Norme sui licenziamenti individuali (Legge 15 Luglio 1966 n. 604)

 

Art. 1

 

 

  1. Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilità non sia assicurata da norme di legge, di regolamento, e di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’Art. 2119 del Codice civile o per giustificato motivo (1) .

 

(1) Vedi l’Art. 2, co.1, della legge 11 maggio 1990, n. 108.

Art. 2

 

  1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
  2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato (1).
  3. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.
  4. Le disposizioni di cui al co.1 e di cui all’Art. 9 si applicano anche ai dirigenti (2).

 

(1) co. sostituito dall’Art. 1, co. 37, della Legge 28 giugno 2012, n. 92.
(2) Articolo così sostituito dall’art. 2, co. 2, della legge 11 maggio 1990, n. 108

Art. 3

 

  1. Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

 

Art. 4

 

  1. Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dell’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacabili è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata (1).

 

(1) Vedi l’Art. 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108.

Art. 5

 

  1. L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro.

 

Art. 6

 

  1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso (1).
  2. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo (2).
  3. A conoscere delle controversie derivanti dall’applicazione della presente legge è competente il pretore (3).

 

(1) co. sostituito dall’Art. 32, co. 1, della Legge 4 novembre 2010, n. 183.
(2) co. sostituito dall’Art. 32, co. 1, della Legge 4 novembre 2010, n. 183 e successivamente modificato dall’Art. 1, co. 38, della Legge 28 giugno 2012, n. 92. A norma del co. 39 del medesimo articolo 1, il termine di centottanta giorni si applica in relazione ai licenziamenti intimati dopo la data di entrata in vigore della suddetta Legge n. 92 del 2012 (18 luglio 2012). Per i licenziamenti intimati in data anteriore all’entrata in vigore di detta legge, il termine è di duecentosettanta giorni.
(3) Vedi l’Art. 5, co. 5, della legge 11 maggio 1990, n. 108.

Art. 7

 

  1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’Art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui all’Art. 3, seconda parte, della presente legge, qualora disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all’Art. 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.
  2. Nella comunicazione di cui al co. 1, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonchè le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
  3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’Art. 410 del codice di procedura civile.
  4. La comunicazione contenente l’invito si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
  5. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.
  6. La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al co. 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al co. 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
  7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di cui all’Art. 4, co. 1, lettere a), c) ed e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
  8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’Art. 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.
  9. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di cui al co. 3, la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni.

 

(1) Articolo sostituito dall’Art. 1, co. 40, della Legge 28 giugno 2012, n. 92. A norma del co. 41 del medesimo articolo 1, il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’Art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, oppure all’esito del procedimento di cui al presente articolo, come sostituito dal sudetto co. 40, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva; è fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.

Art. 8

 

  1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa piè di quindici prestatori di lavoro (1) (2) .

 

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2, co. 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108.
(2) A norma dell’Art. unico del D.P.R. 9 aprile 2003 è stato indetto referendum abrogativo relativo al presente articolo.

Art. 9

 

  1. L’indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro.

 

Art. 10

 

  1. Le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell’Art. 2095 del Codice civile e, per quelli assunti in prova, si applicano dal momento in cui l’assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro (1).

 

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non comprende gli apprendisti tra i beneficiari dell’indennità dovuta ai sensi dell’Art. 9 della presente legge. La Corte costituzionale, con sentenza 28 novembre 1973, n. 169, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui esclude gli apprendisti dall’applicabilità nei loro confronti degli Artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 11, 12, 13 di questa legge, nel corso del rapporto di apprendistato. La Corte costituzionale, con sentenza 16 dicembre 1980, n. 189, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro, che riveste la qualifica di impiegato o di operaio ai sensi dell’art. 2095 c.c. a percepire l’indennità di anzianità di cui all’art. 9 di questa legge, quando assunto in prova e licenziato durante il periodo di prova medesimo. La Corte costituzionale, con sentenza 3 aprile 1987, n. 96, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede l’applicabilità di questa legge al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione. La Corte costituzionale, con sentenza 31 gennaio 1991, n. 41, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede l’applicabilità di questa legge al personale navigante delle imprese di navigazione (aerea).

Art. 11

 

  1. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai datori di lavoro che occupano fino a trentacinque dipendenti e nei riguardi dei prestatori di lavoro che siano in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia o che abbiano comunque superato il 65° anno di età, fatte salve le disposizioni degli articoli 4 e 9. (1) (2)] .
  2. La materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è esclusa dalle disposizioni della presente legge (3).

 

(1) co. abrogato dall’art. 6, co. 2, della legge 11 maggio 1990, n. 108.
(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 27 giugno 1986, n. 176, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente co. (contenente norme sui licenziamenti individuali), nella parte in cui esclude l’applicabilità degli articoli 1 e 3 della presente legge nei riguardi dei prestatori di lavoro che, senza essere pensionati o in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia, abbiano superato il 65° anno di età.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 18 giugno 1986, n. 137, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui prevede il conseguimento della pensione di vecchiaia e, quindi, il licenziamento della donna lavoratrice per detto motivo, al compimento del cinquantacinquesimo di età anziché al compimento del sessantesimo anno come per l’uomo.

Art. 12

 

  1. Sono fatte salve le disposizioni di contratti collettivi e accordi sindacali che contengano per la materia disciplinata dalla presente legge, condizioni piè favorevoli ai prestatori di lavoro.

 

Art. 13

 

  1. Tutti gli atti e i documenti relativi ai giudizi o alle procedure di conciliazione previsti dalla presente legge sono esenti da bollo, imposta di registro e da ogni altra tassa o spesa.

 

Art. 14

 

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
  2. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

 

 

 

 

 

 


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