Circolare Ministero del Lavoro 02 Maggio 1996 n. 62 | ADLABOR

Circolare02.05.1996,

n. 62 – prot. n. 2105/08.01


Licenziamenti collettivi – collocamento in mobilità – illustrazione delle disposizioni di legge e amministrative – campo di applicazioni e fasi – nozione – presupposti – criteri di scelta – formazione delle liste – indennità – requisiti oggettivi e soggettivi – lavori socialmente utili – sussidio di disoccupazione – liste – cancellazione – reiscrizione – contribuzione – quota a carico dell”impresa – quesiti – note – procedure


Oggetto: “L”istituto della mobilità”. Documento elaborato a cura del Ministero del lavoro dell”INPS

Sommario

ILLUSTRAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI LEGGE E AMMINISTRATIVE

PROCEDURA – CAMPO DI APPLICAZIONI E FASI

NOZIONE – PRESUPPOSTI

CRITERI DI SCELTA

FORMAZIONE DELLE LISTE

INDENNITA` – REQUISITI OGGETTIVI E SOGGETTIVI

INDENNITA` – DETERMINAZIONE – CRITERI

LAVORI SOCIALMENTE UTILI – SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE

LISTE – CANCELLAZIONE – PRESUPPOSTI

LISTE – REISCRIZIONE – PRESUPPOSTI

CONTRIBUZIONE – QUOTA A CARICO DELL”IMPRESA

QUESITI PROCEDURA – NOTE Il documento che si trasmette è frutto del lavoro svolto da un”apposita commissione di studio composta da rappresentanti del Ministero e dell”INPS Nel richiamare le finalità del documento e gli sviluppi attesi enunciati dal Ministro del lavoro nell”introduzione, si invita a darne la massima diffusione (anche a mezzo del supporto informatico inviato ai soli Uffici regionali) ed a formulare guanto prima, eventuali osservazioni e proposte, in vista della prossima struttura di aggiornamento. L”istituto della mobilità Illustrazione delle disposizioni di legge e amministrative Introduzione Nell”ambito della disciplina lavoristica, la materia della gestione delle eccedenze di personale, particolarmente per gli aspetti connessi alla mobilità, è stata tra quelle più soggette ad interventi modificativi e correttivi. I numerosi provvedimenti successivi al 1991 – epoca in cui la materia è stata disciplinata con intenti di organicità – hanno contribuito a rendere altamente complesso il quadro legislativo di riferimento, appesantito, fra l”altro, da una fittissima produzione di istruzioni applicative. È sembrato, pertanto, non più procrastinabile intervenire sul piano amministrativo per ridurre il grado di complessità con iniziative tese a risistemare le circolari e ad elaborare supporti applicativi il più possibile chiari ed univoci, per dare così agli operatori pubblici certezze ed uniformità nell”azione amministrativa. In coerenza con queste esigenze nei mesi scorsi ho provveduto a costituire una Commissione di studio, formata da dirigenti del Ministero e dell”INPS, avente il compito di chiarire i complessi aspetti applicativi di comune interesse sulla gestione delle eccedenze e di formulare, quindi, proposte di semplificazione e di riforma della normativa vigente, tenendo presente l”importanza di rafforzare i rapporti tra le competenti amministrazioni pubbliche mediante forme sistematiche di collaborazione. Non essendo ancora mature le condizioni per pervenire alla stesura di testi unici, la Commissione ha messo a punto il presente documento sulla mobilità, che fin da ora fornisce indicazioni di orientamenti univoci per i soggetti che operano nel settore. L”elaborato non ha ovviamente carattere esaustivo ma si colloca in una logica di affinamenti e sviluppi che prevede, anche sulla base dei contributi che perverranno dagli stessi operatori, aggiornamenti periodici ed un”integrazione dei contenuti, a partire dalla correlata disciplina degli incentivi alla ricollocazione dei lavoratori in mobilità. La finalità ultima è quella di pervenire ad un documento che, riassumendo tutte le precedenti direttive, definisca univocamente il contesto normativo per la corretta operatività degli uffici pubblici, con l”ulteriore prezioso effetto di dare chiari punti di riferimento anche ai soggetti esterni. Con il lavoro svolto si inizia a porre rimedio con sistematicità alle numerose incertezze interpretative ed alla conseguente perdita di efficienza del sistema e viene confermata la bontà del metodo collaborativo in vista della sempre più efficace unità di intenti che deve contraddistinguere i rapporti tra il Ministero del lavoro e l”INPS. Il Ministro del Lavoro Tiziano Treu

1. Procedura di mobilità

 

1.1 Campo di applicazione

 

 

La procedura per il collocamento in mobilità si applica a due diverse ipotesi di licenziamento per riduzione di personale: la prima (licenziamento collettivo) riguarda tutte le imprese a condizione che occupino più di quindici dipendenti, la seconda, invece, le sole imprese che rientrano nella disciplina dell’intervento straordinario della cassa integrazione e che, una volta ammesse a fruire di tale intervento, prevedano di non poter reimpiegare tutti o parte dei lavoratori sospesi.

La procedura è identica: l’unica sostanziale differenza (1) è rappresentata dal requisito numerico, che è richiesto solo nell’ipotesi di licenziamento collettivo (2) e che si realizza qualora le imprese intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia.

La procedura non si applica:

– alle eccedenze di personale determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o saltuarie, nonchè per i lavoratori assunti con contratto a termine;

– ai datori di lavoro non imprenditori, come le associazioni politiche o sindacali, le associazioni di volontariato, gli enti senza fini di lucro, gli studi professionali.

1.2 Fasi della procedura

La procedura può svolgersi in due fasi collegate fra loro:

– la prima fase è esclusivamente sindacale;

– la seconda è promossa dall’autorità amministrativa (che può essere l’Ufficio provinciale del lavoro, quello regionale, il Ministero del lavoro) (3).

La procedura inizia con l’adempimento dello specifico obbligo di informare sia le rappresentanze sindacali aziendali sia le rispettive associazioni di categoria ovvero, mancando le prime, come per le bende con unità produttive con meno di sedici dipendenti, solo le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

1.2.1 Fase sindacale

 

L’obbligo di informazione riguarda i motivi che determinano la situazione di eccedenza, quelli di natura tecnica che impediscono il ricorso alle misure che potrebbero evitare, in tutto o in parte, la riduzione di personale (4) il numero, la collocazione aziendale, i profili professionali del personale eccedente, la percentuale di manodopera femminile (5), i tempi di attuazione del programma di mobilità, le eventuali misure per fronteggiare le conseguenze sociali di tale programma. (6)

Una copia della nota contenente l’informativa agli organismi sindacali deve essere inviata anche all’autorità amministrativa competente (di norma l’Ufficio provinciale del lavoro).

Le imprese rientranti nei settori economico produttivi e con i livelli occupazionali richiesti per la corresponsione della indennità di mobilità ai lavoratori, devono allegare alle due comunicazioni copia della ricevuta del versamento dell’anticipazione sul contributo di ingresso alla mobilità; il mancato pagamento non comporta la sospensione della procedura nè la perdita, da parte dei lavoratori interessati, del diritto a percepire l’indennità di mobilità. (7)

Come è evidente, il contenuto della comunicazione non è meramente formale: esso è importante perchè costituisce la base per l’esame congiunto che, entro i sette giorni successivi alla ricezione, può essere proposto dagli organismi sindacali aziendali e dalle rispettive associazioni di categoria.

Il periodo massimo della consultazione (8) è di quarantacinque giorni, che si riducono della metà, cioè a ventitrè, nel caso in cui il numero dei lavoratori da licenziare sia inferiore a dieci (9): nel caso delle procedure concorsuali, il periodo massimo è determinato in trenta giorni (10).

Nel corso dell’esame congiunto le parti possono cercare una soluzione della controversia, ricorrendo anche ad istituti particolari della contrattazione collettiva: contratti di solidarietà, gestione flessibile dell’orario di lavoro, mutamento di mansioni in deroga all’Art. 2103 del c.c., ecc.

– I contratti di solidarietà, già previsti dall’Art. 1 della legge 863/1984, sono stati ridisciplinati dall’Art. 5 della legge 236/1993 e successive modiche ed integrazioni (11).

– La flessibilità dell’orario di lavoro, con l’utilizzo delle prestazioni in un diverso arco temporale (articolato, ad es., anche in giornate festive e prefestive), può favorire la composizione della vertenza, anche se ovviamente deve affrontare problemi di vario tipo, come qualunque intervento diretto alla ottimizzazione dell’utilizzo degli impianti.

– Gli accordi (in deroga all’Art. 2103 c.c. ) che consentono di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle svolte – e quindi anche inferiori – allo scopo di evitare il licenziamento, rappresentano un elemento che può favorire, in taluni casi, una soluzione positiva: si chiarisce così una situazione (c.d. ius variandi in peius) sulla quale la giurisprudenza di merito aveva tenuto un atteggiamento oscillante, talora rigido nel garantire la posizione acquisita dal dipendente, talora possibilista e teso, comunque, a salvaguardare il posto di lavoro (12).

1.2.2 Fase amministrativa

 

Conclusa la consultazione sindacale, qualunque ne sia stato l’esito, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione all’Ufficio provinciale del lavoro – UPLMO – ovvero all’autorità amministrativa competente per territorio (Ufficio regionale – URLMO – o Ministero del lavoro); analoga comunicazione può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori.

Ove non sia stato raggiunto l’accordo, l’autorità amministrativa competente convoca le parti per un ulteriore esame della situazione, con un tentativo di mediazione che deve esaurirsi in trenta giorni (ridotti a quindici se il numero dei licenziamenti non supera le dieci unità), a partire dal ricevimento da parte della pubblica amministrazione della comunicazione dell’impresa.

Si ritiene che l’accordo raggiunto soltanto con alcuni dei soggetti sindacali che il datore di lavoro è tenuto a consultare sia valido e non configuri un’ipotesi di mancato accordo (rilevante ai fini dell’attivazione della fase amministrativa e della quantificazione del contributo d’ingresso alla mobilità) se sia stato raggiunto con gli organismi maggiormente rappresentativi dei dipendenti interessati (13).

Il Direttore dell’Ufficio, territorialmente competente, esperisce il tentativo di conciliazione, facendosi parte attiva e proponendo anche soluzioni diverse dal ricorso agli strumenti di flessibilità già descritti. Ad esempio, egli può proporre: una convenzionale (14) tesa a graduare nel tempo gli eventuali obblighi di assunzione delle categorie protette scaturenti dalla legge 482/1968; il reimpiego dei lavoratori eccedenti in altre aziende, anche attraverso lo strumento del comando o distacco temporaneo (15); il ricorso ad incentivazioni per dimissioni volontarie o agli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione guadagni, ove utilizzabile (16).

In questa fase il direttore dell’UPLMO può agevolare le iniziative di ricollocazione anche attraverso l’attività delle Sezioni circoscrizionali finalizzata al reinserimento in lavori non necessariamente subordinati (lavori in proprio svolti attraverso cooperative di nuova costituzione, lavori socialmente utili, ecc.) con il coinvolgimento, mediante convenzione, di soggetti pubblici e privati (17).

La facoltà di collocare in mobilità deve essere esercitata per tutti i lavoratori assoggettati alla procedura nel termine di centoventi giorni dalla sua conclusione, ovvero entro il diverso termine previsto dall’accordo sindacale (18).

Superato tale termine la procedura di mobilità perde di efficacia ed occorre, eventualmente, avviarne una nuova.

Ciò per due motivi: il primo perchè la norma detta il termine di centoventi giorni, anche se variabile con l’accordo sindacale, per considerare come collettivi i recessi effettuati in quest’arco temporale (19); il secondo perchè la stessa procedura, improntata a termini di scadenza puntuali, postula l’esigenza di rapporti certi e precisi.

È quindi escluso anche che un accordo aziendale stipulato al di fuori della procedura di mobilità possa prorogare il termine dei centoventi giorni ovvero il termine stabilito nell’accordo sindacale stipulato nel corso della procedura stessa (20).

2. Licenziamento collettivo (cenni)

 

Si è in presenza di licenziamento collettivo per riduzione di personale allorquando c’è una riduzione dell’attività economica dell’impresa tale da poter condurre alla soppressione di almeno cinque posti di lavoro. Rientra nella nozione una trasformazione o un ridimensionamento strutturale dell’impresa, deliberati dal datore di lavoro con scelta imprenditoriale (di per se stessa insindacabile da parte del giudice di merito) tale da comportare una concreta soppressione dei posti di lavoro corrispondenti a quelli occupati dai dipendenti oggetto di licenziamento (21).

Le ipotesi ora indicate coincidono, nella sostanza, con quelle che danno luogo ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (22), omesso a cause non inerenti la persona del lavoratore. La maggior rilevanza sociale, legata al numero dei soggetti coinvolti, è alla base della diversa disciplina, che si caratterizza soprattutto per la previsione della procedura sindacale.

Nell’intento di dare attuazione a una direttiva comunitaria (23), il legislatore ha quindi dettato una specifica disciplina del fenomeno, valutandone il maggior peso sociale a causa della dimensione collettiva del licenziamento fondato su riduzione o trasformazione di attività o di lavoro (24) o su cessazione di attività dell’impresa (25). Nell’ampia formula adottata (riduzione o trasformazione di attività) rientrano tutte le ragioni connesse con lo svolgimento e il funzionamento della produzione, con gli assetti organizzativi, con l’introduzione di nuove tecnologie, comprese anche le ragioni economiche comportanti eccedenze strutturali di manodopera, fermo restando che l’impossibilità della prestazione lavorativa esula dall’ambito di operatività della disciplina del licenziamento collettivo (26).

Si sottolineano i seguenti punti:

a) il procedimento di riduzione collettiva del personale ha carattere esclusivo ed esaustivo, intendendosi con tali aggettivi che lo stesso è unico ed esaurisce, in ogni caso, la tem
tica procedimentale relativa ai recessi collettivi;

b) aggancio a una soglia inferiore da punto di vista occupazionale (imprese con più di quindici dipendenti). Riguarda tutte le imprese, indipendentemente dalla natura dell’attività esercitata e in qualsiasi forma costituita, che occupano più di quindici dipendenti.

