configuri un elemento della retribuzione, neppure differita, e quindi un elemento integrativo della pensione”.

L’incidenza della ritenuta retribuzione in natura non veniva infatti conteggiata in alcun istituto contrattuale (tredicesima, quattordicesima, t.f.r.) e tanto meno sull’entità della pensione.

Inoltre, il godimento del beneficio prescindeva totalmente dall’anzianità, dalle mansioni o dalla qualifica, risultando quindi completamente svincolato dalla prestazione lavorativa, mentre la retribuzione rappresenta il corrispettivo della prestazione medesima.

Sempre il Tribunale di Milano ha escluso che lo sconto sull’energia elettrica costituisse un diritto quesito: “Poiché’ non si tratta di diritto che derivi da prestazioni effettuate durante il rapporto di lavoro, ma di beneficio slegato dalla prestazione lavorativa, non si può ritenere che l’erogazione in esame sia entrata a far parte definitivamente del patrimonio dei lavoratori, quale derivazione del pregresso rapporto di lavoro.

Al contrario, il riconoscimento del beneficio in esame non è già consolidato ma, come evidenziato dalle convenute, trova il proprio unico fondamento nell’accordo che lo ha previsto e tale accordo può essere legittimamente modificato o estinto”.

Ma la giurisprudenza ha anche ritenuto pienamente legittime le disdette operate dalle aziende del settore elettrico per porre fine a questa ormai anacronistica agevolazione figlia degli anni ’70 e delle loro contraddizioni che sarebbero poi esplose nei decenni successivi.

Partendo dal presupposto secondo cui il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione, è stato coniato il  principio per cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, purché sia esercitato nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto e non vengano lesi i diritti intangibili dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole ed entrati in via definitiva nel loro patrimonio, come i corrispettivi di prestazioni già rese, e non anche le situazioni future o in via di consolidamento.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1021 dell’8.2.2018, giudicando su una causa avente ad oggetto “lo sconto sull’energia elettrica degli ex dipendenti di aziende elettriche, ha affermato che: “Nella fattispecie il beneficio oggetto di causa era del tutto svincolato dalla prestazione lavorativa, accordato ai lavoratori pensionati come estensione o riflesso del beneficio accordato ai lavoratori in servizio, privo di una durata determinata e non avente natura di diritto quesito, cosicché era legittimo il recesso unilaterale né contrario ai canoni di correttezza e buona fede, essendo intervenuto in un contesto socio economico e normativo diverso da quello in cui si erano formati gli accordi collettivi che avevano previsto il beneficio”.

Concludendo, dalle pronunce giurisprudenziali citate, emerge l’assoluta legittimità delle condotte aziendali volte ad eliminare anacronistici privilegi concessi decenni orsono, quale era lo sconto sulla bolletta dell’energia elettrica, non potendo che condividersi l’interpretazione della giurisprudenza di merito che ha ritenuto l’agevolazione in questione svincolata dalla prestazione lavorativa.

A cura di Francesco Bedon


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