Licenziamenti disciplinari – consultazione della documentazione di addebito solo su espressa e qualificata richiesta | ADLABOR

Il lavoratore, ai sensi dell’articolo 2105 codice civile, è sottoposto all’obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro. In un caso concreto un’azienda rilevava che un dipendente, per il tramite della moglie aveva commercializzato dei prodotti della datrice di lavoro, ponendo in essere l’attività di concorrenza sleale.

Pertanto, al termine del procedimento disciplinare, la società licenziava il lavoratore.

Il dipendente impugnava il licenziamento lamentando che il datore di lavoro non gli aveva mostrato gli elementi di prova su cui si basava il provvedimento.

Però la giurisprudenza di legittimità ha elaborato il principio secondo cui nel procedimento disciplinare, sebbene la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 non prevedeva un obbligo per il datore di lavoro di mettere spontaneamente a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione, la documentazione su cui essa si basa. Il datore però è tenuto, in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, ad offrire in consultazione i documenti aziendali all’incolpato che ne faccia richiesta, laddove l’esame degli stessi sia necessario per predisporre un’adeguata difesa (ex multiis Cass. Lav. N. 18288/2007; n. 7153/2008;. N. 6337/2013).

Tale orientamento è stato confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 23408 del 6 ottobre 2017 ove si afferma il principio che: “il procedimento disciplinare ex art. 7 L. 300/1970 non prevede l’obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebito di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati”.

La mancata esibizione al lavoratore dei documenti su cui si sorreggeva la contestazione non inficia la validità del provvedimento perché “non risulta che il lavoratore abbia specificamente e tempestivamente fatto espressa richiesta della documentazione in parola nel corso del procedimento disciplinare”.

Nel giudizio di merito confermato dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Milano aveva respinto il ricorso del lavoratore confermando la legittimità del licenziamento ed osservando che la normativa impone al datore di lavoro di esporre in modo dettagliato e comprensibile i fatti, ma non di esibire i documenti in base ai quali era stata scoperta la condotta inadempiente.

A cura di Cristiana Ebanietti


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