La soglia numerica (più di quindici dipendenti) deve essere calcolata con riferimento alla normale occupazione, cioè all’organigramma produttivo, o, in mancanza di questo, all’occupazione media dell’ultimo semestre. Ai soli fini della definizione dell’area del licenziamento collettivo devono calcolarsi anche i lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro e gli apprendisti;

c) riferimento ai lavoratori coinvolti nella riduzione di personale (almeno cinque). Limite numerico: si riferisce all’apertura della procedura o al numero di licenziamenti effettuati al termine della procedura stessa.

La procedura può però concludersi anche con un numero di licenziamenti inferiore a cinque. È stato infatti superato il problema interpretativo riguardante il caso di un’impresa che al termine della procedura effettui il recesso nei confronti di meno di cinque lavoratori.

Pertanto è corretta l’interpretazione per cui il numero dei licenziamenti collettivi può essere inferiore a cinque, purchè al momento dell’avvio della procedura di mobilità il datore di lavoro abbia inteso procedere al licenziamento di almeno cinque unità.

– Ambito territoriale: qualora la riduzione di personale investa unità produttive di più regioni, è necessario trattare unitariamente la controversia, anche se essa interessi più ambiti territoriali.

Infatti, i requisiti numerici (almeno cinque dipendenti nella stessa provincia nell’arco di centoventi giorni) stabiliscono la soglia minima per l’accesso alle procedure di mobilità collegate alla riduzione di personale. Ne consegue che devono ricondursi alla procedure di mobilità tutti i licenziamenti, anche se relativi ad unità produttive ubicate fuori della provincia, semprechè almeno in una provincia sussistano i requisiti idonei ad integrare la fattispecie legale, e risulti provata la connessione causale dell’unitarietà del processo riorganizzativo (27);

d) ampliamento del periodo di osservazione, fissato in centoventi giorni

Fermo restando l’arco temporale dei centoventi giorni fissato dalla norma, entro cui il datore di lavoro può intimare, anche in fasi successive, i licenziamenti, le patti possono prevedere, beninteso solo nell’ambito dell’accordo raggiunto durante la procedura, un periodo che va oltre i centoventi giorni (28).

3. Collocamento in mobilità

 

Al termine della procedura, l’imprenditore può esercitare, nei confronti del singolo lavoratore, il recesso (che ha natura individuale) estinguendo il rapporto di lavoro.

3.1 Criteri di scelta

 

Accordi collettivi (29) avevano stabilito che la scelta dei lavoratori da licenziare doveva avvenire mediante una valutazione comparata di tre diversi criteri individuati nelle esigenze tecnico produttive (30), nei carichi di famiglia e nell’anzianità che si deve intendere di servizio presso azienda (31).

La più recente disciplina (32) ha fatto propri i criteri di scelta, in concorso tra di loro, già fissati negli accordi interconfederali, ma solo in via sussidiaria, in quanto hanno priorità gli eventuali criteri fissati nella contrattazione collettiva (nazionale, regionale, provinciale o aziendale).

Il rinvio alla autonomia contrattuale rende adottabili criteri anche totalmente diversi; questi comunque devono essere astratti, non riguardare motivi inerenti la persona del lavoratore e non possono in alcun modo prescindere dal divieto di collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore a quella di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione (33).

La valutazione e l’applicazione dei singoli criteri, in concorso tra loro, deve essere oggettivamente oculata per non prestare il fianco ad impugnative (34).

L’imprenditore è tenuto (35) anche a non penalizzare il personale appartenente alle “categorie protette”, per cui il numero degli invalidi soggetti alla disciplina del collocamento obbligatorio, sottoposti a licenziamento, non può essere superiore alle specifiche percentuali previste dal collocamento obbligatorio (36).

L’unitarietà gestionale delle eccedenze fa ritenere che l’accordo collettivo sui criteri non possa avere un’efficacia limitata ai soli iscritti alle associazioni stipulanti. Esso, infatti, è diretto a regolamentare l’esercizio di poteri propri del datore di lavoro e solo indirettamente ha effetti sul singolo rapporto di lavoro (37). Non sembra indispensabile, inoltre, la sottoscrizione di tutti i soggetti sindacali legittimati alla trattativa.

3.2 Il recesso

 

Una volta individuati i lavoratori eccedenti, l’impresa deve comunicare il recesso per iscritto (38), pena l’inefficacia dello stesso. L’inefficacia dei licenziamenti può, altresì, essere rilevata per l’inosservanza delle procedure espressamente previste (39), e cioè:

– comunicazione del recesso nel rispetto dei termini di preavviso (40);

– comunicazione all’Ufficio regionale del lavoro, alla CRI ed alle organizzazioni sindacali di categoria dell’elenco dei lavoratori licenziati, indicando per ciascun soggetto il nominativo, il luogo di residenza, l’età, il carico di famiglia, la qualifica, il livello di inquadramento e le modalità di applicazione dei criteri di scelta (41).

Il recesso è, inoltre, annullabile qualora siano stati violati i criteri concorsuali (fissati dall’autonomia contrattuale o, in difetto, dalla legge) oltrechè, ovviamente, le percentuali relative alla manodopera femminile ed agli invalidi.

Il provvedimento di licenziamento può essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, entro il termine decadenziale di sessanta giorni ed il giudice, se ne dichiara l’inefficacia o l’invalidità, dispone anche la reintegrazione nel posto di lavoro (42 – 43).

Il riferimento all’obbligo per l’impresa di effettuare per iscritto, oltre al provvedimento di recesso, anche la comunicazione contestuale dei nominativi dei lavoratori in mobilità (da inviare all’Ufficio regionale ed alla CRI), con i dati anagrafici, la qualifica, i carichi di famiglia, luogo dì residenza, nonchè l’indicazione puntuale delle modalità con cui sono stati applicati i criteri che hanno portato alla scelta dei dipendenti licenziati, introduce due problemi delicati: uno di ordine procedurale con i suoi riflessi sull’esito dell’eventuale impugnativa di licenziamento, l’altro sulla competenza della CRI o URLMO tesa a sindacare i criteri di scelta.

In ordine al primo problema si rileva che il licenziamento collettivo per riduzione di personale è un procedimento complesso, composto da più atti posti in sequenza fra di loro, per cui un eventuale vizio nel corso della procedura (es. non effettuazione dell’esame congiunto, ancorchè richiesto; non rispetto dei termini; non rispetto dei criteri; mancata comunicazione al termine della procedura) vizia l’atto finale (il recesso) rendendo lo stesso invalido.

Quanto al secondo problema è da escludere ogni sindacato da parte dell’URLMO o della CRI, destinatari della comunicazione.

Lo scopo di questa, infatti, anche se rappresenta un atto obbligatorio della procedura, è di agevolare, per quanto possibile, l’inserimento dei lavoratori eccedenti nelle liste di mobilità, al fine di favorire una loro idonea e veloce ricollocazione sul mercato del lavoro.

La stessa approvazione della lista da parte della CRI assume, quindi, un valore dichiarativo e non comporta giudizio di regolarità dei licenziamenti.

Ciò non toglie che in caso di violazione di parti essenziali o di mancato svolgimento della procedura, ovvero di mancanza dei requisiti prescritti per l’accesso alla medesima, l’ufficio conservi il diritto dovere di intervenire, segnalando le circostanze rilevate alla CRI (44).

È escluso inoltre che la CRI possa decidere iscrizioni o proroghe di iscrizioni nelle liste, al di fuori dei casi rigorosamente previsti dalla legge.

Qualora, poi, in sede di giudizio il magistrato ritenga illegittimo il licenziamento, disponendo la reintegra nel posto di lavoro (45), l’impresa che abbia esperito la procedura può, dandone comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali, licenziare un altro lavoratore, senza riaprire la procedura (46).

Ciò, ovviamente, nel caso in cui il giudice di merito, sindacando sui criteri di scelta [ma non sulla procedura che, se viziata, inficia anche eventuali altri licenziamenti, ovvero nel caso di condanna per comportamento antisindacale (47)], ha ritenuto violata la concorsualità dei criteri (es. ipotesi discriminatoria).

È comunque evidente che l’eventuale licenziamento sostitutivo, effettuato senza riapertura della procedura, dovrà tener presenti le motivazioni alla base della sentenza di reintegra, al fine di evitare che ricorrano ancora gli stessi presupposti per impugnare, in giudizio, il licenziamento ed ottenere un’altra reintegra.

4. Formazione delle liste

 

4.1 Soggetti aventi diritto alla iscrizione

 

 

Le liste di mobilità ricomprendono (48):

a) operai, impiegati e quadri sottoposti a licenziamento collettivo, per riduzione di personale, trasformazione ovvero cessione di attività (49);

b) operai, impiegati e quadri licenziati (50) da imprese, ammesse alla Cigs, che non sono in grado di garantire il lavoro a tutti i sospesi;

c) i lavoratori a domicilio sottoposti a licenziamento collettivo

(51);

Possono essere iscritti nelle liste di mobilità anche:

d) i lavoratori aventi titolo al trattamento speciale di disoccupazione e beneficiari, all’11 agosto 1991, dei provvedimenti di proroga di tali provvedimenti, disposti per crisi economica settoriale o locale ovvero per crisi aziendale, nonchè i lavoratori, licenziati da imprese operanti nelle aree del Mezzogiorno ed aventi titolo, alla stessa data, al trattamento speciale di disoccupazione;

e) i lavoratori edili già impegnati nel completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni, nelle aree nelle quali con decreto ministeriale sia accertato uno stato di grave crisi dell’occupazione, conseguente al previsto completamento di tali attività (52);

f) i lavoratori edili, provenienti da programma di Cigs, i quali abbiano una anzianità aziendale di almeno trentasei mesi, dei quali almeno ventiquattro di lavoro effettivamente prestato; se licenziati entro il 31 dicembre 1994, i tempi di mantenimento nella lista si allungano, in quanto al trattamento speciale di disoccupazione da essi percepito si applicano le disposizioni della mobilità “lunga” (53);

g) i lavoratori già in servizio alla data del 1° gennaio 1992 ovvero del 1° gennaio 1994, e dipendenti dalle imprese del settore della spedizione internazionale, dei magazzini generali, nonchè degli spedizionieri, iscritti ai relativi albi professionali (54), licenziati, rispettivamente, entro il 1993 o entro il 1995 in conseguenza dell’abolizione delle frontiere fiscali e dei controlli doganali del mercato interno comunitario (55);

h) i lavoratori (anche amministrativi) del trasporto marittimo, compreso il rimorchio nei porti, licenziati entro il 1996 (56).

i) gli operai, gli impiegati ed quadri, licenziati entro il 31 dicembre 1996 per giustificato motivo oggettivo, connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupino anche meno di quindici dipendenti (57);

l) i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili, e titolari per tutto il periodo di occupazione in detti lavori, dello specifico sussidio;

m) fino al 31 dicembre 1995, anche se non impegnati in lavori di pubblica utilità, i lavoratori già dipendenti da società non operative costituite dalla GEPI e dalla SAR ovvero i soggetti, espressamente indicati dalla legge, nei cui confronti siano cessati al 31 dicembre 1994 i trattamenti di mobilità o di disoccupazione speciale, ovvero, nel periodo 1° dicembre 1994/31 maggio 1995, di cassa integrazione straordinaria.

n) da 1° gennaio 1996 fino al 31 dicembre 1997 i lavoratori dipendenti o già dipendenti da discariche autorizzate che siano chiuse nelle regioni ove è stato dichiarato lo stato di emergenza (58).

Nelle liste sono perciò iscritti soggetti che non sono necessariamente titolari della indennità di mobilità (59).

Ad esempio, gli operai, gli impiegati ed i quadri, sottoposti alla procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale o trasformazione di attività da parte di imprese non rientranti nella disciplina della cassa integrazione, usufruiscono della sola disoccupazione ordinaria e la loro iscrizione nella lista, per il periodo di spettanza teorica della indennità di mobilità, produce effetti solo, ai fini di una più agevole ricollocazione lavorativa (60).

Sono inoltre iscritti i soggetti titolari di specifiche prestazioni, quali, appunto, i dipendenti del settore della spedizione internazionale ed i lavoratori, anche amministrativi del trasporto marittimo, compreso il rimorchio nei porti, titolari delle specifiche indennità.

Altrettanto dicasi dei lavoratori edili, titolari del trattamento di disoccupazione speciale (ovviamente non tutti, ma solo quelli espressamente previsti dalla legge) ed i titolari del sussidio, impegnati in lavori di pubblica utilità.

4.2 Approvazione delle liste

 

I nominativi dei lavoratori licenziati a seguito dello svolgimento delle procedure di mobilità (61) vengono comunicati dalle aziende all’Ufficio regionale del lavoro competente il quale compila la lista di mobilità, che poi è sottoposta all’approvazione della Commissione regionale per l’impiego (CRI). L’inserimento nella lista ha effetto dal giorno successivo a quello del licenziamento (62).

I lavoratori licenziati per riduzione di personale o cessazione di attività da aziende con meno di quindici dipendenti, e quindi non tenute a seguire le procedure di mobilità, devono invece presentare formale richiesta di iscrizione nella lista di mobilità alla Sezione circoscrizionale per l’impiego territorialmente competente entro 60 gg dalla comunicazione del licenziamento, ovvero dalla comunicazione dei motivi del licenziamento qualora questa non sia contestuale (63).

Il predetto termine decorre dalla effettiva cessazione del rapporto di lavoro, costituendo lo stato di disoccupazione presupposto essenziale all’iscrizione nella lista di mobilità.

La Sezione circoscrizionale verifica che i motivi di licenziamento addotti dall’impresa corrispondano a un giustificato motivo oggettivo (64). Di conseguenza, deve ritenersi esclusa da parte della Sezione la verifica di merito sulla fondatezza dei motivi addotti.

