Politiche dei Redditi e Assetti Contrattuali (Accordo Interconfederale 23 Luglio 1993)

Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione e sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo del 23 luglio 1993

Art. 1

(Politica dei redditi e dell’occupazione)

La politica dei redditi è uno strumento indispensabile della politica economica, finalizzato a conseguire una crescente equità nella distribuzione del reddito attraverso il contenimento dell’ inflazione e dei redditi nominali, per favorire lo sviluppo economico e la crescita occupazionale mediante l’ allargamento della base produttiva e una maggiore competitività del sistema delle imprese.
In particolare il governo, d’ intesa con le parti sociali, opererà con politiche di bilancio tese:

  1. all’ ottenimento di un tasso di inflazione allineato alla media dei paesi comunitari economicamente piè virtuosi;
  2. alla riduzione del debito e del deficit dello Stato e alla stabilità valutaria.

L’ attuale fase d’ inserimento nell’ Unione europea sottolinea la centralità degli obiettivi indicati e la necessità di pervenire all’ ampliamento delle opportunità di lavoro attraverso il rafforzamento dell’efficienza e della competitività delle imprese, con particolare riferimento ai settori non esposti alla concorrenza internazionale e della pubblica amministrazione.
Una politica dei redditi così definita, unitamente all’ azione di riduzione dell’inflazione, consente di mantenere l’ obiettivo della difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici.
Le parti ritengono che azioni coerenti di politica di bilancio e di politica dei redditi, quali quelle sopraindicate, concorreranno ad allineare il costo del denaro in Italia con quello del resto d’ Europa
Il governo dichiara di voler collocare le sessioni di confronto con le parti sociali sulla politica dei redditi in tempi coerenti con i processi decisionali in materia di politica economica, in modo da tener conto dell’esito del confronto nell’ esercizio dei propri poteri e delle proprie responsabilità.
Sessione di maggio-giugno. Saranno indicati, prima della presentazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, gli obiettivi della politica di bilancio per il successivo triennio.
La sessione punterà a definire, previa una fase istruttoria che selezioni e qualifichi gli elementi di informazione necessari comunicandoli preventivamente alle parti, con riferimento anche alla dinamica della spesa pubblica, obiettivi comuni sui tassi d’ inflazione programmati, sulla crescita del Pil e sull’ occupazione.
Sessione di settembre. Nell’ ambito degli aspetti attuativi della politica di bilancio, da trasporre nella legge finanziaria, saranno definite le misure applicative degli strumenti di attuazione della politica dei redditi, individuando le coerenze dei comportamenti delle parti nell’ ambito dell’ autonomo esercizio delle rispettive responsabilità.
Impegni delle parti. A partire dagli obiettivi comuni sui tassi di inflazione programmata il governo e le parti sociali individueranno i comportamenti da assumere per conseguire i risultati previsti.
I titolari d’ impresa, tra cui lo Stato e i soggetti pubblici gestori di imprese, perseguiranno indirizzi di efficienza, innovazione e sviluppo delle proprie attività che, nelle compatibilità di mercato, siano tali da poter contenere i prezzi entro livelli necessari alla politica dei redditi. Il governo come datore di lavoro terrà un coerente comportamento anche nella contrattazione delle retribuzioni dei pubblici dipendenti e nelle dinamiche salariali non soggette alla contrattazione.
Le parti perseguiranno comportamenti, politiche contrattuali e politiche salariali coerenti con gli obiettivi di inflazione programmata.
Nell’ambito delle suddette sessioni il governo definirà i modi e i tempi di attivazione di interventi tempestivi di correzione di comportamenti difformi dalla politica della concorrenza attivando tutte le misure necessarie a una maggiore apertura al mercato. Il governo dovrà altresì disporre di strumenti fiscali e parafiscali, con particolare riferimento agli oneri componenti il costo del lavoro, atti a dissuadere comportamenti difformi.
Si ribadisce l’opportunità di creare idonei strumenti per l’accertamento delle reali dinamiche dell’intero processo di formazione dei prezzi. È perciò necessaria la costituzione di uno specifico Osservatorio dei prezzi, che verifichi le dinamiche sulla base di appositi studi economici di settore.
Rapporto annuale sull’ occupazione. Nella sessione il governo predisporrà un rapporto annuale sull’ occupazione, corredato di dati aggiornati per settori e aree geografiche, nel quale saranno identificati gli effetti sull’ occupazione del complesso delle politiche di bilancio, dei redditi e monetarie, nonché dei comportamenti dei soggetti privati.
Sulla base di tali dati il governo sottoporrà alle parti le misure, rientranti nelle sue responsabilità, capaci di consolidare la base occupazionale. Tra esse, con particolare riguardo alle aree di crisi occupazionale e con specifica attenzione alla necessità di accrescere l’ occupazione femminile così come previsto dalla legge 125/91:

  1. la programmazione e, quando necessaria, l’ accelerazione degli investimenti pubblici, anche di concerto con le amministrazioni regionali; b) la programmazione coordinata del Fondo per l’occupazione e degli altri fondi avendo rilievo per l’ occupazione, compresa la definizione e finalizzazione delle risorse destinate all’attivazioni di nuove iniziative produttive economicamente valide; c) la definizione di programmi di interesse collettivo, predisposti dallo Stato d’intesa con le Regioni, nei quali avvalersi di giovani disoccupati di lunga durata e di lavoratori in cigs o in mobilità, affidando la realizzazione di tali programmi a soggetti qualificati e verificandone costantemente l’ efficacia e gli effetti occupazionali attraverso gli organi preposti; d) la programmazione del Fondo per la formazione professionale e dell’ utilizzo dei fondi comunitari, d’intesa con le Regioni.

