Convivente e fruizione di permessi ex art. 33 comma 3 L. n. 104/1992 | ADLABOR

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 213 depositata il 23 settembre 2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado.

L’art. 33 comma 3, della legge n. 104/92, rubricato “Agevolazioni” prevede, nel testo modificato dal c.d. Collegato lavoro, che: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 della legge n. 104/1992 per violazione degli artt. 2, 3, 32 della Costituzione è stata sollevata con ordinanza del 15 settembre 2014 dal Tribunale ordinario di Livorno in funzione di giudice del lavoro, nell’ambito di una causa avviata da una dipendente di una USL livornese il cui compagno è affetto da morbo di Parkinson.

Il giudice delle leggi, ritenuta fondata la questione di incostituzionalità, dopo aver rilevato che la ratio legis dell’istituto dei permessi retribuiti consiste nel favorire l’assistenza della persona affetta da handicap grave in ambito familiare e garantirne la salute psico-fisica, quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost., ha rilevato l’irragionevolezza dell’esclusione del convivente dal novero dei soggetti legittimati a fruire dei permessi.

La Corte Costituzionale ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33 nella parte in cui prevede l’esclusione del convivente more uxorio della persona con handicap in situazione di gravità dall’elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito.

La legge non prevede una definizione di convivente more uxorio e non disciplina la relazione tra conviventi, tuttavia può definirsi la convivenza more uxorio come una coabitazione caratterizzata da legami affettivi fra i partners e da una stabile organizzazione comune: un aggregato di natura familiare che assicura lo sviluppo delle personalità individuali dei suoi componenti. Il convivente more uxorio è quindi quel soggetto che, in assenza di vincolo coniugale con la persona con la quale coabita, ne condivide un legame affettivo e progetti di vita in comune.

A cura di Elisabetta Chiesi


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