5. Indennità di mobilità

 

 

5.1. Requisiti soggettivi

 

Hanno diritto all’indennità i lavoratori posti in mobilità

da imprese appartenenti a specifici settori, assunti con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine e che facciano valere il seguente requisito:

– un’anzianità aziendale

(65) minima di dodici mesi (66) di cui almeno sei mesi di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni (67) e, inoltre, quelli di astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio (68).

5.2 Requisiti oggettivi dei

lavoratori

 

Dipendenza da imprese rientranti in determinati settori economico produttivi.

I lavoratori, per avere diritto alla indennità, oltre a possedere i requisiti soggettivi devono essere collocati in mobilità da parte di una impresa appartenente a specifici settori, aventi le seguenti dimensioni occupazionali (69).

A) Con più di quindici dipendenti nel semestre precedente l’avvio della procedura di mobilità (70)

a) imprese industriali escluse le edili (71);

b) cooperative agricole che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

c) imprese artigiane, escluse quelle edili, che nell’ultimo biennio abbiano superato il 50% del fatturato nei confronti di una impresa rientrante nella disciplina dell’intervento straordinario della cassa integrazione;

d) imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione presso imprese industriali

(72);

e) settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile (73);

f) imprese di vigilanza, limitatamente ai periodi 1° gennaio 1994/31 dicembre 1995 (74) e 1° febbraio 1996/31 dicembre 1997 (75).

B) Con più di 50 dipendenti precedentemente all’avvio della procedura di mobilità (76)

a) imprese di spedizione e trasporto fino al 31 dicembre 1994 e dal 1° febbraio 1996 al 31 dicembre 1996 (77);

b) imprese commerciali che occupano fino a 200 dipendenti; agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, fino al 31 dicembre 1997 (78).

C) Con più di 200 dipendenti precedentemente all’avvio della procedura di mobilità (79)

a) imprese commerciali.

D) Imprese sottoposte a procedure concorsuali e di liquidazione esercenti pubblici servizi di trasporto in concessione (80).

5.3 Cosa fare per ottenere l’indennità

 

La domanda per la concessione dell’indennità di mobilità deve essere presentata all’INPS, tramite la Sezione circoscrizionale per l’impiego, a pena di decadenza, entro il 68esimo giorno dalla data di licenziamento (81).

La prestazione decorre dall’ottavo giorno successivo al licenziamento se la domanda viene presentata nei primi 8 giorni e dal quinto giorno successivo alla presentazione della domanda negli altri casi (82).

Nel caso in cui fruisca dell’indennità per mancato preavviso il lavoratore può utilmente presentare la domanda di prestazione entro 68 giorni dalla scadenza dell’indennità per mancato preavviso (83).

Se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno dalla scadenza dell’indennità per mancato preavviso, la prestazione decorre dall’ottavo giorno.

Se invece la presentazione avviene oltre l’ottavo giorno dalla fine del mancato preavviso, la prestazione decorre dal quinto giorno successivo a quello di presentazione della stessa (84).

5.4 Durata dell’indennità

 

L’indennità spetta – in base all’età dei lavoratori alla data del licenziamento e all’ubicazione dell’unità produttiva di appartenenza – per un periodo di 12 mesi, elevato a 24 mesi per coloro che hanno da 40 a 50 anni e a 36 mesi per coloro che hanno più di 50 anni. Per i lavoratori licenziati da imprese ubicate nelle aree del Mezzogiorno (85) l’indennità spetta per ulteriori 12 mesi (86).

L’indennità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore all’anzianità aziendale maturata dal lavoratore presso l’impresa che ha attivato la procedura di mobilità

(87).

L’indennità può essere prolungata fino alla data di compimento dell’età pensionabile ovvero fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento di vecchiaia o di anzianità (88) (cosiddetta mobilità luna) in favore dei lavoratori che facciano valere rispettivamente le seguenti condizioni:

a) collocamento in mobilità nel periodo 11.8.1991/31.12.1994 da parte di imprese operanti nelle aree del Mezzogiorno, nonchè in quelle in cui è stata accertata la sussistenza di un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale (89);

b) collocamento in mobilità nel periodo 11.3.1993/31.12.1994 da imprese appartenenti ai settori della chimica, della siderurgia, dell’industria della difesa e dell’industria minero metallurgica non ferrosa, nonchè da imprese operanti nelle aree di declino industriale (90);

c) collocamento in mobilità nel periodo 20.1.1994/31.12.1994 da imprese appartenenti ai settori dell’industria tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, nonchè da imprese operanti nelle aree di declino industriale (91);

d) collocamento in mobilità nel corso del 1995 o del 1996 di un numero massimo di 8.000 unità da parte di imprese che attuano programmi di ristrutturazione, riorganizzazione, conversione ovvero risanamento aziendale, nonchè piani di gestione delle eccedenze che presentano rilevanti conseguenze sul piano occupazionale, e in merito ai quali siano stati stipulati accordi con le organizzazioni sindacali, in sede governativa, prima del 31.12.1994 e che abbiano già utilizzato per i propri dipendenti le disposizioni relative alla mobilità lunga. La domanda doveva essere presentata dalle imprese direttamente al Ministero del lavoro entro il 15.10.1995 (92).

5.4.1 Eventuale prolungamento dell’iscrizione nelle liste di

mobilità

 

Non può aversi prolungamento di iscrizione nei seguenti casi:

a) Malattia e infortunio

Tale fattispecie non consente la neutralizzazione dei periodi poichè il caso non è legislativamente previsto e poichè la malattia assume giuridica rilevanza solo in presenza di un rapporto di lavoro.

Inoltre, non sussiste il diritto ad alcuna prestazione economica sostitutiva di quella di mobilità, diversamente dal caso dell’astensione obbligatoria e facoltativa per maternità.

b) Lavori socialmente utili

È uno dei casi espressamente previsti di utilizzazione cui sono tenuti i lavoratori in lista, considerati come una delle misure attive dirette a favorire il reimpiego. È da considerare che durante l’utilizzazione non è esclusa la possibilità di accettare altre opportunità così come le agevolazioni previste per chi assume attingendo dalle liste.

Non appare inoltre invocabile l’analogia al caso del lavoratore in mobilità avviato a tempo determinato o parziale (93) in quanto la legge espressamente esclude che nel caso considerato vi sia un rapporto di lavoro subordinato.

Pertanto durante l’utilizzazione in lavori socialmente utili continua a decorrere il periodo di permanenza in lista.

c) Lavoratori avviati a corsi di formazione professionale

Anche la partecipazione ai corsi rientra tra le misure dirette a facilitare il reimpiego previste espressamente.

Pertanto, i periodi di partecipazione ai corsi, durante i quali continua ad essere erogata l’indennità (se spettante), non possono essere considerati periodi neutri ai fini della permanenza in lista.

d) Lavoratori che fruiscono dei trattamenti pensionistici (94), oppure che optano per il trattamento di invalidità (95)

La permanenza in lista di mobilità in questi casi non è possibile; ciò anche se le disposizioni di legge in materia di pensionamento regolano solo gli aspetti relativi al diritto dell’indennità di mobilità e non prevedono la cancellazione dalla lista.

Infatti, per l’iscrizione (o la permanenza) nella lista di mobilità è essenziale che il soggetto abbia lo status di disoccupato, che non è attribuibile al pensionato (96).

Infatti, i periodi di permanenza in lista devono essere uguali, a parità di requisiti oggettivi e soggettivi, per tutti coloro che hanno titolo alla iscrizione. Questo principio vale sia per coloro che siano iscritti senza diritto a percepire alcune indennità sia, come nel caso di specie, per coloro che abbiano goduto di un periodo di CIGS mediante contestuale decurtazione di un pari periodo di durata dell’indennità di mobilità.

In altri termini, la durata della permanenza in lista e quella del godimento del trattamento non necessariamente coincidono.

5.5 Importo dell’indennità

 

L’indennità deve essere determinata con riferimento al trattamento straordinario di integrazione salariale percepito dal lavoratore, ovvero che sarebbe spettato allo stesso, nel periodo di paga settimanale immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro ed è pari al 100% di tale trattamento per i primi dodici mesi e all’80% dal tredicesimo mese in poi (97).

L’importo della CIGS, cui far riferimento per il pagamento della mobilità, è pari all’80% della retribuzione spettante al lavoratore e non può superare l’ammontare massimo mensile stabilito per ciascun anno.

Tale importo massimo doveva essere adeguato di anno in anno in misura pari all’80% dell’aumento dell’indennità di contingenza dei lavoratori dipendenti maturata nell’anno precedente (98).

Con effetto dal 1° gennaio 1994 è stato introdotto un secondo e più elevato importo massimo di integrazione salariale in favore dei lavoratori la cui retribuzione di riferimento è superiore a lire 2.700.000 mensili lorde, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (99 – 100).

La stessa norma, che ha introdotto il nuovo massimale, prevede altresì che tali importi massimi devono essere annualmente aggiornati con riferimento alla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. L’aggiornamento, peraltro, vale solo per le indennità con decorrenza iniziale nell’anno di riferimento.

Pertanto, tenuto conto della variazione di tale indice accertata per l’anno 1994, gli importi massimi lordi da corrispondere per i primi dodici mesi in favore dei lavoratori licenziati nel corso dell’anno 1995 sono pari rispettivamente a lire 1.287.306 (netto lire 1.212.127) e a lire 1.547.217 (netto lire 1.456.860) (101). Per l’anno 1996, tenuto conto della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo dell’anno 1995, gli importi massimi sono rispettivamente pari a lire 1.342.459 (netto lire 1.261.374) e a lire 1.613.506 (netto lire 1.516.050) (102).

I massimali sopra determinati sono applicabili anche in favore dei lavoratori che fruiscono del trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia (103).

5.6 Prestazioni accessorie

 

I periodi di godimento dell’indennità di mobilità (e del trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia) sono utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e ai fini della determinazione della pensione stessa (104) l’INPS provvede direttamente al relativo riconoscimento.

La misura dei contributi figurativi è individuata sulla base della retribuzione cui è riferito il trattamento CIGS, al quale si fa riferimento per determinare l’importo dell’indennità di mobilità; si considera a questo fine la retribuzione comprensiva degli elementi assoggettati a contribuzione corrisposti con carattere di continuità e non collegati alla effettiva presenza al lavoro.

La retribuzione figurativa così determinata resta invariata per l’intero periodo di mobilità e, in sede di calcolo della retribuzione pensionabile, deve essere rivalutata in base agli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza dell’interessato, rilevati dall’ISTAT.

Per i periodi di percezione dell’indennità di mobilità e del trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia spetta inoltre l’assegno per il nucleo familiare secondo le vigenti disposizioni.

5.7 Corresponsione anticipata

 

Il lavoratore in mobilità che intenda intraprendere un’attività autonoma o associarsi in cooperativa ha la possibilità di ottenere il pagamento anticipato della prestazione in unica soluzione (105).

Il lavoratore deve presentare apposita domanda, tramite la Sezione circoscrizionale per l’impiego, alla sede INPS che sta corrispondendo l’indennità. La domanda deve essere corredata della documentazione necessaria per attestare che lo stesso ha preso iniziative per poter svolgere l’attività lavorativa autonoma o per associarsi in cooperativa.

Nel caso in cui per l’inizio di un’attività lavorativa autonoma sia richiesta l’iscrizione alla Camera di commercio oppure ad albi professionali ovvero ad albi di categoria, alla domanda deve essere allegata la certificazione attestante la suddetta autorizzazione o richiesta di iscrizione.

Le Sezioni circoscrizionali dovranno accertare e attestare l’avvenuta iscrizione dei richiedenti nelle liste di mobilità e l’idoneità della documentazione prodotta, esprimendo apposito parere sulla regolarità della documentazione presentata dall’interessato.

Ai lavoratori licenziati entro il 31.12.1994 nelle aree del Mezzogiorno di cui al DPR n. 218/1978, che abbiano compiuto 50 anni alla data del licenziamento stesso, viene riconosciuto il diritto all’anticipazione, maggiorata di un importo pari a 15 mensilità dell’indennità iniziale; tale maggiorazione non può superare il numero dei mesi compresi tra l’età posseduta alla data del licenziamento e quella di compimento da parte degli interessati dei 60 anni.

I lavoratori che nei 24 mesi successivi alla data di erogazione dell’anticipazione si rioccupino in qualità di lavoratori dipendenti nel settore privato o in quello pubblico devono restituire la somma percepita a tale titolo.

Per il periodo in relazione al quale viene concesso il trattamento anticipato non spettano le prestazioni accessorie e cioè l’assegno per il nucleo familiare e la contribuzione figurativa.

5.8 Sospensione dell’indennità

 

L’indennità di mobilità è sospesa per i periodi di rioccupazione con contratto di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale (106).

L’indennità di mobilità non è corrisposta inoltre anche per il periodo di prova relativo a rapporti di lavoro a tempo pieno e indeterminato in tutti i casi in cui i lavoratori non abbiano superato la prova stessa (107).

Tutte le giornate di lavoro prestato devono essere considerate parentesi neutra ai fini della durata complessiva dell’indennità, nei limiti della durata massima della stessa. Ad esempio il lavoratore che abbia titolo all’indennità per 12, 24, 36 o 48 mesi e svolga attività lavorativa per un periodo non superiore rispettivamente a 12, 24, 36 o 48 mesi, potrà percepire la prestazione per l’intera durata.

È necessario al riguardo che il lavoratore che si rioccupi, a tempo parziale o a tempo determinato, ne dia preventiva comunicazione alla competente sede INPS anche per il tramite della sezione circoscrizionale per l’impiego; in caso contrario è cancellato dalle liste di mobilità e decade dai trattamenti e dalle indennità (108).

Il lavoratore che svolga un lavoro comportante una retribuzione inferiore, fino ad un massimo del 10% rispetto a quella percepita durante il precedente rapporto di lavoro, ha titolo alla corresponsione, per un massimo di 12 mesi, di un assegno integrativo mensile di importo pari alla differenza tra i due livelli retributivi (109).