Art. 2

(Assetti contrattuali)
  1. Gli assetti contrattuali prevedono: Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria; Secondo livello di contrattazione, aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori.
  2. Il CCNL ha durata quadriennale per la materia normativa e biennale per la materia retributiva.
    La dinamica degli effetti economici del contratto sarà coerente con i tassi di inflazione programmata assunti come obiettivo comune. Per la definizione di detta dinamica sarà tenuto conto delle politiche concordate nelle sessioni di politica dei redditi e dell’occupazione, dell’obiettivo mirato della salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni, delle tendenze generali dell’economia e del mercato del lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del settore. In sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali ulteriori punti di riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra l’inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, da valutare anche alla luce di eventuali variazioni delle ragioni di scambio del paese, nonché dell’andamento delle retribuzioni.
  3. La contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL Le erogazioni del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, avendo come obiettivo incrementi di produttività, di qualità e altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, compresi i margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordo tra le parti, eccedente quella eventualmente già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di CCNL, nonché ai risultati legati all’ andamento economico dell’ impresa.
    Le parti prendono atto che, in ragione della funzione specifica e innovativa degli istituti della contrattazione aziendale e dei vantaggi che da essi possono derivare all’ intero sistema produttivo attraverso il miglioramento dell’ efficienza aziendale e dei risultati di gestione, ne saranno definite le caratteristiche e il regime contributivo-previdenziale mediante un apposito provvedimento legislativo promosso dal governo, tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica e della salvaguardia della prestazione previdenziale dei lavoratori.
    La contrattazione aziendale territoriale è prevista secondo le modalità e negli ambiti di applicazione che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria nello spirito dell’ attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle piccole imprese. II contratto nazionale di categoria stabilisce anche la tempistica, secondo il principio dell’ autonomia dei cicli negoziali, le materie e le voci nelle quali essa si articola.
    Al fine dell’ acquisizione di elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti valutano le condizioni dell’ impresa e del lavoro, le sue prospettive di sviluppo anche occupazionale, tenendo conto dell’ andamento e delle prospettive della competitività e delle condizioni essenziali di redditività.
    L’ accordo di secondo livello ha durata quadriennale. Nel corso della sua vigenza le parti, nei tempi che saranno ritenuti necessari, svolgeranno procedure di informazione, consultazione, verifica o contrattazione previste dalle leggi, dai CCNL, dagli accordi collettivi e dalla prassi negoziale vigente, per la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali quali le innovazioni tecnologiche, organizzative e i processi di ristrutturazione che influiscono sulle condizioni di sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in relazione alla legge sulle pari opportunità.
  4. II CCNL di categoria definisce le procedure per la presentazione delle piattaforme contrattuali nazionali, aziendali o territoriali, nonché i tempi di apertura dei negoziati al fine di minimizzare i costi connessi ai rinnovi contrattuali ed evitare periodi di vacanze contrattuali.
    Le piattaforme contrattuali per il rinnovo dei CCNL saranno presentate in tempo utile per consentire l’ apertura delle trattative tre mesi prima della scadenza dei contratti. Durante tale periodo, e per il mese successivo alla scadenza, le parti non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette. La violazione di tale periodo di raffreddamento comporterà come conseguenza a carico della parte che vi avrà dato causa l’ anticipazione o lo slittamento di tre mesi del termine a partire dal quale decorre l’ indennità di vacanza contrattuale.
  5. II governo si impegna a promuovere, entro la fine del 1997, un incontro di verifica tra le parti finalizzato alla valutazione del sistema contrattuale previsto dal presente protocollo al fine di apportare, ove necessario, gli eventuali correttivi.
    Indennità di vacanza contrattuale. Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza del CCNL ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione.
    L’importo di tale elemento sarà pari al 30 per cento del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa l’ex indennità di contingenza.
    Dopo sei mesi di vacanza contrattuale detto importo sarà pari al 50 per cento dell’inflazione programmata. Dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata.
    Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori.
    Rappresentanze sindacali. Le parti, al fine di una regolamentazione del sistema di relazioni industriali e contrattuali, concordano quanto segue:

    1. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente protocollo riconoscono come rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole unità produttive quella disciplinata dall’intesa quadro tra CGIL, CISL, UIL sulle Rappresentanze sindacali unitarie, sottoscritta in data 1° marzo 1991.
      Al fine di assicurare il necessario raccordo tra le organizzazioni stipulanti i contratti nazionali e le rappresentanze aziendali delle deleghe assegnate dai contratti medesimi la composizione delle rappresentanze deriva per 2/3 da elezione da parte di lavoratori e per 1/3 da designazione o elezione da parte di organizzazioni stipulanti il CCNL, che hanno presentato liste, in proporzione ai voti ottenuti.
    2. Il passaggio dalla disciplina delle Rsa a quello delle Rsu deve avvenire a parità di trattamento legislativo e contrattuale, nonché a parità di costo per l’ azienda in riferimento a tutti gli istituti.
    3. La comunicazione all’ azienda e all’ organizzazione imprenditoriale di appartenenza dei rappresentanti sindacali componenti le Rsu ai sensi del punto a) sarà effettuata per iscritto a cura delle organizzazioni sindacali.
    4. Le imprese, secondo modalità previste nei CCNL, metteranno a disposizione delle organizzazioni sindacali quanto è necessario per lo svolgimento delle attività strumentali all’ elezione delle predette sentenze sindacali unitarie, come, in particolare, l’ elenco dei dipendenti e gli spazi per l’ effettuazione delle operazioni di voto e di scrutinio.
    5. La legittimazione a negoziare al secondo livello le materie oggetto di rinvio da parte del CCNL è riconosciuta alle rappresentanze sindacali unitarie e alle organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori aderenti alle organizzazioni stipulanti il medesimo CCNL, secondo le modalità determinate dal CCNL
    6. Le parti auspicano un intervento legislativo finalizzato a una generalizzazione dell’ efficacia soggettiva dei contratti collettivi aziendali che siano espressione della maggioranza dei lavoratori, nonché all’ eliminazione delle norme legislative in contrasto con tali princìpi. II governo si impegna a emanare un apposito documento legislativo inteso a garantire l’ efficacia erga omnes nei settori produttivi dove essa appaia necessaria al fine di normalizzare le condizioni concorrenziali delle aziende.

Nota. Il presente capitolo sugli assetti contrattuali contiene princìpi validi per ogni tipo di rapporto di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione resta fermo il dl 29/1993.