Infine, il lavoratore in mobilità lunga per pensione di vecchiaia può continuare a percepire l’indennità di mobilità cumulandone peraltro l’importo con il reddito di lavoro subordinato od autonomo per l’ammontare necessario ad assicurare la percezione di un reddito, rivalutato, complessivo pari alla retribuzione spettante all’atto del licenziamento (110).

5.9 Cessazione dell’indennità

 

Oltre che per scadenza del periodo di godimento previsto, l’indennità di mobilità cessa di essere corrisposta quando il lavoratore rifiuti l’avviamento ad un corso di formazione professionale, non accetti l’offerta di un lavoro ritenuto adeguato, non accetti di essere utilizzato in lavori socialmente utili, non risponda senza giustificato motivo alla convocazione degli Uffici circoscrizionali e delle Agenzie dell’impiego agli adempimenti relativi all’avviamento al lavoro, ai corsi professionali nonchè ai colloqui finalizzati a conoscere notizie anagrafiche e professionali, disponibilità e aspirazione rispetto alla ricollocazione al lavoro, non provveda a comunicare tempestivamente la propria rioccupazione a tempo determinato o a part time, sia stato assunto con contratto a tempo pieno e indeterminato e, infine, quando abbia percepito in un’unica soluzione l’indennità in parola.

5.10 Incompatibilità – opzione

 

L’indennità di mobilità è incompatibile con la pensione di vecchiaia e con gli altri trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonchè delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (111).

Il lavoratore che è titolare di pensione o di assegno di invalidità, all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, ha facoltà di effettuare l’opzione fra tali trattamenti e l’indennità di mobilità (112).

5.11 Pagamento dell’indennità

 

L’indennità di mobilità viene erogata direttamente dall’INPS con periodicità mensile.

5.12 Contributo alle aziende se l’assunzione avviene durante il

periodo di fruizione dell’indennità per mancato preavviso

.

 

Nel caso in cui un lavoratore venga assunto a tempo pieno e indeterminato durante il periodo di non indennizzabilità dello stato di disoccupazione, differito a causa del pagamento dell’indennità per mancato preavviso, il contributo mensile alle aziende, di cui all’Art. 8, comma 4, della legge 223, può essere riconosciuto dal giorno in cui l’indennità di mobilità avrebbe potuto essere corrisposta all’interessato.

Naturalmente il lavoratore deve avere i requisiti per il diritto all’indennità e deve aver presentato domanda nei termini di legge.

5.13 Imposte

 

Per ciò che concerne tutte le prestazioni di disoccupazione (e, quindi, anche la mobilità) l’INPS non è sostituto di imposta per cui le prestazioni stesse sono erogate al lordo di qualsiasi ritenuta erariale.

Il lavoratore dovrà riportare nella dichiarazione dei redditi tutte le somme percepite a tale titolo nell’anno precedente.

Dal 1° gennaio 1996 l ‘Istituto peraltro è sostituto d’imposta nel caso in cui l’indennità di mobilità è corrisposta anticipatamente in unica soluzione ai lavoratori che intendano intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa (113).

6. Sussidio di disoccupazione per i lavori socialmente utili

 

6.1 Natura

 

I provvedimenti legislativi d’urgenza emanati nel corso del 1995 hanno introdotto un nuovo trattamento di disoccupazione previsto per i lavoratori che hanno cessato i trattamenti di mobilità, di disoccupazione speciale o di cassa integrazione.

La novità consiste nel correlare e subordinare l’erogazione del sussidio all’effettivo utilizzo dei disoccupati nei progetti di lavori socialmente utili presentati dagli enti pubblici.

Non si tratta più di proroghe di trattamenti previdenziali, ma di un trattamento assistenziale concesso erogato in cambio di attività utili alla collettività.

In sintesi, il sussidio ha natura particolare, strettamente legata all’impegno nei lavori socialmente utili, e ha l’evidente finalità di garantire il necessario sostegno al reddito di persone disoccupate prive di qualsiasi trattamento previdenziale e/o assistenziale (114).

6.2 Destinatari del sussidio

 

Al sussidio per i lavori socialmente utili hanno diritto i seguenti soggetti:

– lavoratori che hanno cessato di fruire del trattamento di integrazione salariale, senza aver diritto all’indennità di mobilità, dall’1 dicembre 1994 in poi (115);

– lavoratori, iscritti nelle liste di mobilità in qualunque area del territorio nazionale, che hanno cessato di dire delle proroghe dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia il 31 dicembre 1994 (116);

– lavoratori, iscritti nelle liste di mobilità nelle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del regolamento CEE n. 2081/1993, il cui trattamento di mobilità o di disoccupazione speciale per l’edilizia è scaduto entro il 31.12.1995 (117);

– lavoratori iscritti da almeno 2 anni nelle liste ordinarie di disoccupazione nonchè gruppi di lavoratori individuati di volta in volta dalle CRI (118).

6.3 Domanda

 

Per la concessione del sussidio i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili devono avanzare, alla sede dell’INPS territorialmente competente in base alla residenza, apposita domanda utilizzando il modello espressamente predisposto.

La domanda dovrà essere corredata da una attestazione rilasciata dal soggetto gestore del progetto a cui il lavoratore è stato assegnato che deve contenere, tra l’altro, la data di approvazione del progetto stesso e la data di inizio effettivo dell’attività (119).

6.4 Importo

Ai lavoratori avviati a progetti di lavori socialmente utili approvati entro il 31.7.1995 spetta il sussidio nell’importo mensile di lire 823.876, corrispondente al 64% del tetto massimo di integrazione salariale più basso (120).

Ai lavoratori avviati a progetti approvati dopo il 31.7.1995 il sussidio spetta, fino al 31 gennaio 1996, nella misura di lire 8.000 orarie per un massimo di 100 ore mensili (121). Dal 1° febbraio 1996 il sussidio è determinato in una misura non superiore a lire 800.000 mensili (122).

6.5 Decorrenza

 

La corresponsione del sussidio, che avviene con le stesse modalità previste per l’indennità di mobilità, ha decorrenza dalla data di effettivo inizio dell’attività risultante dall’attestazione rilasciata dall’ente gestore del progetto.

6.6 Durata

 

Per i lavoratori che alla data del 31.12.1994 erano già impegnati nei lavori socialmente utili e nei cui confronti siano cessati i trattamenti di integrazione salariale, di mobilità o di disoccupazione speciale per l’edilizia, il sussidio spetta fino al completamento del progetto e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi decorrenti dalla predetta cessione (123).

Per i lavoratori non utilizzati alla data del 31.12.1994 e il cui trattamento sia cessato entro il 31.12.1995, il sussidio spetta sempre fino al completamento del progetto e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi (124).

6.7 Prestazioni accessorie

 

Ai lavoratori interessati spetta, per i periodi di concessione del sussidio, l’eventuale assegno per il nucleo familiare.

Per i periodi di percezione del sussidio che si collocano fino al 31.7.1995 i lavoratori hanno diritto all’accreditamento della contribuzione figurativa utile per il diritto e l’importo delle pensioni. Tale contribuzione è determinata sulla base della retribuzione cui sarebbe ipoteticamente riferita l’integrazione salariale.

Per quanto riguarda i sussidi imputati a periodi successivi al 31.7.1995 e quelli di cui all’Art. 1, comma 3, D.L. 180/1996, il riconoscimento dell’accredito figurativo è previsto ai soli fini dell’acquisizione dei requisiti assicurativi per il diritto al pensionamento (125).

7. Cancellazione dalle liste

 

7.1 Quando si perviene alla cancellazione

 

Il lavoratore in mobilità è cancellato dalla lista quando:

a) sia stato assunto con contratto a tempo pieno e indeterminato (126);

b) abbia percepito in un’unica soluzione l’indennità di mobilità (127);

c) sia scaduto il periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità (128);

d) siano decorsi i termini di permanenza nelle liste di mobilità per i lavoratori che non fruiscano del relativo trattamento (129);

e) rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla Regione o non lo frequenti regolarmente (130);

f) non accetti l’offerta di un lavoro che sia professionalmente equivalente ovvero sia inquadrato in un livello retributivo non inferiore al 10% rispetto a quello delle mansioni di provenienza (131);

g) non risponda senza giustificato motivo alla convocazione degli Uffici circoscrizionali e delle Agenzie dell’impiego agli adempimenti relativi all’avviamento al lavoro, ai corsi professionali nonchè ai colloqui finalizzati ad acquisire notizie anagrafiche e professionali, disponibilità e aspirazione rispetto alla ricollocazione al lavoro;

h) non accetti, in mancanza di un lavoro avente le caratteristiche di cui alla lettera f), di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità;

i) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede INPS del lavoro prestato, ai sensi dell’Art. 8, comma 6, L . 223/1991, a tempo parziale o determinato; (132 – 133);

l) abbia optato per l’assegno triennale o per il trattamento pensionistico di invalidità (134).

7.2 Chi provvede alla cancellazione

 

La competenza a dichiarare la cancellazione delle liste di mobilità, che precedentemente era della Commissione regionale dell’impiego, è ora attribuita al direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro (135).

Avverso il provvedimento di cancellazione è ammesso ricorso, entro trenta giorni, all’Ufficio regionale del lavoro, che decide, con provvedimento definitivo, entro venti giorni.

8. Reiscrizione nelle liste di mobilità

8.1 Per mancato superamento della prova

 

Il lavoratore assunto a tempo pieno e indeterminato, che non abbia superato il periodo di prova, viene reiscritto al massimo per due volte nella lista di mobilità.

La Commissione regionale per l’impiego, con il voto favorevole dei tre quarti dei suoi componenti, può dispone in casi eccezionali la reiscrizione del lavoratore nella lista di mobilità per una terza volta (136).

8.2 Per dimissioni durante il periodo di prova

 

Qualora l’iniziativa del recesso venga assunta dal lavoratore, ci si trova di fronte ad una ipotesi assimilabile a quella di rifiuto di una occupazione prevista dall’Art. 9, comma 1, lett. b) L. 223/1991. La facoltà di reiscrizione, quindi, è limitata ai casi di mancato superamento per decisione del datore di lavoro. Tuttavia, alcuni casi, da considerare eccezionali, in cui le dimissioni del lavoratore conseguono a gravi inadempimenti del datore di lavoro (es.: mancato pagamento della retribuzione) ovvero ad assoluta non corrispondenza tra le condizioni contrattuali della proposta e quelle effettivamente praticate, assumono, anche per ragioni equitative, rilevanza tale da giustificare una eventuale decisione di reiscrizione (137).

8.3 Per inidoneità fisica

 

Il lavoratore avviato e giudicato non idoneo alla specifica attività cui l’avviamento si riferisce, a seguito di eventuale visita medica effettuata presso strutture sanitarie pubbliche, viene reiscritto nelle liste di mobilità (138).

8.4 Per nuovo licenziamento

 

Il lavoratore in mobilità assunto da un’impresa, ove venga da questa licenziato senza aver maturato i requisiti temporali previsti dall’Art. 16, comma 1, della legge 223/1991, è reiscritto nelle liste di mobilità ed ha diritto ad usufruire della relativa indennità per un periodo corrispondente alla parte residua non goduta decurtata dal periodo di attività lavorativa prestata (139).

9. Contribuzione

 

9.1. Quanto paga l’impresa

 

La prestazione di mobilità è finanziata a regime, da un contributo dello 0,30% sulle retribuzioni assoggettate all’assicurazione DS per tutti i dipendenti dell’impresa appartenente ai settori individuati dal legislatore.

Si prescinde, cioè, dal fatto che il singolo lavoratore possa essere teoricamente beneficiario o meno della prestazione, come, ad. es. i lavoratori a domicilio e i dirigenti (140).

Tale contribuzione è parametrata sull’arco temporale dei sei mesi per le imprese industriali e, comunque, per tutte le imprese per le quali la norma dispone il requisito di più di quindici dipendenti nel semestre precedente per l’applicabilità della disciplina dell’intervento straordinario della cassa integrazione e, quindi, della mobilità (141).

Nel caso, invece, che il requisito occupazionale non sia parametrato su di un arco temporale (es. imprese commerciali con più di 200 dipendenti), l’obbligazione contributiva sorge sulla base del requisito occupazionale mensile (142).

Nel caso di imprese che svolgono attività plurime con separati inquadramenti il requisito occupazionale va determinato con riferimento a ciascuna delle distinte attività (143).

Non è invece dovuta alcuna contribuzione dalle imprese sottoposte a procedure concorsuali e di liquidazione esercenti pubblici servizi di trasporto in concessione (144).

Un contributo specifico è, invece, personalizzato sui lavoratori collocati in mobilità; esso è comunemente denominato “di ingresso alla mobilità”.

9.2 Contributo di ingresso alla mobilità

 

(145)

Le imprese rientranti nei settori economico produttivi (146) già elencati al par. 5.2 versano un contributo specifico, in trenta rate mensili, dimensionato sul numero dei lavoratori collocati in mobilità, comunemente denominato “di ingresso alla mobilità”. Il contributo è parametrato sulla indennità di mobilità teoricamente spettante ai lavoratori, a prescindere dalla sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti per il diritto alla prestazione.

Esso è pari a tre volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore, qualora la procedura sia conclusa con accordo sindacale, sia nel caso di mobilità da cassa integrazione, sia nel caso di mobilità per riduzione di personale (licenziamento collettivo) (147); è pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità qualora la procedura sia conclusa senza accordo sindacale (148).

Per i soli licenziamenti collettivi per riduzione di personale il contributo è elevato a nove mensilità qualora la procedura sia conclusa senza accordo sindacale (149).

9.3 Anticipazione del contributo

 

L’impresa che attiva la procedura di mobilità deve allegare alla comunicazione inviata alle OO.SS. ed, in copia, all’Ufficio del lavoro copia della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sul contributo di ingresso alla mobilità, di una somma pari ad una mensilità del trattamento massimo mensile di integrazione s
lariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedentari (150).

La legge prevede per l’anticipazione un importo pro capite più elevato dell’importo mensile sul quale è parametrato il contributo di ingresso alla mobilità.

Infatti, mentre per il versamento dell’anticipazione deve farsi riferimento al trattamento massimo integrabile – senza cioè considerare la riduzione di cui all’Art. 26 della legge 41/1986 (attualmente 6,04%) – tale riduzione deve invece essere considerata per il calcolo del contributo di ingresso alla mobilità che è parametrato sul trattamento iniziale mensile di mobilità.

Dal periodo di paga in corso alla data della comunicazione del recesso ai lavoratori decorre il pagamento della prima rata del contributo di ingresso alla mobilità, dal quale va detratta l’anticipazione versata.

Nel caso di cessazione o sospensione di attività il contributo di ingresso alla mobilità è dovuto in un’unica soluzione (151).

A seconda, quindi, del numero dei lavoratori effettivamente collocati in mobilità, rispetto a quelli ritenuti eccedenti nella fase di avvio della procedura, si può determinare un credito o un debito dell’azienda (152).

Comunque, il mancato pagamento dell’anticipazione non comporta la sospensione della procedura di mobilità (153).

9.4 Maggiorazioni

 

La normativa vigente prevede delle maggiorazioni al contributo di ingresso alla mobilità, alcune presenti già nella legge 223/1991, altre introdotte successivamente, altre ancora realizzatesi, indirettamente, per modifiche introdotte nella disciplina dell’intervento straordinario della cassa integrazione.

a) Una esplicita maggiorazione è prevista per i lavoratori posti in mobilità nel periodo intercorrente tra la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di ammissione alla CIGS e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma dell’unità produttiva, nella quale il lavoratore era occupato.

Il contributo di ingresso alla mobilità, in questo caso, è maggiorato di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la data del completamento del programma. In tal caso non è possibile chiedere il rimborso del trattamento di fine rapporto per la quota maturata durante il periodo di integrazione (154).

b) Il contributo di ingresso alla mobilità è aumentato del 4.50%, ovvero del 3% per i lavoratori che hanno diritto al prolungamento dell’indennità di mobilità, in quanto licenziati prima del termine del programma di utilizzo del trattamento di integrazione salariale per crisi aziendale, che è stata autorizzato – con norme derogatorie fino ad un massimo di 24 mesi (155).

c) La sospensione degli effetti dei provvedimenti di collocamento in mobilità, in conseguenza delle proroghe della CIGS disposta per le unità produttive con più di 500 dipendenti, può comportare, in assenza di una specifica disposizione esonerativa, la maggiorazione del 5% con accollo del T.F.R. di cui al precedente punto a) (156).

Ciò, ovviamente, qualora i lavoratori vengano messi in mobilità entro la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma nell’unità produttiva di appartenenza (157).

d) per i licenziamenti intimati dal 1° gennaio 1994 in poi, aumenta il contributo di ingresso alla mobilità per i lavoratori che abbiano una retribuzione di riferimento superiore a lire 2.700.000. Ciò in conseguenza dell’aumento, per tali lavoratori, dell’importo massimo di integrazione salariale e conseguentemente, dell’indennità di mobilità.

Sia la retribuzione di riferimento che l’importo massimo di integrazione salariale sono, a decorrere dal 1° gennaio 1995, annualmente incrementati dell’80% della variazione annuale dell’indice ISTAT (158).

9.5 Esoneri

 

Sono espressamente previsti solo due casi di esonero dal pagamento del contributo di ingresso alla mobilità.

a) ESONERO TOTALE – procedure concorsuali – (159)

L’esonero riguarda gli organi delle procedure concorsuali che dichiarino l’eccedenza di personale, ai sensi dell’Art. 4, ovvero del 24, solo ed esclusivamente nei casi di dichiarazione di fallimento, di omologazione del concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell’attività non sia disposta o sia cessata.

È stato chiarito che possono essere esonerati solo gli organi delle procedure concorsuali che attivano le procedure e non gli imprenditori (160).

È quindi escluso, ad esempio, che possa essere concesso l’esonero ad una impresa che attivi la procedura, nelle more della omologa del concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, ovvero nel caso del fallimento successivo alla procedura stessa.

b) ESONERO PARZIALE – imprese che procurino offerte di lavoro (161)

È previsto un esonero dalle rimanenti rate del contributo di ingresso alla mobilità – ne sono quindi escluse le imprese che hanno cessato o sospeso l’attività che pagano tale contributo in unica soluzione – per l’impresa che secondo le procedure determinate dalla CRI procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato, aventi le caratteristiche dalla norma prescritte: siano cioè professionalmente equivalenti, ovvero, in mancanza di questo presenti omogeneità anche intercategoriale e che, avendo riguardo ai contratti collettivi nazionali di lavoro, siano di un livello retributivo non inferiore al 10% rispetto a quello delle mansioni di provenienza.

L’impresa è esonerata dal pagamento delle rate residue relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettandole, abbiano prestato lavoro: l’esonero comunque non può essere concesso qualora l’impresa presenti, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere nello stesso o diverso settore di attività, assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovvero risulti con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Sulla sussistenza dei requisiti per la concessione dell’esonero parziale decide l’INPS (162).

9.6 Sanzioni

(163)

Il contributo di ingresso alla mobilità è soggetto, in caso di omesso o ritardato pagamento, al normale regime sanzionatorio.

Il D.M. 142/1993, che fra l’altro regolamenta (164) le modalità della riscossione del contributo di ingresso alla mobilità, contiene anche alcune importanti precisazioni:

a) L’obbligo del pagamento in un’unica soluzione, in caso di sospensione o cessazione dell’attività dell’impresa; qualora la sospensione o la cessazione avvenga nel corso della rateazione in trenta rate, disposta dalla legge 223/1991, devono essere saldate in unica soluzione le rate residue.

b) in pagamento in trenta rate non comporta aggravio di sanzioni; è invece sanzionato l’omesso o ritardato pagamento dell’importo complessivo o di parte di esso, secondo le norme comuni, a decorrere dal 16.5.1993, data di entrata in vigore del D.M. 142/1993 (165).

 

10. Quesiti

(166).

1. La cessazione della indennità di mobilità comporta sempre la

cancellazione dalla lista?

 

È ammissibile la permanenza in lista di mobilità anche dopo la cessazione della relativa indennità; ciò avviene qualora il periodo di percezione della stessa sia stato ridotto, rispetto alla durata ordinariamente presta, per effetto del prolungamento del trattamento di CIGS con contestuale riduzione della durata dell’indennità di mobilità. (es: L. 56/1994 e D.L. 416/1995).

I periodi di permanenza in lista devono essere infatti uguali, a parità di requisiti oggettivi e soggettivi, per tutti coloro che risultino iscritti.

Questo principio dovrebbe valere sia per coloro che siano iscritti senza diritto a percepire alcuna indennità (ad esempio il caso dei licenziati da imprese non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, ed il caso, previsto dalla legge 236/1993, dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo da imprese con meno di quindici dipendenti) sia per coloro che abbiano goduto di un periodo di CIGS mediante contestuale decurtazione di un pari periodo di durata dell’indennità di mobilità.

Il principio interpretativo che ne deriva è che permanenza in lista e percezione della indennità sono questioni ontologicamente distinte, che possono quindi avere anche durate diverse.

2. È possibile prolungare la permanenza in lista quando si

verifichino gli eventi della malattia e dell’infortunio?

 

La neutralizzazione di tali periodi sarebbe motivata dalla circostanza che al verificarsi di tali eventi il lavoratore non sarebbe disponibile al lavoro; verrebbe quindi meno la funzione di ricollocazione connaturale all’inserimento nella lista di mobilità.

Tuttavia, tali fattispecie non consentono la neutralizzazione dei periodi poichè il caso non è legislativamente previsto e poichè la malattia assume giuridica rilevanza solo in presenza di un rapporto di lavoro.

Inoltre non sussiste il diritto ad alcuna prestazione economica sostitutiva di quella di mobilità, diversamente dal caso dell’astensione obbligatoria e facoltativa per maternità.

2.1 Nel caso di utilizzazione in lavori socialmente utili?

 

L’impiego dei lavoratori in mobilità nelle predette attività rientra tra i casi, espressamente previsti dalla legge, di utilizzazione cui i lavoratori in lista sono tenuti.

Ne consegue che in caso di rifiuto è prevista la cancellazione (e ovviamente la decadenza dalla relativa indennità), essendo considerati i lavori socialmente utili come una delle misure attive dirette a favorire il reimpiego. Si consideri poi che durante l’utilizzazione non viene meno la possibilità di accettare altre opportunità così come le agevolazioni previste per chi assume attingendo dalle liste. Non appare inoltre invocabile l’analogia al caso del lavoratore in mobilità avviato a tempo determinato o parziale (Art. 8, comma 6 e 7, L . 223/199l) in quanto la legge espressamente esclude che nel caso di lavori socialmente utili vi sia un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto questo tipo di utilizzazione non comporta neutralizzazione del corrispondente periodo ai fini della permanenza in lista.

2.2 Nel caso di partecipazione a corsi di formazione professionale?

 

Anche la partecipazione ai corsi rientra tra le misure di reimpiego previste espressamente, ed al rifiuto è connessa la cancellazione. Pertanto i periodi di partecipazione al corsi, durante i quali continua ad essere erogata l’indennità (se spettante), non possono essere considerati periodi neutri ai fini della permanenza in lista.

2.3 Nel caso di servizio militare?

 

In questo caso è ammissibile il prolungamento della permanenza in lista trattandosi di un caso di impedimento al lavoro derivante da un obbligo di legge. In tale caso viene meno qualsiasi opportunità di reimpiego derivante dalla iscrizione in lista. Al termine del servizio militare il lavoratore avrà pertanto diritto a completare il periodo residuo di permanenza in lista, per la determinazione del quale non è computato il periodo di servizio militare (167).

2.4 I lavoratori che fruiscono dei trattamenti pensionistici di

cui all’art. 6, commi 7 e 8, della L. 236/1993, oppure che optano per il

trattamento pensionistico di invalidità ai sensi dell’art. 2 della L. 451/1994,

rimangono iscritti nella lista di mobilità?

 

La permanenza in lista di mobilità in questi casi non è possibile; ciò anche se le disposizioni di legge in materia di pensionamento regolano solo gli aspetti relativi al diritto dell’indennità di mobilità e non prevedono la cancellazione dalla lista.

Infatti, per l’iscrizione (o la permanenza) nella lista di mobilità è essenziale che il soggetto abbia lo status di disoccupato, che non è attribuibile al pensionato.

3. Qual è il termine di presentazione della domanda di percezione

dell’indennità di mobilità in caso di licenziamento con indennità di mancato

preavviso?

 

Il termine decadenziale previsto per la presentazione della domanda per il godimento dell’indennità di mobilità è di 68 giorni ed è fissato per legge.

Si è posto, tuttavia, il problema del preavviso non lavorato: esso, che è sostituito da una indennità, non pregiudica in alcun modo la fruizione dell’indennità di mobilità. Il termine di 68 giorni decorre dalla fine del preavviso.

3.1 Durante il periodo coperto dall’indennità di mancato preavviso

il lavoratore si considera iscritto in lista?

 

Durante tale periodo il lavoratore è comunque considerato iscritto in lista di mobilità avendo il licenziamento già prodotto effetti. Pertanto, il datore di lavoro che assume un lavoratore durante il periodo in cui questi percepisce l’indennità di mancato preavviso ha diritto a tutte le agevolazioni previste per chi assume un lavoratore in lista di mobilità.

Ciò riguarda anche l’importo del 50% dell’indennità che sarebbe spettata, la quale comunque decorrerà dal momento in cui sarebbe effettivamente erogabile l’indennità di mobilità in luogo di quella di preavviso.

In particolare, nel caso in cui un lavoratore venga assunto a tempo pieno e indeterminato durante il periodo di non indennizzabilità dello stato di disoccupazione – differito a causa del pagamento dell’indennità per mancato preavviso – il contributo mensile alle aziende di cui all’Art. 8, comma 4, della legge 223, può essere riconosciuto soltanto dal giorno in cui l’indennità di mobilità avrebbe potuto essere corrisposta all’interessato.

4. Le dimissioni del lavoratore durante il periodo di prova

equivalgono a mancato superamento della stessa, dando quindi titolo alla reiscrizione?

 

La Commissione ritiene di condividere l’orientamento già assunto dal Ministero circa la limitazione della facoltà di reiscrizione ai casi di mancato superamento per decisione del datore di lavoro. Tuttavia, alcuni casi, da considerare eccezionali, in cui le dimissioni del lavoratore conseguono a gravi inadempimenti del datore di lavoro (es.: mancato pagamento della retribuzione) ovvero ad assoluta non corrispondenza tra le condizioni contrattuali della proposta e quelle effettivamente praticate, assumono, anche per ragioni equitative, rilevanza tale da giustificare una eventuale decisione di reiscrizione (168).

5. È ammissibile un calcolo dell’anzianità minima per acquisire il

diritto all’indennità di mobilità non rigidamente collegato all’anzianità

presso la medesima azienda?

Si è posto il problema di come debba valutarsi il requisito dell’anzianità aziendale minima di dodici mesi nel caso di lavoratori che, continuando a prestare la stessa attività per il medesimo appaltante, transitano da un’impresa all’altra nei cambi di gestione per successione di appalti.

Considerato che in tali casi si realizza un’anzianità, garantita da disposizioni di legge o contrattuali, assimilabile a quella aziendale, la Commissione è dell’avviso che l’anzianità possa essere valutata con riferimento all’ente appaltante, cumulando cioè i periodi prestati alle dipendenze delle diverse imprese appaltatrici.

5.1 Cosa deve intendersi per anzianità minima di dodici mesi?

 

Va, altresì, chiarito che 52 settimane contributive valgono, ai fini della concessione della prestazione, un anno di contribuzione (169).