Nota. CGIL, CISL, UIL e CNA Casa e C.L.A.A.I. dichiarano che per quanto riguarda la struttura contrattuale e retributiva l’ Accordo interconfederale 3 agosto-3 dicembre 1992 tra le organizzazioni dei lavoratori e artigiane per il comparto dell’ artigianato è compatibile con il presente protocollo, fatta salva la clausola di armonizzazione prevista dall’ Accordo interconfederale stesso nella norma transitoria

Art. 3

(Politiche del lavoro)

Il governo predisporrà un organico disegno di legge per modificare il quadro normativo in materia di gestione del mercato del lavoro e delle crisi occupazionali, al fine di renderlo piè adeguato alle esigenze di un lavoro attivo e consensuale e di valorizzare le opportunità occupazionali che il mercato del lavoro può offrire se dotato di una piè ricca strumentazione che lo avvicini agli assetti in atto negli altri paesi europei.
Il disegno di legge verrà redatto, attraverso un costruttivo confronto con le parti sociali, sulla base delle linee guida di seguito indicate.
Il governo si impegna, inoltre, a completare la disciplina del mercato del lavoro operata con la legge n. 223/91, integrandola con la nuova normativa sul collocamento obbligatorio per invalidi già in discussione in Parlamento.
Gestione delle crisi occupazionali

  1. Revisione della normativa della cassa integrazione aziendale onde renderla piè funzionale al governo delle eccedenze di personale e delle connesse vertenze. Si dovrà mirare, in particolare, alla semplificazione e accelerazione delle procedure di concessione dell’ intervento, prevedendo un termine massimo di quaranta giorni. Nell’ ambito dei limiti finanziari annuali stabiliti dal Cipi, il ministro del Lavoro gestisce l’ intervento con l’ ausilio degli organi periferici e centrali, di governo del mercato del lavoro.
    L’ intervento della cigs per crisi può essere richiesto dall’ impresa anche durante le procedure iniziate ai sensi dell’ Art. 24 della legge 223/91 quando sia intervenuto accordo sindacale in vista dell’obiettivo di ricercare soluzioni funzionali al reimpiego dei lavoratori eccedenti con la collaborazione degli organismi periferici del ministero del Lavoro, e in particolare delle Agenzie per l’ impiego, della Regione, delle associazioni imprenditoriali e dei lavoratori o degli enti bilaterali da esse costituiti.
  2. Previsione delle modalità per la valorizzazione del contributo che le Regioni e gli enti locali possono offrire alla composizione delle controversie in materia di eccedenze del personale attraverso l’utilizzazione delle competenze in materia di formazione professionale e di tutte le altre risorse di cui essi dispongono.
  3. Con la gradualità richiesta dalle condizioni della finanza pubblica, elevazione del trattamento ordinario di disoccupazione, sino al 40 per cento, per consentire un suo piè efficiente impiego sia da un punto di vista generale, per soddisfare in maniera adeguata le protezione del reddito e le esigenze di razionale governo del mercato del lavoro, sia, in particolare, con riferimento ai settori che ricadono nel campo di applicazione della cigs nonché alle forme di lavoro discontinuo e stagionale.
  4. Adozione di misure legislative che fino al 31 dicembre consentano alle imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti nel campo di applicazione della cigo, di usufruire di quest’ultimo trattamento in termini piè ampi degli attuali. Modificazione della disciplina della cigo, prevedendo che nel computo della durata del predetto trattamento il periodo settimanale venga determinato con riferimento a un monte ore correlato al numero di dipendenti occupati nell’ impresa.
  5. Al fine di conseguire il mantenimento e la crescita occupazionale nel settore dei servizi si ritiene ormai matura una riconsiderazione del sistema degli sgravi contributivi concessi in alcune aree del paese, del sistema di fiscalizzazione degli oneri sociali, nonché degli ammortizzatori sociali, al fine dell’ approntamento di una disciplina di agevolazione e di gestione delle crisi che tenga conto delle peculiarità operative del settore terziario. Si prevede pertanto l’istituzione di un tavolo specifico, coordinato dal ministero del Lavoro, con le parti del settore, e delle diverse categorie in esso incluse, per la predisposizione dei necessari provvedimenti di legge, in armonia con la politica della concorrenza a livello comunitario, e nel quadro delle compatibilità finanziarie del bilancio dello Stato.

Occupazione giovanile e formazione

  1. Il contratto di apprendistato va mantenuto nella funzione tradizionale di accesso teorico-pratico a qualifiche specifiche di tipo tecnico. Ne va comunque valorizzata la funzione di sviluppo della professionalità, anche mediante l’intervento degli enti bilaterali e delle Regioni per il successivo inoltro al Fondo sociale europeo. In relazione all’ ampliamento dell’ obbligo scolastico sarà consentito, attraverso la contrattazione collettiva, uno spostamento della soglia di età.
  2. La disciplina del contratto di formazione lavoro va ridefinita prevedendo una generalizzazione del limite di età a trentadue anni, e individuando due diverse tipologie contrattuali, che consentano di modularne l’ intervento formativo e la durata in funzione delle diverse esigenze.
    Ferme rimanendo le attuali disposizioni in materia di durata massima del contratto, per le professionalità medio-alte sarà previsto un potenziamento e una migliore programmazione degli impegni formativi.
    Per le professionalità medio-basse, ovvero per quelle piè elevate che richiedano solamente un’ integrazione formativa, il contratto di formazione lavoro per il primo anno di durata sarà caratterizzato da formazione minima di base (informazione sul rapporto di lavoro, sulla specifica organizzazione del lavoro e sulla prevenzione ambientale e antinfortunistica) e da un’ acquisizione formativa derivante dall’ esperienza lavorativa e dall’ affiancamento. I contratti collettivi potranno inquadrare i giovani assunti con questa tipologia di contratto a livelli inferiori rispetto a quelli cui esso è finalizzato.
    Non potranno aver luogo assunzioni con il contratto di formazione lavoro presso imprese nelle quali non sia stato convertito a tempo indeterminato almeno il 60 per cento dei contratti di formazione lavoro stipulati precedentemente.
    Va inoltre prevista una verifica dei risultati formativi raggiunti, da compiere, con la partecipazione degli enti bilaterali, secondo la classificazione Cee delle qualifiche, e che potrà consistere, per le qualifiche medio-alte, in un’ apposita certificazione. Le Regioni dovranno disciplinare, secondo criteri uniformi, le modalità di accesso dei progetti formativi ai finanziamenti del Fondo sociale europeo. L’ armonizzazione con il sistema formativo avverrà nella riforma della legge 845/1978.

Riattivazione del mercato del lavoro.