6. Coloro che ricoprono cariche pubbliche elettive possono

beneficiare dell’indennità di mobilità?

 

La Commissione è dell’avviso che, non esistendo norme specifiche che dichiarino l’incompatibilità o l’incumulabilità tra carica pubblica elettiva e indennità di mobilità, si possa, in linea di principio, mantenere l’indennità di mobilità per coloro che ricoprono cariche pubbliche elettive. Tuttavia, dato che ragioni di equità suggeriscono per questi casi dì non superare, sommando le due indennità, l’importo dell’indennità di mobilità, la Commissione ritiene che sia possibile integrare – fino a concorrenza dell’importo dell’indennità di mobilità – le indennità e/o i gettoni percepiti per il mandato pubblico espletato, ferma restando, comunque, la contribuzione figurativa prevista per la generalità dei lavoratori che finiscono dell’indennità di mobilità (170).

7. Cosa accade se il lavoratore il lista di mobilità svolge lavoro

autonomo?

 

Il lavoratore, iscritto in liste di mobilità, che svolga lavoro autonomo perde il diritto a percepire l’indennità (salvo il caso della corresponsione anticipata). Si applica infatti la disciplina dell’indennità ordinaria di disoccupazione, la quale prevede la decadenza dal beneficio quando avvenga la rioccupazione.

Pertanto, poichè la permanenza nella lista presuppone lo stato di disoccupazione, nel caso suindicato si procede alla cancellazione dalla lista stessa quando non sia dimostrato che si tratta di lavoro avente carattere di occasionalità (nel qual caso si procede alla sospensione solo dell’indennità per le giornate di rioccupazione occasionale anche se non sia stata data preventiva comunicazione all’INPS) (171).

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(1) Oltre, naturalmente, le specificità riguardanti le imprese che intendono licenziare nel corso della cassa integrazione (Art. 4, comma 13 ss., e 5, comma 6 ss., L. 223/1991), per le quali non sono richiesti i limiti numerici.

(2) V. par. 2.

(3) La competenza è, di norma, dell’Ufficio provinciale del lavoro: qualora l’eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione, la competenza è dell’Ufficio regionale del lavoro; se di diverse regioni, del Ministero del lavoro.

(4) Queste indicazioni vanno riportate sempre, anche se la disposizione che le prescrive (Art. 4, comma 1, L . 223/1991) non è richiamata nell’articolo che disciplina il licenziamento collettivo (Art. 24 stessa legge). Tale mancato richiamo deve intendersi soltanto come conferma della non indispensabilità del previo ricorso alla CIGS per procedere ad un licenziamento per riduzione di personale.

(5) Il riferimento alla percentuale di manodopera femminile occupata con le mansioni considerate nella procedura di mobilità rappresenta un criterio vincolante (tetto massimo di lavoratrici da collocare in mobilità, contenuto nell’Art. 6, comma 5 bis, L. 236/1993), non derogabile dagli accordi collettivi, e che quindi integra le disposizioni sui criteri di scelta (v. anche par. 3.1).

(6) L’informazione insufficiente od errata potrebbe far scattare la procedura di repressione della condotta antisindacale ex Art. 28 legge n. 300/70.

(7) Art. 8, comma 8, L . 236/1993.

(8) Si tratta di termini aventi natura ordinatoria.

(9) Art. 4, comma 8, L . 223/1991.

(10) Art. 3, comma 3, L . 223/1991.

(11) Da ultimo dall’Art. 4, comma 9 e Art. 6, comma 2, 3, 4 e 5 del D.L. n. 180/96.

(12) Prima della L. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) l’ Art. 2103 c.c. ammetteva l’assegnazione di mansioni di livello inferiore solo provvisoriamente, in modo da non comportare una modifica della posizione sociale del lavoratore.

La nuova formulazione dell’Art. 2103, introdotta dall’Art. 13 dello Statuto dei lavoratori, ha precluso, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, qualsiasi modifica.

L’assegnazione di mansioni inferiori è ammessa solo se del tutto marginale oppure se richiesta da una esigenza straordinaria di salvaguardia dell’incolumità delle persone e degli impianti.

Onde eliminare ogni dubbio circa l’inderogabilità della norma è stata espressamente sancita la nullità di ogni patto contrario, sia individuale che collettivo: disposizioni che è stata interpretata nel senso di doversi escludere ogni patto contrario, quando esso risulti sfavorevole al prestatore.

Nel caso in cui la modifica della qualifica sia l’unico modo per impedire il licenziamento, il patto contrario è considerato ammissibile, in quanto rispondente all’interesse del lavoratore alla conservazione del posto; in caso contrario si dovrebbe ricorrere al licenziamento cui potrebbe seguire la riassunzione con qualifica inferiore, con perdita dell’anzianità pregressa e dei vantaggi ad essa collegati.

Così ad esempio: nel caso di ridotte capacità lavorative del dipendente, che non consentano lo svolgimento delle mansioni della qualifica di appartenenza, l’assegnazione a mansioni inferiori è l’unico modo per conservare il rapporto di lavoro, od anche per evitare la cassa integrazione, se la ristrutturazione aziendale ha comportato una modifica delle professionalità in azienda.

Ai fini dell’assegnazione del dipendente a mansioni diverse in deroga all’Art. 2103 c.c., nell’ambito della procedura di mobilità, non costituisce giusta causa di licenziamento il rifiuto di una impiegata di svolgere mansioni operaie. Infatti, la divisione dei dipendenti tra operai ed impiegati rimane essenziale nell’ordinamento; in particolare, ai fini della sicurezza del lavoratore, l’ordine di svolgere mansioni operaie è stato considerato illegittimo in quanto pericoloso per l’integrità psicofisica dei lavoratori stessi i quali, dotati di una professionalità radicalmente diversa, si trovano ad operare in ambienti con notevole esposizione al rischio infortuni, senza che siano stati effettuati controlli nel rispetto delle norme di sicurezza.

(13) Nel caso di procedura che riguardi unità produttive ubicate in più province, è da ritenere che l’ipotesi di mancato accordo relativo ad alcune soltanto di tali unità non coinvolga negativamente l’accordo raggiunto per le restanti; in tale ipotesi, pertanto, si avrà contestualmente un accordo (relativamente ai dipendenti di alcune unità) e un mancato accordo (per gli altri dipendenti).

(14) Prevista dall’Art. 17, L . 56/1987.

(15) Possibilità introdotta dall’Art. 8, comma 3, L . 236/1993, che ha modificato l’Art. 4, L . 223/1991.

(16) Ovvero ricorrendo alla costituzione di cooperative di produzione e lavoro.

(17) Così come previsto dall’Art. 6, comma 5 ter e 5 quater, L. 236/1993, dall’Art. 1, comma 13, D.L. 181/1996 e sia pure, al momento, con certi limiti, dall’Art. 2, comma 24, L . 549/1995.

(18) Art. 8, comma 4, L . 236/1993.

(19) v. par. 2 sul licenziamento collettivo.

(20) Può farsi eccezione solo nei seguenti casi riconducibili alla medesima causale della procedura originaria, come ad esempio l’impiego di alcune unità, inferiori a 15, per gli adempimenti connessi alla cessazione dell’attività, anche per effetto di procedura concorsuale laddove tale circostanza non sia stata esplicitamente disciplinata nel corso della procedura.

(21) La insindacabilità da parte del giudice di merito in ordine ai motivi che hanno condotto l’imprenditore alla risoluzione collettiva del rapporto di lavoro, non significa affatto che lo stesso non possa, una volta adito, affermare il proprio giudizio in ordine agli stessi. Infatti, il giudice può sindacare il corretto svolgimento della analitica procedura prevista dall’Art. 24 della L. 223/1991, e può, altresì, valutare la congruità dei criteri, in concorso tra loro, che, al termine della procedura, hanno portato l’imprenditore alla formulazione delle lettere di recesso. Sembra potersi ammettere anche il giudizio sulla ragionevolezza e coerenza della riduzione del personale rispetto ai motivi organizzativi addotti. Ciò in quanto il licenziamento collettivo è considerato (così come la messa in mobilità durante la CIGS) una sorta di extrema ratio (si rinvia all’obbligo di comunicare i motivi che impediscono misure alternative – par. 1.2.1).

(22) Cfr. Art. 3 L . 604/1966.

(23) Direttiva CEE n. 129/1975.

(24) Art. 24, comma 1, L . 223/1991.

(25) Art. 24, comma 2, L . 223/1991.

(26) Art. 1, Dir. CEE n. 129/1975.

(27) Detta interpretazione è suffragata dal disposto dell’Art. 4, comma 15, L 223/1991, anche se non espressamente richiamato nell’Art. 24.

(28) Vedasi l’Art. 8, comma 4, L . 236/1993 che ha stabilito l’obbligo di effettuare i licenziamenti entro il termine di 120 giorni.

(29) L’accordo interconfederale del 1950 (recepito erga omnes con il DPR 24.7.1960, n. 1029) e quello del 5 maggio 1965.

(30) Questo criterio consente, anzitutto, di circoscrivere l’area in cui correttamente opera il nesso di causalità tra giustificazione e licenziamento. Esso, però, consente anche di salvaguardare determinate professionalita ritenute particolarmente utili, escludendo peraltro ragioni inerenti la persona.

(31) Lo scostamento dal privilegio dal criterio dell’anzianità di servizio è possibile purchè risponda a principi di ragionevole. Cfr., ad esempio, Corte Cost. 30.6.1994, n. 268, secondo cui è legittima l’adozione di un criterio quale la prossimità al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento quando si tratti di “ristrutturazioni industriali caratterizzate da elevati livelli di innovazione tecnologica”.

(32) Art. 5, commi 1 e 2, L . 223/1991, integrato dall’Art. 6, comma 5 bis, L. 236/1993.

(33) Da notare che la scelta dei soggetti che è possibile licenziare non riguarda quei lavoratori per i quali opera un divieto di licenziamento. Ad esempio il divieto di licenziare per causa di matrimonio (L. 7/1963) opera anche per i licenziamenti per riduzione di personale (v. sentenza Corte Cost. n. 46 del 28 gennaio e 10 febbraio 1993).

(34) Oltre il caso espressamente previsto dall’Art. 5, comma 3, L . 223/1991 di impugnativa da parte del lavoratore che può ottenere il reintegro ai sensi dell’Art. 18, L . 300/1970, la procedura di mobilità può essere impugnata dalle OO.SS. per comportamento antisindacale (violazione dell’Art. 28, L . 300/1970).

(35) Art. 5, comma 2, L . 223/1991 che richiama l’ Art. 9, comma 2, D.L. 29.1.1983, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 25.3.1983, n. 79.

Qualora dovesse risultare, per effetto della procedura, una diminuzione della percentuale degli invalidi, gli uffici attiveranno le dovute procedure per il ripristino della percentuale d’obbligo.

(36) La Cassazione ha condannato un uso irrazionale e indiscriminato dei criteri leso unicamente alla eliminazione dei lavoratori “scomodi” (cfr. sent. 6.7.1990, n. 7105), anche se ha ritenuto – e nella stessa sentenza – che, nella materia, il potere dell’imprenditore sia caratterizzato da un’ampia discrezionalità, non vincolata da una graduatoria a punteggi. La valutazione dei criteri deve essere concorsuale, pur se non si può escludere, fermo restando il divieto di atti discriminatori, la prevalenza di un criterio sugli altri (cfr. sent. 17.4.1990, 3166).

(37) Cfr. Cass. 17.2.1993, n. 1863, secondo cui quando la contrattazione collettiva assume una efficacia obbligatoria e funzione compositiva di contrasti sociali “i sindacati non agiscono in rappresentanza dei singoli lavoratori (in capo ai quali nascono pertanto diritti soggettivi) ma quali soggetti esponenziali di meri interessi collettivi”.

(38) È irrilevante qualsiasi comunicazione di carattere collettivo.

(39) Art. 4, comma 12, L . 223/1991.

(40) Con la conseguenza che l’estinzione dei rapporti si produce allo scadere del termine del preavviso stesso, tranne nel caso in cui il datore di lavoro esoneri il lavoratore dal prestare attività durante detto periodo, corrispondendo l’indennità sostituiva del preavviso.

(41) La comunicazione deve essere contestuale al recesso (secondo Pret. Perugia 12.12.1992 – il recesso e la comunicazione dovrebbero addirittura risultare da un unico documento essendo irrilevante che la spedizione avvenga lo stesso giorno).

(42) Ex Art. 18 della legge 300/1970 e successive modifiche ed integrazioni (v. anche la nota 45).

(43) L’inefficacia del recesso ricomprende sia i casi di invalidità vera e propria sia quelli in cui il licenziamento stesso, pur essendo valido, non può produrre i propri effetti a causa di un fatto esterno. L’invalidità dipende da un vizio connaturato, intrinseco all’atto, ed assume la forma della nullità o annullabilità. L’inefficacia può essere originaria (ma sempre a carattere transitorio, perchè altrimenti sarebbe nullità) o successiva.

L’annullabilità è una anomalia la cui gravità è minore della nullità.

Essa deriva dal non rispetto di regole di carattere generale. Assume particolare rilevanza l’errore della procedura che può portare, appunto, all’annullamento del licenziamento il quale, in via provvisoria, produce tutti gli effetti; questi vengono meno solo nel momento in cui il giudice di merito accoglie la richiesta del ricorrente. L’annullamento viene a modificare la situazione creatasi con il recesso e produce l’effetto di reintegrare, con efficacia retroattiva, il lavoratore nel posto di lavoro.

(44) Quando risulti che
l’impresa interessata non rientri, per mancanza dei requisiti dimensionali, (16 dipendenti, previsione di almeno 5 esuberi) nel campo di applicazione prescritto dalla norma per definire i licenziamenti come collettivi, manca il presupposto sostanziale per procedere all’inserimento in lista di mobilità. Analogamente, è da escludersi la riconducibilità dei licenziamenti alla nozione di licenziamento collettivo quando non sia stata esperita affatto la procedura prescritta; peraltro, pur mancando la comunicazione di apertura della procedura, l’esperimento, con esito positivo, della fase sindacale fa ritenere sanabile l’irregolarità, almeno dal punto di vista pubblicistico dell’inserimento in lista.

(45) L’Art. 18, L . 300/1970 è stato modificato dall’Art. 1, L . 11.5.1990, n. 108. I limiti occupazionali e territoriali previsti dall’Art. 18 non sono gli stessi definiti dalla L. 223/1991 per accedere alla procedura di mobilità per licenziamento collettivo ovvero per riduzione da cassa integrazione.

Ma l’Art. 5, comma 3, L . 223/1991 dispone che al recesso da procedura di mobilità, del quale sia stata dichiarata l’inefficacia o l’invalidità, si applica l’Art. 18, L . 300/1970 e successive modificazioni. Ciò anche a prescindere dalla sussistenza dei requisiti numerici stabiliti in via generale dall’Art. 18 citato.

(46) Art. 17, comma 1, L . 223/1991.

(47) Ai sensi dell’Art. 28 della L. 300/1970, azionato, ovviamente, dalle organizzazioni sindacali.

(48) Circ. Ministero lavoro – D.G. impiego – nn. 163/1991 e 56/1992.

(49) La nozione di licenziamento collettivo è contenuta all’Art. 24, L . 223/1991 (v. anche il par. 2).

(50) Secondo le procedure di mobilità previste dall’Art. 4, L . 223/1991 (v. anche il par. 1).

(51) L’applicabilità delle procedure di mobilità, e la conseguente iscrizione nelle relative liste, può ritenersi possibile in tali casi solo quando “per volontà delle parti o per lo svolgimento concreto del rapporto di lavoro a domicilio l’elemento della precarietà manchi e il rapporto stesso risulti, per l’effetto, caratterizzato da una ragionevole e qualificata continuità, tale da comportare un effettivo inserimento dei lavoratori in questione nell’organizzazione aziendale. Poichè l’Art. 9 della legge 877/73 esclude espressamente per i lavoratori a domicilio l’applicazione delle norme in materia di integrazione salariale, si ritiene che agli stessi non competa l’indennità di mobilità ancorchè in possesso dei requisiti soggettivi di cui all’Art. 16, comma 1, della legge 223″.Stralcio del parere del Ministero del lavoro, D.G. dei rapporti di lavoro (v. nota n. 5/26855/49/MOB del 25.9.1993). Per la nozione della continuità v. Art. 11, comma 2, L . 877/1973.

(52) Edili impegnati nelle aree in cui sussista uno stato di grave crisi conseguente al completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni e che siano stati licenziati dopo che l’avanzamento dei lavori abbia superato il 70% e lavoratori già in disoccupazione speciale edile.

(53) V. anche il par. 5.3.

(54) Istituiti con legge 1612 del 22.12.1962.

(55) Disponendo la norma l’iscrizione nella lista di mobilità, la permanenza nella lista stessa è disciplinata dalla normativa generale in analogia con quanto disposto dall’Art. 4, comma 2 della legge n. 236/1993.

(56) Nei limiti fissati dall’Art. 6, comma 15 e 16 L . 236/1993.

(57) Art. 4, comma 1, L . 236/1993, possibilità di iscrizione, che non dà titolo al trattamento di mobilità, va riferita ai lavoratori già licenziati nel periodo dal 9.10.1992 (per effetto di decreti legge emanati prima dell’entrata in vigore della L. 236/1993) e fino al 31.12.1996 (termine così prorogato dall’Art. 4, comma 17, D.L. 180/1996).

(58) Art. 4, comma 31, D.L. 180/1996.

(59) In base all’Art. 8, comma 2, della L. 236/1993 (che prevede l’applicazione degli Artt.1, 4 e 24, L . 223/91 alle società cooperative di produzione e lavoro) l’iscrizione in lista di mobilità, senza peraltro diritto alla relativa indennità, può essere effettuata anche per i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro.

(60) Circ. Ministero lavoro – D.G. impiego – n. 56/1992.

(61) Di cui agli Artt.4 e 24 L . 223/1991.

(62) Circ. Ministero lavoro – D.G. impiego – n. 163/1991.

(63) Qualora si verifichi un caso di reiezione della domanda di mobilità per mancanza dei requisiti (soggettivi o oggettivi) il termine di 60 giorni decorre dalla data di comunicazione della mancata approvazione da parte della CRI. Ciò per evitare ingiuste penalizzazioni dei lavoratori interessati, che rimarrebbero in tal caso privi di tutela.

(64) Cioè che si tratti di quelli previsti dall’Art. 2, comma 2, della L. 15.7.1966, n. 604, come sostituito dall’Art. 2, comma 2, della L. 11.5.1990, n. 108.

(65) È da considerare assimilabile a quella aziendale l’anzianità maturata cumulando periodi prestati, per successione di appalti e nella stessa attività, alle dipendenze di diverse imprese appaltatrici della medesima società appaltante (v. par. 10, quesito n. 5).

(66) Ovvero 52 contributi settimanali.

(67) Art. 16, comma 1, L . 223/91; circ. INPS n. 3 del 2.1.1992.

(68) Sentenza della Corte Cost. n. 423 del 12.9.1995.

(69) Si rammenta che dall’1 gennaio 1994 è stato esteso il trattamento straordinario di integrazione salariale ai dipendenti delle imprese appaltatrici dei servizi di pulizia, non inquadrate nell’industria, addetti in modo prevalente e continuativo allo svolgimento delle attività appaltate. Tale estensione non riguarda attualmente anche la disciplina della mobilità. Art. 1, comma 7, L . 451/94, circ. INPS n. 130 del 29 aprile 1994.

La stessa particolarità di estensione limitata al solo trattamento straordinario di integrazione salariale riguarda le imprese radiotelevisive private e le aziende funzionalmente collegate al settore dei giornali periodici ed a quello dell’emittenza privata. Art. 7, comma 4, della L. 236/1993 circ. INPS n. 93 del 20 aprile 1993 e n. 195 dell’11 agosto 1993.

(70) Art. 16, comma 1, L . 223/91; circ. INPS, n. 211 del 9.8.1991.

(71) La legge 223/91 introduce delle peculiarità nella determinazione del requisito occupazionale (cfr. circ. INPS n. 211 del 9.8.1991).

(72) Nel caso l’appalto venga effettuato nei confronti di una pluralità di soggetti, l’INPS ha emanato particolari disposizioni con la circ. n. 88 del 19.3.1992.

 

(73) Estensione effettuata a decorrere dal dicembre 1991 L . 412/1991 (circ. INPS n. 155 del 10.6.1992).

(74) Estensione effettuata dal D.L. n. 40/1994 e seguenti, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla L. n. 451/1994 (cfr. circ. n. 130 del 29.4.1994 e n. 239 del 1° agosto 1994).

(75) Art. 4, comma 15, D.L. 180/1996; circ.

INPS n. 47 del 26.2.1996.

(76) Art. 5, comma 3, L . 451/1994; circ. INPS n. 130 del 29.4.1994 e n. 239 del 1° agosto 1994.

(77) Non rientrano fra le imprese di spedizione e trasporto le imprese di spedizione internazionale, destinatarie della specifica disciplina di cui alla legge 9.8.1993, n. 293 (cfr. circ. INPS n. 246 del 2.11.1993) e successive modifiche ed integrazioni. V. Art. 4, comma 15, D.L. 180/96; circ.

INPS n. 47 del 26.2.1996.

(78) Art. 2, comma 22, L . 28.12.1995, n. 549 circ. INPS n. 47 del 26.2.1996.

(79) Art. 12, comma 3, L . 223/91 (circ. INPS n. 211/1991).

(80) Art. 6, comma 17 bis, L. 236/1993.

(81) Artt.129, ultimo comma, e 73, comma 2, R.D.L. 1827/1935.

(82) Artt.73. comma 2, e 77, comma 2, R.D.L. 1827/1935.

(83) Artt.129, ultimo comma, e 73, ultimo comma, R.D.L. 1827/1935.

(84) Art. 77, comma 2, R.D.L. 1827/1935.

(85) Vedasi inoltre quanto disposto dall’Art. 1, comma 3 del D.L. 195/96, che stabilisce il prolungamento dell’indennità per particolari categorie di lavoratori.

(86) Le aree sono quelle definite dal DPR 218/1978 (Art. 7, comma 2, L . 223/91).

(87) Art. 7, comma 4, L . 223/91.

Il limite non vale per il caso di mobilità lunga.

(88) Art. 7, commi 6 e 7, L . 223/91.

(89) Art. 7, commi 6 e 7, L . 223/91.

(90) Individuate ai sensi dell’obiettivo 1 del Regolamento CEE n. 2052/1988. Art. 6, comma 10, D.L. 148/1993, convertito nella L. 236/1993; circ. INPS nn. 150 del 6.7.1993 e 230 del 14.10.1993.

(91) Individuate ai sensi dell’obiettivo 2 del Regolamento CEE n. 2081/1993. Art. 5, commi 4 e 5, D.L. 299/1994, convertito nella L. 451/1994; circ. INPS n. 178 del 9.6.1994. Il D.L. 180/1996 ha tuttavia prorogato a tutto il 1996 la possibilità di utilizzare questa particolare forma di collocamento in mobilità lunga, previa specifica domanda da parte dell’azienda in questione entro il 15 marzo 1996 (Art. 4, commi 26 e 27).

(92) Art. 4, comma 26 e 27, D.L. 180/1996. L’ammissione al beneficio e il numero dei beneficiari per azienda sono stati stabiliti con D.M. 19.10.1995.

(93) Art. 8, commi 6 e 7, L . 223/1991.

(94) Art. 6, commi 7 e 8, della L. 236/1993.

(95) Ai sensi dell’Art. 2 della L. 451/1994, v. par. 10, quesito 2.5.

(96) È invece ammissibile il prolungamento della permanenza in lista in caso di servizio militare trattandosi di un impedimento al lavoro derivante da un obbligo di legge. In tale caso viene meno qualsiasi opportunità derivante dall’iscrizione in lista. Al termine del servizio militare il lavoratore avrà quindi diritto a completare il periodo residuo di permanenza in lista per la determinazione del quale non è computato il periodo di servizio militare (v. par. 10, quesito 2.4).

È inoltre ammissibile la permanenza in lista di mobilità anche dopo la cessazione della relativa indennità qualora il periodo di percezione della stessa sia stato ridotto, rispetto alla durata ordinariamente prevista, per effetto del prolungamento del trattamento di CIGS con contestuale riduzione della durata dell’indennità di mobilità. Art. 1, comma 1 e 1 bis, L. 56/1994 e Art. 4, comma 6, D.L. n. 39/1996; (v. par. 10, quesito 1).

(97) Art. 7, comma 1, L . 223/1991; circ. INPS n. 3 del 2.1.1992.

(98) Poichè l’indennità di contingenza è stata abolita, l’importo lordo massimo mensile del trattamento CIGS e, quindi, dell’indennità di mobilità, per gli anni 1991, 1992 e 1993 è rimasto fisso a lire 1.248.021 (lire 1.175.137, i
porto al netto dell’aliquota di riduzione).

Si tratta della quota, a carico del lavoratore, per l’assicurazione generale obbligatoria e del Servizio Sanitario Nazionale (corrispondente dal 1° ottobre 1995 al 6,04%, pari a quella versata dagli apprendisti); v. Art. 26, L . 41/1986.

(99) Art. 1, comma 5, L . 451/1994; circ. INPS n. 178 del 9.6.1994, punto 1.

(100) Pertanto gli importi massimi lordi per l’anno 1994 erano pari rispettivamente a lire 1.248.021 (netto lire 1.175.137) e a lire 1.500.000 (netto lire 1.412.400).

(101) Circ. INPS n. 48 del 17.2.1995.

(102) Circ. INPS n. 25 del 27.1.1996.

(103) Art. 11, comma 2, L . 223/1991.

(104) Art. 7, comma 9, L . 223/1991; circ. INPS n. 3 del 2.1.1992.

(105) Art. 7, comma 5, L . 223/1991; circ. INPS n. 124 del 31.5.1993.

(106) Artt.8. commi 6 e 7, e 9, comma 1, L . 223/1991.

(107) Art. 9, comma 7, L . 223/1991; circ. INPS n. 3 del 2.1.1992.

(108) Art. 9, comma 1, lett. d) L. 223/1991.

(109) Art. 9, comma 5, L . 223/1991.

(110) Art. 9, comma 9, L . 223/1991.

Tale opportunità vale solo nelle aree del Mezzogiorno e in quelle con un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale.

(111) Art. 5 L . 236/1993; circ.

INPS n. 9 del 12.1.1993.

(112) Art. 2, comma 5, L . 451/1994; circ. INPS n. 178 del 9.6.1994. La Corte Cost., con sentenza n. 218 del 29.5.1995, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 6, comma 7 e 8, della legge n. 236/1993 nella parte in cui non prevede la facoltà di opzione; tale illegittimità, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 451/1994 opera retroattivamente e cioè per il periodo tra l’entrata in vigore del D.L. n. 478/1992 e il D.L. n. 40/1994 (15.12.1992/20.1.1994).

(113) Art. 3, comma 82, L . 549/1995 (Legge di accompagnamento alla legge finanziaria 1996); msg. INPS n. 7648 del 27.1.1996.

(114) Circ. Ministero lavoro – D.G. impiego – n. 1/1996.

(115) Art. 1, commi 5 e 11, e Art. 5, D.L. n. 39/1996 che hanno formato oggetto delle circ. INPS nn. 62, 119, 191, 224, 231, 270 del 1995 e n. 13 del 1996.

(116) Art. 1, comma 5, D.L. n. 39/1996; circ.

INPS n. 322 del 10.12.1994).

(117) Art. 1, comma 11, D.L. n. 39/1996.

(118) Art. 14, L . 451/1994, Art. 25, comma 5, L . 223/1991 e Art. 1, comma 2, D.L. n. 39/1996.