  1. Nell’ ambito delle iniziative previste nella sezione “politica dei redditi e dell’ occupazione”, oltre ai programmi di interesse collettivo a favore dei giovani disoccupati del Mezzogiorno ivi previsti per agevolare l’ insediamento di nuove iniziative produttive nelle aree deboli, di cui alla legge 488/92, le parti sociali potranno contrattare appositi pacchetti di misure di politica attiva, di flessibilità e di formazione professionale, con la collaborazione delle Agenzie per l’ impiego e delle Regioni. Tali pacchetti potranno prevedere una qualifica di base e la corresponsione di un salario corrispondente alle ore di lavoro prestato, escluse le ore devolute alla formazione.
  2. Saranno definite le azioni positive per le pari opportunità uomo-donna che considerino l’ occupazione femminile come una priorità nei progetti e negli interventi, attraverso la piena applicazione delle leggi n. 125 e n. 215, un ampliamento del loro finanziamento, una loro integrazione con gli altri strumenti legislativi e contrattuali, con particolare riferimento alla politica attiva del lavoro.
  3. Ferme restando le misure già approntate sui contratti di solidarietà, si procederà a una modernizzazione della normativa vigente in materia di regimi di orario, valorizzando pienamente le acquisizioni contrattuali del nostro paese e sostenendone l’ ulteriore sviluppo nella tutela dei diritti fondamentali alla sicurezza, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dell’ occupazione e l’ incremento della competitività delle imprese.
  4. Per rendere piè efficiente il mercato del lavoro va disciplinato anche nel nostro paese il lavoro interinale. La disciplina deve offrire garanzie idonee a evitare che il predetto istituto possa rappresentare il mezzo per la destrutturazione di lavori stabili. In particolare il ricorso al lavoro interinale sarà consentito alle aziende del settore industriale e terziario, con esclusione delle qualifiche di esiguo contenuto professionale. II ricorso al lavoro interinale sarà ammesso nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi dell’ azienda, nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti nonché nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali applicati dall’ azienda utilizzatrice. La disciplina deve prevedere che l’ impresa fornitrice sia munita di apposita autorizzazione pubblica; che i trattamenti economici e normativi del rapporto di lavoro alle dipendenze delle dette imprese siano disciplinati da contratti collettivi; che si agevoli la continuità del rapporto con l’ impresa fornitrice; che quest’ ultima si impegni a garantire un trattamento minimo mensile; che il lavoratore abbia diritto, per i periodi lavorati presso l’ impresa utilizzatrice, a un trattamento non inferiore a quello previsto per i lavoratori dipendenti da quest’ ultima. Trascorsi sei mesi senza che sia intervenuta la stipula del contratto collettivo, la disciplina, che sarebbe stata di competenza dello stesso, sarà emanata con regolamento del ministro del Lavoro, sentite le parti sociali. Dopo due anni di applicazione, va prevista una verifica tra le parti, promossa dal governo, mirante a valutare la possibilità di un ampliamento dell’ ambito di applicazione dell’ istituto
  5. Forme particolari di lavoro a tempo determinato, gestite da organismi promossi o autorizzati dalle Agenzie per l’ impiego, possono essere previste in funzione della promozione della ricollocazione e riqualificazione dei lavoratori in mobilità o titolari di trattamenti speciali di disoccupazione. Il ministro del Lavoro si impegna ad approfondire la possibilità di una riforma delle Agenzie per l’ impiego mirata a consentire ad esse di operare nel predetto campo, escludendo comunque l’ipotesi dell’ instaurazione di un rapporto di lavoro con le stesse.
  6. Il ministro del Lavoro si impegna a predisporre, attraverso il confronto con le parti sociali, una riforma degli strumenti di governo del mercato del lavoro agricolo, mirata a favorire l’ occupazione e un uso piè efficiente e razionale delle risorse pubbliche.
  7. Il ministro del Lavoro si impegna a ridefinire l’ assetto organizzativo degli uffici periferici del ministero del Lavoro perché questi possano adempiere ai necessari compiti di politica attiva del lavoro e di esprimere il massimo di sinergie con la Regione e le parti sociali Si impegna inoltre perché ne risulti un rafforzamento della funzione ispettiva.

Art. 4

(Sostegno al sistema produttivo)
  1. Ricerca e innovazione tecnologica. Nella nuova divisione internazionale del lavoro e delle produzioni tra le economie dei paesi piè evoluti e le nuove vaste economie caratterizzate da bassi costi del lavoro, un piè intenso e diffuso progetto tecnologico è condizione essenziale per la competitività dei sistemi economico-industriali dell’Italia e dell’Europa. Negli anni novanta scienza e tecnologia dovranno assumere, piè che nel passato, un ruolo primario.
    Una piè intensa ricerca scientifica, una piè estesa innovazione tecnologica e una piè efficace sperimentazione dei nuovi processi e prodotti saranno in grado di assicurare il mantenimento nel tempo della capacità competitiva dinamica dell’ industria italiana. Alle strutture produttive di ricerca scientifica e tecnologica il paese deve guardare come a uno dei principali destinatari di investimenti per il proprio futuro.
    Ma non basta incrementare le risorse, occorre avviare quell’effettivo progresso scientifico-tecnologico per l’ industria che nasce prevalentemente dal lavoro organizzato di strutture adeguatamente dotate di uomini e mezzi, impegnati permanentemente in singoli campi o settori. È in particolare nell’ organizzazione strutturata dell’ attività di ricerca che si alimentano le reciproche sollecitazioni a lavorare nei diversi campi di indagine, che si favorisce lo scambio di conoscenze, che si moltiplicano e si accelerano gli effetti indotti dell’ indagine e della sperimentazione.
    Pari urgenza e importanza riveste per il paese l’ obiettivo dell’ innovazione tecnologica nelle attività di servizio, commerciali e agricole. L’ efficienza e l’ evoluzione tecnologica dei servizi (da quello bancario a quello del trasporto, a quello dei servizi di telecomunicazione e di informatica) sono condizione essenziale per la concorrenzialità delle imprese in ogni settore di attività.
    E, d’ altra parte, la modernizzazione dell’ agricoltura, oltre a preservare importanti quote del reddito nazionale e contenere il deficit della bilancia commerciale, costituisce, se raccordata alla ricerca scientifica, il mezzo privilegiato di un’ effettiva politica di difesa del territorio e di tutela dell’ equilibrio ambientale fondata sulla continuità della presenza e dell’ attività delle comunità rurali.
    L’ attuale sistema della ricerca e dell’ innovazione è inadeguato a questi fini. Occorre una nuova politica per dotare il paese di risorse, strumenti e “capitale umano” di entità e qualità appropriata a un sistema innovativo, moderno finalizzato e orientato dal mercato. Interventi mirati a dare al paese un’ adeguata infrastruttura di ricerca scientifica e tecnologica industriale si dovranno ispirare al consolidamento, adeguamento e armonizzazione delle strutture esistenti, alla realizzazione di nuove strutture di adeguata dimensione nonché a una sempre maggiore interconnessione tra pubblico e privato. Tutto ciò nelle tre direzioni:

    1. del riordino, valorizzazione e rafforzamento delle strutture di ricerca pubbliche quali l’ università, il Cnr, l’ Enea, anche in direzione di una migliore finalizzazione delle loro attività;
    2. della valorizzazione delle strutture organizzate interne alle imprese;
    3. della creazione di strutture di ricerca esterne sia ai complessi aziendali che alle strutture pubbliche, alla cui promozione, sostegno e amministrazione siano chiamati soggetti privati e pubblici in forme costitutive diverse.
      Tra gli obiettivi della politica dei redditi va annoverato quello della creazione di adeguati margini nei conti economici delle imprese per le risorse finalizzate a sostenere i costi della ricerca.
      Per supportare un’ infrastruttura scientifica e tecnologica che sostenga un sistema di ricerca e innovazione si richiede:

      1. La presentazione al Parlamento entro tre mesi del piano triennale della ricerca ai sensi dell’ Art. 2 della legge 168 del 1989, al fine di definire le scelte programmatiche, le modalità per il coordinamento delle risorse, dei programmi e dei soggetti, nonché le forme attuative di raccordo tra politica nazionale e comunitaria. La presentazione di tale piano sarà preceduta da una consultazione con le parti sociali.
      2. Un aumento e una razionalizzazione delle risorse destinate all’attività di ricerca e all’ innovazione, concentrando gli interventi nelle aree e nei settori prioritari del sistema produttivo italiano privilegiando le intese e le sinergie realizzate in sede europea, anche rafforzando l’ azione sul sistema delle piccole e medie imprese e sui loro consorzi. A tali fini saranno adottate misure di rifinanziamento, riorientamento e, ove necessario, di riforma della legislazione esistente. In particolare il rifinanziamento è necessario per le leggi 46/82 e 346/88 per la ricerca applicata, per le nuove finalità dell’intervento ordinario nelle aree depresse del paese, per la legge 317/91.
      3. L’introduzione, attraverso la presentazione di un apposito provvedimento legislativo, di nuove misure automatiche di carattere fiscale e contributivo, in particolare mediante la defiscalizzazione delle spese finalizzate all’attività di ricerca delle imprese, nonché la deducibilità delle erogazioni liberali a favore di specifici soggetti operanti nel campo di ricerca.
      4. La revisione e semplificazione del regime esistente di sostegno alle imprese, con l’obiettivo di accelerare i meccanismi di valutazione dei progetti e di erogazione dei fondi.
      5. L’attivazione e il potenziamento di “luoghi” di insediamento organico di iniziative di ricerca, quali i parchi scientifici e tecnologici, con la finalità, tra l’altro, di promuovere la nascita di istituti dedicati alla ricerca settoriale interessante le problematiche specifiche dell’economia del territorio funzionali alla crescita e alla nascita di iniziative imprenditoriali private. Si potranno collocare in tale ambito e nelle forme di collaborazione che esso comporta tra università, enti pubblici e imprese i progetti rivolti all’innovazione tecnologica nei settori di interesse prioritario delle amministrazioni locali quali, in primo luogo, la tutela dell’ambiente, le reti locali e i sistemi di mobilità. Per il reperimento delle risorse necessarie potrà essere utilizzato lo strumento degli accordi di programma previsto dall’articolo 3, comma 3, della legge 168/89 con specifici finanziamenti. Al finanziamento di tali iniziative dovranno concorrere capitali privati.
      6. Il ricorso al mercato finanziario e creditizio, ad oggi praticamente inoperante, attraverso la creazione di appositi canali e l’utilizzo di specifici strumenti capaci di attrarre capitali di rischio su iniziative e progetti nel settore della ricerca e dell’innovazione. Interessanti prospettive possono discendere dalla recente introduzione di nuovi intermediari finanziari rivolti al capitale di rischio (fondi chiusi, fondi di investimento, venture capital, previdenza complementare).
      7. Lo sviluppo di progetti di ricerca promossi dalle imprese sui quali far convergere la collaborazione delle università. Un piè stretto rapporto tra mondo dell’impresa e mondo dell’università potrà inoltre rilanciare, anche attraverso maggiori disponibilità finanziarie, una politica di qualificazione e formazione delle “risorse umane”, in grado di creare nuclei di ricercatori che, strettamente connessi con le esigenze delle attività produttive, possono generare una particolare attenzione anche ai processi di sviluppo delle piccole e medie imprese.
      8. L’attivazione di programmi di diffusione e trasferimento delle tecnologie a beneficio delle piccole e medie imprese e dei loro consorzi, che costituiscono obiettivo rilevante dei parchi tecnologici e scientifici, per i quali sono già previsti appositi stanziamenti di risorse, anche attraverso la rivitalizzazione delle stazioni sperimentali.
      9. La valorizzazione, nel processo di privatizzazione e riordino dell’apparato industriale pubblico, del patrimonio di ricerca e innovazione presente al suo interno.
      10. L’attivazione di una politica della domanda pubblica maggiormente standardizzata e qualificata, attenta ai requisiti tecnologici dei prodotti, nonché volta alla realizzazione di un sistema di reti tecnologicamente avanzate. A tali fini acquisisce particolare importanza il collegamento sistematico con l’attività delle strutture di coordinamento settoriale, immediatamente attivabile con l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, ed estendibile ai settori della sanità e del trasporto locale.
        Per consentire la realizzazione degli obiettivi fin qui indicati è necessario che la spesa complessiva per il sistema della ricerca e dello sviluppo nazionale, pari all’1,4 per cento del Pil, cresca verso i livelli su cui si attestano i paesi piè industrializzati, 2,5-2,9 per cento del Pil. Il tendenziale recupero di tale differenza è condizione essenziale perché la ricerca e l’ innovazione tecnologica svolgano un ruolo primario per rafforzare la competitività del sistema produttivo nazionale. In tale quadro appare necessario perseguire nel prossimo triennio l’obiettivo di una spesa complessiva pari al 2 per cento del Pi. Tale obiettivo non può essere realizzato con le sole risorse pubbliche. Queste dovranno essere accompagnate da un’ accresciuta capacità di autofinanziamento delle imprese, da una maggiore raccolta di risparmio dedicato, da una maggiore propensione di investimento nel capitale di rischio delle strutture di ricerca e delle imprese ad alto contenuto innovativo. Dovrà necessariamente registrarsi l’ avvio di un crescente impegno delle autonomie regionali e locali nell’ ambito delle risorse proprie.
        Presso la presidenza del Consiglio dei ministri sarà periodicamente svolto un confronto tra i soggetti istituzionali competenti e le parti sociali per una verifica dell’ evoluzione delle politiche e delle azioni sopra descritte nonché dell’ efficacia degli strumenti a tali fini predisposti.
  2. Istruzione e formazione professionale. Le parti condividono l’ obiettivo di una modernizzazione e riqualificazione dell’ istruzione e dei sistemi formativi, finalizzati all’ arricchimento delle competenze di base e professionali e al miglioramento della competitività del sistema produttivo e della qualità dei servizi. Tale processo comporta da un lato decisi interventi di miglioramento e sviluppo delle diverse tipologie di offerte formative, dall’ altro un’ evoluzione delle relazioni industriali e delle politiche aziendali per la realizzazione della formazione per l’ inserimento, della ri-qualificazione professionale, della formazione continua. Risorse pubbliche e private dovranno contribuire a questo scopo. Su queste premesse il governo e le parti sociali ritengono che occorra:
    1. Un raccordo sistematico tra il mondo dell’ istruzione e il mondo del lavoro, anche tramite la partecipazione delle parti sociali negli organismi istituzionali dello Stato e delle Regioni dove vengono definiti gli orientamenti e i programmi e le modalità di valutazione e controllo del sistema formativo.
    2. Realizzare un sistematico coordinamento interistituzionale tra i soggetti protagonisti del processo formativo (ministero del Lavoro, ministero della Pubblica istruzione, ministero dell’ Università e della ricerca scientifica, Regioni) al fine di garantire un’ effettiva gestione integrata del sistema.
    3. Istituire il Consiglio nazionale della formazione professionale, presso il ministero del Lavoro con i rappresentanti dei ministeri su indicati, del ministero dell’ Industria, delle Regioni e delle Parti sociali.
    4. Realizzare prontamente l’ adeguamento del sistema di formazione professionale con la revisione della legge quadro 845/78, secondo le linee già prefigurate, tenuto conto dell’ apporto che può essere fornito dal sistema scolastico:
      1. rilievo dell’ orientamento professionale come fattore essenziale;
        definizione di standard formativi unici nazionali coerenti con l’ armonizzazione in atto in sede comunitaria;
      2. ridefinizione delle responsabilità istituzionali tra il ministero del Lavoro (potere di indirizzo e ruolo di garanzia sulla qualità della formazione e sulla validazione dei suoi risultati) e Regioni (ruolo di progettazione dell’ offerta formativa coerentemente con le priorità individuate nel territorio); in questo ambito alla Conferenza Stato-Regioni dovrà essere affidato il compito di ricondurre a un processo unitario di programmazione e valutazione le politiche formative;
      3. ruolo decisivo degli osservatori della domanda di professionalità istituiti bilateralmente dalle parti sociali;
      4. specifica considerazione degli interventi per i soggetti deboli del mercato;
      5. sistema gestionale pluralistico e flessibile;
      6. avvio della formazione continua.
    5. Elevare l’età dell’obbligo scolastico a sedici anni, mediante iniziativa legislativa che, fra l’altro, valorizzi gli apporti che al sistema scolastico possono essere offerti da interventi di formazione professionale; per assicurare la maggiore efficacia sociale a tale obiettivo esso dovrà essere accompagnato dalla messa a punto di strumenti idonei alla prevenzione e al recupero della dispersione scolastica, individuando tra l’ altro in tale attività uno dei possibili campi di ap-plicazione dei programmi di interesse collettivo.
    6. Portare a termine la riforma della scuola secondaria superiore, nell’ ottica della costruzione di un sistema per il Duemila, integrato e flessibile tra sistema scolastico nazionale e formazione professionale ed esperienze formative sul lavoro sino a diciotto anni di età.
    7. Valorizzare l’ autonomia degli istituti scolastici e universitari e delle sedi qualificate di formazione professionale, per allargare e migliorare l’ offerta formativa post-qualifica, post-diploma e post-laurea, con particolare riferimento alla preparazione di quadri specializzati nelle nuove tecnologie, garantendo il necessario sostegno legislativo a tali percorsi formativi.
    8. Finalizzare le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,30 a carico delle imprese (legge 845/78) alla formazione continua, al di là di quanto previsto nel dl n. 57/93, privilegiando tale asse di intervento nella futura riforma a livello comunitario del Fondo sociale europeo.
    9. Prevedere un piano straordinario triennale di riqualificazione e aggiornamento del personale, ivi compresi i docenti della scuola e della formazione professionale, per accompagnare il decollo delle linee di riforma su indicate.
  3. Finanza per le imprese e internazionalizzazione. Per il pieno inserimento del sistema produttivo italiano e quello europeo e per l’ effettiva integrazione dei mercati finanziari italiani in quelli comunitari, occorre affrontare in tutta la sua portata il problema del trattamento fiscale delle attività economiche e delle attività finanziarie. Si tratta di un vasto campo di riforme da svolgere in armonia con gli obiettivi di controllo e di risanamento del bilancio pubblico per superare le numerose distorsioni del sistema attuale e rendere piè equilibrate le condizioni operate dai mercati nel finanziamento delle imprese.
    L’ esigenza di reperire le risorse utili alla crescita richiede un mercato finanziario piè moderno ed efficace, in grado di assicurare un maggior raccordo diretto e diffuso tra risparmio privato e imprese, anche ampliando la capacità delle imprese di ricorrere a nuovi stru-menti di provvista.
    Va affrontato il problema del ritardo dei pagamenti del settore statale al sistema produttivo al fine di eliminare un ulteriore vincolo alla finanza d’ impresa, attraverso la predisposizione di procedure, anche con eventuali possibili forme di compensazione, che impediscano il ripetersi dei ritardi.
    A tal fine vanno introdotti nel nostro ordinamento con rapidità i fondi chiusi e i fondi immobiliari, va sviluppata la previdenza complementare, va dato impulso alla costituzione dei mercati mobiliari locali, vanno favorite forme di azionariato diffuso anche se in gestione fiduciaria, va infine sviluppata una politica delle garanzie, che tenga conto anche delle iniziative comunitarie.
    Si favorirà altresì la costituzione e lo sviluppo di consorzi di garanzia rischi, di consorzi produttivi tra imprese e di imprese di venture capital anche attraverso l’ uso della 317/91. Quanto al sistema degli intermediari finanziari e alle possibilità concesse agli stessi dal recepimento della II direttiva sulle banche, va facilitata l’ operatività nel campo dei finanziamenti a medio termine e di quelli miranti a rafforzare il capitale di rischio delle imprese, in primo luogo accelerando i processi di concentrazione e privatizzazione del sistema bancario e di una sua apertura alla concorrenza internazionale, in secondo luogo rimuovendo contestualmente gli ostacoli che ritardano l’ attuazione concreta della suddetta direttiva. Per aumentare la penetrazione delle imprese italiane nei mercati internazionali occorre definire strumenti piè efficaci e moderni per la politica di promozione e per il sistema di assicurazione dei crediti all’export. Dovrà essere sviluppata la capacità di promozione e gestione di strumenti operativi che riducano il rischio finanziario quali il project financing e il counter trade, anche promuovendo una piè incisiva capacità di trading gestito da operatori nazionali.