(119) Circ.

INPS n. 119 del 2.5.1995.

(120) Art. 1, comma 11, D.L. 180/1996.

(121) Art. 1, comma 17, D.L. 180/1996.

(122) Art. 1, comma 3, D.L. 180/1996.

(123) Art. 1, comma 10, D.L. n. 39/1996; circ.

INPS n. 270 del 2.11.1995.

(124) Art. 1, comma 11, D.L. n. 39/1996; circ.

INPS n. 270 del 2.11.1995.

(125) Art. 1, comma 9, D.L. n. 39/1996; circ.

INPS n. 191 del 7.7.1995.

(126) Art. 9, comma 6, lett. a) L. 223/1991.

(127) Art. 9, comma 6, lett. b) L. 223/1991.

In questo caso gli effetti della cancellazione si verificano non dal momento della richiesta ma dal momento della effettiva corresponsione dell’indennità in un’unica soluzione.

(128) Art. 9, comma 6, lett. c) L. 223/1991.

Gli effetti della cancellazione si verificano dal momento della scadenza del periodo di godimento dei trattamenti e delle indennità di cui agli Artt.7, 11, comma 2 e 16 e non da quello dell’accertamento del direttore dell’UPLMO. Appare pertanto opportuno che gli Uffici del lavoro acquisiscano tempestivamente dall’INPS la documentazione concernente la posizione dei lavoratori in ordine alla durata del periodo di godimento del trattamento di mobilità e alla indicazione della data di scadenza.

La normativa vigente individua alcune situazioni sulle quali la scadenza del periodo di godimento dell’indennità non dà luogo a cancellazione.

a) In particolare, (v. Art. 6, comma 4, della L. 236/1993) i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità non vengono computati ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell’indennità.

b) Per effetto delle proroghe dei trattamenti di integrazione salariale (di cui ai commi 9, 12 e 13, dell’Art. 6 della L. 236/1993) viene altresì prolungato il periodo di iscrizione nelle liste di mobilità anche per l’arco temporale per il quale i lavoratori interessati non percepiscono la relativa indennità (comma 9).

(129) Art. 4, comma 2, L . 236/1993.

I lavoratori iscritti nelle liste di mobilità che non fruiscano del relativo trattamento sono cancellati dalle liste alle medesime scadenze previste per coloro che hanno diritto all’indennità, in base all’età e all’ubicazione dell’unità produttiva di provenienza.

Alla luce di quanto disposto dall’Art. 4, comma 2, della L. 236/93, ai lavoratori iscritti nelle liste che non beneficino dell’indennità si applicano, per analogia, le disposizioni sul collocamento dei lavoratori in mobilità (Art. 8 L . 223/91), anche al fine di non creare differenziazioni nelle procedure di gestione delle liste tra le diverse categorie di lavoratori iscritti.

(130) Art. 9, comma 1, lett. a) L. 223/1991.

(131) Art. 9, comma 1, lett. b) L. 223/1991.

Particolare importanza rivestono le problematiche evidenziatesi in relazione alla cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità a seguito di rifiuto di un’offerta di lavoro che presenti le caratteristiche di equivalenza professionale ovvero che presenti omogeneità anche intercategoriale e che sia inquadrato in un livello retributivo non inferiore al 10% rispetto alle mansioni di provenienza.

In tal caso per poter procedere alla cancellazione appare necessario che gli Uffici del lavoro, previa convocazione delle parti, acquisiscano la documentazione comprovante la corrispondenza dell’offerta a quanto previsto dal citato Art. 9, comma 1, lett. b) e la volontà del lavoratore di non accettarla; a tal proposito si ritiene che l’offerta di lavoro debba riferirsi ad un impiego a tempo pieno e indeterminato, essendo l’iscrizione nelle liste di mobilità finalizzata prioritariamente al conseguimento di un’occupazione che presenti tali caratteristiche.

Si ritiene che la cancellazione non possa avvenire qualora sussista per il lavoratore un giustificato motivo di rifiuto dell’offerta di lavoro come, ad es., quando il rifiuto sia connesso con l’offerta di una occupazione più vantaggiosa per il lavoratore.

È inoltre da sottolineare che la possibilità di rifiutare, senza conseguenza sulla permanenza in lista di mobilità, l’offerta di impiego a tempo determinato, deve essere riconosciuta al lavoratore anche in considerazione del fatto che la sussistenza di un rapporto a termine potrebbe costituire un impedimento all’accettazione di una eventuale offerta di impiego a tempo indeterminato.

Infatti, la cessazione anticipata di un rapporto di lavoro a termine per recesso del lavoratore senza che ci si trovi in presenza di un fatto che nella sua obiettiva entità, insindacabilmente valutato dal giudice di merito, rivesta carattere giustificativo, comporta per il lavoratore stesso una precisa responsabilità per le conseguenze dannose del suo adempimento (v. nota del Ministero del lavoro, D.G. dei rapporti di lavoro, n. 25097/70 del 20.1.1995).

La posizione attuale dell’INPS, peraltro, è quella di non riconoscere, tanto in conseguenza di un rifiuto ingiustificato che di dimissioni ingiustificate, il diritto dell’interessato a continuare a percepire la prestazione a far tempo dalla data del rifiuto stesso o delle dimissioni;

l’indennità invece potrà essere nuovamente concessa, sempre ad avviso dell’INPS, in presenza di un valido e dimostrato motivo che giustifichi il comportamento dell’interessato.

Si ricorda che, ai sensi dell’Art. 6, comma 5, L . 236/1993, non può essere cancellata dalla lista di mobilità la lavoratrice che, in un periodo di astensione obbligatoria o facoltativa per materni rifiuti l’offerta di lavoro, di impiego in opere e servizi di pubblica utilità, ovvero l’avviamento a corsi di formazione professionale.

Si sottolinea l’importanza anche sul piano sociale delle norme in favore delle lavoratrici, non solo nei termini della maggiore tutela nei casi di astensione obbligatoria o facoltativa per maternità, ma anche nel senso di indicare espresse disposizioni in difesa dell’occupazione femminile (v. in particolare l’Art. 4, comma 4 e Art. 6, comma 5 bis, L. 236/1993).

(132) Art. 9, comma 1, lett. d) L. 223/1991.

(133) Va premesso che non è richiesta la doppia iscrizione nelle liste di mobilità ed in quelle di collocamento ordinario. Pertanto tra i casi di cancellazione dalle liste non è ricompreso quello determinato dalla dichiarazione di decadenza per mancata conferma dello stato di disoccupazione, per cui si ritiene che per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità tale fattispecie non possa trovare applicazione, anche se resta fermo che lo stato di disoccupazione costituisce il presupposto per la conservazione del diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità, con le eccezioni di cui all’Art. 8, comma 6, della citata legge 223/1991. Gli Uffici del lavoro sono tenuti a segnalare l’eventuale stato di occupato di un lavoratore iscritto nella lista di mobilità ai fini della cancellazione dalla lista medesima.

Inoltre, la durata della permanenza nelle liste di mobilità è “predeterminata” in relazione ai requisiti soggettivi del lavoratore e all’ubicazione dell’unità produttiva di provenienza, a differenza dell’iscrizione nelle liste di collocamento. Una ulteriore diversità consiste nell’organo collegiale che dispone la cancellazione dalle liste;

infatti, nell’ipotesi di mancata conferma dello stato di disoccupazione l’organo competente è la Commissione circoscrizionale per l’impiego, mentre per le liste di mobilità le procedure di approvazione, aggiornamento e cancellazione sono affidate alle Commissioni regionali per l’impiego (v. ora le modifiche apportate dall’Art. 2, comma 4, L . 451/1994 in tema di cancellazione dalle liste di mobilità).

Infine, ulteriore e fondamentale differenza è data dal fatto che mentre l’iscrizione nelle liste di collocamento ordinario è rimessa alla sola volontà dell’interessato, l’iscrizione nelle liste di mobilità, con l’eccezione dei casi previsti dall’Art. 4, comma 1, L . 236/1993, è una conseguenza automatica del passaggio dello stato di occupato a quello di collocato in mobilità, con le procedure previste dalla L. 223/1991.

Constatato l’elevato numero di iscritti nelle liste di mobilità, si reputano, comunque, necessari periodici interventi ricognitivi, finalizzati al reimpiego di detti lavoratori ed anche indirettamente al controllo dello stato di disoccupazione. A tal fine le CRI potranno individuare modalità di convocazione dei lavoratori per realizzare attraverso interviste opportuni aggiornamenti delle
chede informative già compilate, in conformità anche a quanto previsto dall’Art. 6, comma 5 ter, L. 236/1993.

(134) Art. 6, commi 7 e 8, L . 236/1993 e Art. 2, L . 451/1994.

L’incompatibilità tra indennità di mobilità e trattamento pensionistico deriva dalla circostanza che è ritenuto essenziale per l’iscrizione (e la permanenza) in lista di mobilità lo status di disoccupato, che non è riconoscibile al pensionato.

(135) Art. 2, comma 4, L . 451/1994, che ha modificato l’Art. 9, comma 3, L . 223/1991.

(136) Art. 9, comma 7, L . 223/1991.

(137) Nota del Ministero del lavoro, D.G. dell’impiego, n. 391O7MC/236-6 del 6.12.1995.

(138) Art. 9, comma 8, L . 223/1991.

(139) V. Art. 2, comma 6, L . 451/1994.

La formulazione della norma suscita notevole incertezza interpretativa in ordine alla possibilità di applicazione ai lavoratori in mobilità assunti da aziende non rientranti nel campo di applicazione della disciplina della mobilità.

(140) Cfr. circ. INPS n. 211 del 9.8.1991 che richiama, per la differente formulazione della norma relativa al finanziamento dell’intervento straordinario di cassa integrazione, anche INPS” w:st=”on”>la circ. INPS n. 19 del 25.1.1991.

(141) Art. 1, comma 1, e Art. 16, comma 1, L . 223/1991.

(142) Art. 12, comma 3, L . 223/1991.

(143) Circ. INPS n. 44 del 15.2.1995; circ. INPS n. 207 del 25.7.1995, che reca in allegato la circ. del Ministero del lavoro n. 47 del 5.4.1995.

(144) Art. 4, L . 270/1988; circ.

INPS n. 19 del 25.1.1991.

(145) Art. 5, comma 4, L . 223/1991; circ. INPS n. 238 del 1° agosto 1994, che richiama, nella premessa, le circolari precedentemente emesse sul contributo di ingresso alla mobilità e cioè: n. 212 del 9.8.1991, n. 36 del 10.2.1992, n. 197 del 30.7.1992, n. 93 del 20.4.1993 e n. 130 del 29.4.1994.

(146) Fatta eccezione per le imprese sottoposte a procedure concorsuali e di liquidazione esercenti pubblici servizi di trasporto in concessione.

(147) Il contributo di ingresso alla mobilità è ridotto alla meta per le imprese industriali, costituite ed operanti in determinate zone economico territoriali, con forza occupazionale da cinque a quindici dipendenti, che sono entrate nella disciplina della mobilità per il periodo contributivo 1.10.1992/28.2.1993 (cfr. circ. INPS n. 260 del 12.11.1992 e n. 236 del 30.7.1994).

(148) Art. 5, comma 4, L . 223/1991; circ. INPS n. 197 del 30.7.1992.

(149) Licenziamenti intimati dopo il 13.2.1993. Art. 3, comma 1, D.L. 31/1993 e Art. 8, comma 1, D.L. 57/1993, i cui effetti giuridici sono stati fatti salvi dalla L. 236/1993 di conversione del D.L. 148/1993; circ. INPS n. 93 del 20.4.1993.

(150) Art. 4, comma 3, L . 223/1991; circ. INPS n. 212 del 9.8.1991.

(151) Art. 4, comma 4, D.M. 17.2.1993, n. 142.

Tale decreto è stato emanato ai sensi dell’Art. 7, comma 5, L . 223/1991 ed è entrato in vigore il 16.5.1993, giorno successivo alla pubblicazione nella G.U. (cfr. circ. INPS n. 238 del 1° agosto 1994).

(152) Sulle modalità di conguaglio per l’importo a credito dell’impresa, cfr. circ. INPS n. 36 del 10.2.1992; sulle modalità di versamento dell’importo a debito, cfr. circ. INPS n. 197 del 30.7.1992 e circ. n. 238 del 1° agosto 1994.

(153) Art. 8, comma 8, L . 236/1993; circ. INPS n. 93 del 20.4.1993.

(154) Art. 5, comma 6, L . 223/1991; circ. INPS n. 197 del 30.7.1992; circ. INPS n. 141 del 26.5.1992.

(155) Art. 5, comma 8, L . 451/1994; Art. 4, comma 21, D.L. n. 39/1996.

(156) Cfr. Art. 8, commi 5 e 6, L . 236/1993; Art. 1, comma 2, L . 56/1994; e successive proroghe nella decretazione di urgenza.

(157) Cfr. circ. INPS n. 197 del 30.7.1992 e n. 238 del 1° agosto 1994.

(158) Cfr. circ. INPS n. 130 del 29.4.1994, n. 238 del 1° agosto 1994 e n. 101 dell’11 aprile 1995.

(159) Art. 3, comma 3, L . 223/1991.

(160) Cfr. circ. INPS n. 93 del 20.4.1993.

(161) Art. 5, comma 5, L . 223/1991, modificato dall’Art. 2, comma 2, L . 451/1994; circ. INPS n. 81 del 24.3.1995.

(162) Circ. INPS n. 81 del 24.3.1995.

INPS n. 107 del 16.5.1988.

(164) Art. 7, comma 5, L . 223/1991; circ. INPS n. 238 del 1° agosto 1994.

(165) Il D.M. 17.2.1993, n. 142, è stato pubblicato nella G.U. n. 112 del 15.5.1993 ed è entrato in vigore il 16.5.1993.

(166) Si evidenziano, sotto forma di quesiti, alcuni orientamenti contenuti nel testo o che hanno formato oggetto di apposito parè


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