    È necessario razionalizzare e rendere piè trasparente l’intervento pubblico a sostegno della presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali, considerando anche le esigenze delle piccole e medie imprese, facilitando l’accesso di tutti gli operatori alle informazioni e aumentando le capacità istruttorie al fine di rendere piè produttivo l’uso delle risorse pubbliche e di orientare queste su obiettivi economici strategici e di politica estera definiti a livello di governo e in confronto con le imprese. Appare inoltre importante garantire un coerente coordinamento dei soggetti preposti al rafforzamento della penetrazione all’estero del sistema produttivo per offrire una piè vasta e coordinata gamma di strumenti operativi.
    In questo quadro va riformata la Sace, aumentandone la capacità di valutazione dei progetti e del rischio paese. L’attività di copertura dei rischi di natura commerciale va nettamente separata da quella connessa ai rischi politici e svolta in piè stretta collaborazione con le società assicurative private.
  4. Riequilibrio territoriale, infrastrutture e domanda pubblica. La situazione di crisi e le tensioni che si registrano in Italia si presentano differenziate a livello territoriale. In queste condizioni un processo di ripresa economica, in assenza di una politica di riequilibrio territoriale, rischia di produrre un aumento del divario tra aree di declino industriale, aree di squilibri tra domanda e offerta di lavoro.
    La tradizionale politica sulle aree deboli, incentrata soltanto sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno, appare superata dai recenti provvedimenti governativi. Questi disegnano una nuova strategia di intervento, orientata su di una politica regionale “ordinaria” piè ampia, mirata a sostenere e creare le premesse per lo sviluppo economico di tutte le aree deboli del paese.
    Tale politica deve essere, inoltre, coordinata con i nuovi strumenti comunitari che divengono parte integrante dell’azione per il sostegno allo sviluppo e, allo stesso tempo, criterio guida per la definizione delle modalità e dell’intensità degli interventi. Occorre, pertanto, giungere a un’ottimizzazione delle risorse finanziarie provenienti dai Fondi strutturali della Cee, assicurandone il pieno utilizzo, soprattutto in vista del programma 1994-1999.
    Il ministro del Bilancio e della programmazione economica diviene la sede centrale di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza per ottimizzare l’azione di governo e per massimizzare l’efficacia delle risorse pubbliche ordinarie a vario titolo disponibili. In questo modo sarà possibile dare maggiore trasparenza alle risorse destinate agli investimenti e assicurarne una piè rapida erogazione alle imprese. La creazione di un organo indipendente presso lo stesso ministro del Bilancio e della programmazione economica, quale l’Osservatorio delle politiche regionali, per verificare l’andamento e l’efficacia degli interventi delle aree deboli, rappresenta un’ulteriore iniziativa per garantire l’effettivo dispiegarsi della politica regionale.
    La politica regionale, oltre a flussi finanziari diretti allo sviluppo, dovrà prevedere una forte e mirata azione di sostegno alla riduzione delle diseconomie esterne, individuate nei diversi livelli di infrastrutturazione, nello sviluppo dei servizi a rete, nel funzionamento della pubblica amministrazione. Per conseguire tale obiettivo va rilanciata l’azione di programmazione degli investimenti infrastrutturali, riqualificando la domanda pubblica come strumento di sostegno alle attività produttive. In particolare, devono essere sostenuti gli investimenti nelle infrastrutture metropolitane, viarie e idriche, nei settori dei trasporti, energia e telecomunicazioni, nell’ ambiente e nella riorganizzazione del settore della difesa. A tal fine la presidenza del Consiglio dovrà assumere compiti e responsabilità di coordinamento della domanda e della spesa pubblica di investimenti, istituendo specifiche strutture di coordinamento, quale quella introdotta per la spesa di informatica nella pubblica amministrazione, a partire dai settori di maggiore interesse per lo sviluppo produttivo e sociale.
    Questa politica regionale dovrà, infine, consentire l’ avvio di azioni di politica industriale volte alla reindustralizzazione delle aree in declino industriale e alla promozione di nuove attività produttive. Il ministero del Bilancio e della programmazione economica e il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l’ occupazione, istituito presso la presidenza del Consiglio, svolgeranno un ruolo di indirizzo e di coordinamento delle iniziative in tali aree, che dovranno essere gestite con maggiore efficacia e formalizzazione e che saranno affidate alle agenzie e ai comitati oggi esistenti, anche mediante accordi di programma. La politica regionale dovrà, altresì, promuovere la realizzazione delle condizioni ambientali che consentano un recupero di competitività delle imprese agricole e turistiche, considerata la loro importanza sia sotto l’ aspetto produttivo, sia sotto quello della generazione di attività agro-industriali e di servizio a esse collegate. Gli investimenti pubblici, anche in presenza di forti ristrettezze di bilancio, devono essere rilanciati attraverso una piè efficace e piena utilizzazione delle risorse disponibili, riducendo la generazione di residui passivi per l’ insorgere di problemi procedurali e di natura allocativa. In questa direzione si muovono i provvedimenti recentemente varati dal governo e soprattutto la riforma degli appalti che appare idonea a rilanciare la realizzazione di opere di utilità pubblica oggi completamente ferme.
    Inoltre l’ azione di rilancio degli investimenti pubblici dovrà essere distribuita in modo tale da poter favorire l’ impiego aggiuntivo di risorse private, insistendo in modo particolare nelle aree dove piè grave è la crisi produttiva e occupazionale. Pertanto appare importante favorire il coinvolgimento del capitale privato, nazionale e internazionale nel finanziamento della dotazione infrastrutturale, garantendo la remunerazione dei capitali investiti, attraverso l’ utilizzo di apposite strutture di project financing. Tali strutture potrebbero interessare, in via sperimentale, le infrastrutture metropolitane, viarie e idriche.
    In questo quadro è necessario perseguire un dialogo costruttivo tra le amministrazioni pubbliche centrali e regionali e le parti sociali per definire le Iinee di intervento piè appropriate atte a promuovere le condizioni di sviluppo delle aree individuate, anche attraverso una valida politica di infrastrutturazione con particolare riferimento a quelle mirate allo sviluppo di attività produttive.
    I criteri di tale politica devono, pertanto, essere:

    1. la definizione di un nuovo ambito territoriale di intervento individuato in armonia con le scelte che verranno operate dalla Comunità europea;
    2. l’ individuazione di interventi infrastrutturali a livello regionale, interregionale e nazionale sulle grandi reti con l’ obiettivo della riduzione dei costi del servizio e la sua qualificazione tecnologica;
    3. il mantenimento di un flusso di risorse finanziarie anche nella fase transitoria di definizione del nuovo intervento regionale;
    4. il rafforzamento del decentramento delle decisioni a livello regionale, con la realizzazione di accordi di programma Stato-Regioni e attribuendo maggiore spazio al ruolo dei soggetti privati (partenariato);
    5. la revisione delle competenze delle amministrazioni interessate agli interventi pubblici e all’ erogazione dei pubblici servizi, ai fini di una loro maggiore efficienza, efficacia e tempestività;
    6. la concentrazione nelle aree individuate dell’ azione di qualificazione professionale del personale impiegato nelle realtà produttive a maggior specificazione tecnologica; g) la piena e completa attivazione della legge 371/91 al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi reali alle piccole e medie imprese.
      Gli strumenti guida attraverso cui sarà possibile sviluppare la nuova politica regionale possono essere così individuati:

      1. strutture di coordinamento settoriale (authority), sulla base delle analoghe iniziative intraprese a livello nazionale, inizialmente limitate al settore sanitario e in quello del trasporto locale;
      2. accordi di programma tra governo centrale e amministrazioni regionali, al fine di concentrare le scelte prioritarie per l’infrastrutturazione del territorio e accelerare le procedure relative ad atti di concessione e autorizzazione; c) norme specifiche tendenti a rimuovere ostacoli di natura procedurale (anche in conseguenza del decreto legislativo n. 29/93), che permettano una rapida approvazione e attuazione degli interventi. In tale quadro è necessario prevedere appropriati strumenti normativi finalizzati al riorientamento su obiettivi prioritari delle risorse disponibili, al fine di consentire una rapida cantierizzazione delle opere già approvate.
  5. Politica delle tariffe. Il protocollo del 31 luglio 1992 conteneva l’impegno del governo a perseguire una politica tariffaria per i pubblici servizi coerente con l’obiettivo di riduzione dell’inflazione. Tale obiettivo è stato perseguito, consentendo di ottenere risultati molto positivi. Al fine di mantenere l’obiettivo della riduzione dell’inflazione e, nel contempo, di consentire il mantenimento dei programmi di investimento sarà svolto un confronto con le parti per verificare la politica tariffaria, già definita e da definire, per il periodo 1993-1994.
    Una politica tariffaria di carattere europeo non può soltanto limitarsi al perseguimento di obiettivi di carattere macroeconomico, quali il contenimento dell’inflazione, bensì deve anche essere utilizzata per lo sviluppo di un efficiente sistema di servizi pubblici.
    La necessità di rilanciare la domanda pubblica e quella di investimenti del sistema delle imprese, unitamente all’avvio del processo di riordino delle società di gestione dei servizi pubblici, impone l’esigenza di superare la logica del contenimento delle tariffe e di avviarsi verso un sistema che dia certezza alla redditività del capitale investito in dette imprese e che non limiti lo sviluppo degli investimenti.
    A tal fine è necessario stimolare ampi recuperi di produttività, raccordare piè direttamente il livello delle tariffe ai costi effettivi del servizio, garantendo altresì adeguati margini di autofinanziamento in grado di favorire la realizzazione degli investimenti necessari. In questo quadro appare altrettanto importante prevedere una graduale correzione della struttura delle tariffe vigenti, per avvicinarla a quelle in vigore nei maggiori paesi europei. Dovranno essere liberalizzati i settori che non operano in regime di monopolio.
    Nella definizione dei criteri di determinazione tariffaria si dovranno inoltre tutelare le esigenze dell’utenza, anche con riferimento alle piccole e medie imprese e ai conseguenti effetti indotti sul livello dei prezzi, definendo standard qualitativi determinati, in linea con quelli vigenti nei maggiori paesi europei. Dovranno essere liberalizzati i settori che non operano in regime di monopolio.
    Nella definizione dei criteri di determinazione tariffaria si dovranno inoltre tutelare le esigenze dell’utenza, anche con riferimento alle piccole e medie imprese e ai conseguenti effetti indotti sul livello dei prezzi, definendo standard qualitativi determinati, in linea con quelli vigenti nei maggiori paesi industrializzati, su cui si eserciterà l’attività di regolazione.
    A tal fine, infatti, si dovranno istituire appropriate autorità autonome che, in sostituzione dell’attività attualmente svolta dalle amministrazioni centrali e dalle corrispondenti strutture, garantiscano, con una continua, indipendente e qualificata azione di controllo e regolamentazione, gli obiettivi sopra indicati. Dette autorità dovranno essere strutturate in modo tale da favorire l’espressione delle esigenze dell’utenza. Dovranno altresì adottare una metodologia di definizione dei prezzi dei pubblici servizi attraverso lo strumento del price cap e dei contratti di programma, che rispetti le differenti esigenze emergenti. Saranno previste conferenze di coordinamento tra dette autorità autonome al fine di assicurarne comportamenti coerenti.

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