Potere disciplinare del datore di lavoro | ADLABOR

Lo schema si propone di fornire una disamina delle caratteristiche essenziali del potere disciplinare riconosciuto al datore di lavoro dalla legge (codice civile e statuto dei lavoratori) Si analizzano le condizioni di legittimità del potere disciplinare, le procedure imposte per il suo esercizio e limiti cui soggiace tale potere. Lo schema riporta altresì le principali pronunce giurisprudenziali in materia.

 

Potere disciplinare  

Definizione

(Cod. Civ. artt. 2106)

(L. 300/1970, art. 7)

 

 

 

(L. 604/1966, art. 3)

(Cod. Civ. art. 2119)

Il potere disciplinare del datore di lavoro consiste nella possibilità di definire gli aspetti relativi al comportamento dei suoi dipendenti e, a fronte di violazioni da parte del lavoratore subordinato degli obblighi di fedeltà e diligenza, di irrogare loro, nel rispetto delle procedure previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva, sanzioni di varia natura, sia mantenendo in essere il rapporto di lavoro (c.d. “sanzioni conservative”, quali ammonizioni, multe e sospensione dall’attività e dalla retribuzione), sia risolvendo il rapporto (c.d. “sanzioni espulsive”, quali licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa)
Note: nel rapporto di lavoro di somministrazione, l’art. 23 del D.Lgs. 276/2003 ha precisato come il datore di lavoro utilizzatore, che ha il diritto di esercitare i poteri direttivo, organizzativo e di controllo nei confronti del lavoratore somministrato, non ha invece il diritto di esercitare il potere disciplinare, riservato invece al datore di lavoro somministratore. Nel caso in cui l’utilizzatore riscontri atti, fatti e comportamenti disciplinarmente rilevanti da parte del lavoratore somministrato, dovrà comunicarli al somministratore, cui spetterà l’esercizio dell’azione disciplinare ai sensi dell’articolo 7 della legge 300/1970.
Datori di lavoro interessati Tutti i privati.

Le disposizioni della legge 300/70 in materia disciplinare si applicano anche agli enti pubblici che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività economica, nonchè a tutti altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.

Il datore di lavoro può delegare il suo potere disciplinare a suoi collaboratori

Lavoratori soggetti al potere disciplinare Tutti i lavoratori dipendenti dal datore di lavoro, a prescindere dalla categoria contrattuale di inquadramento
Note: Non sono soggetti al potere disciplinare del datore di lavoro utilizzatore i lavoratori somministrati.

E’ dubbio se siano soggetti al potere disciplinare del datore di lavoro distaccatario (utilizzatore) i lavoratori distaccati

Giurisprudenza: Le garanzie procedimentali dettate dall’art. 7, commi 2 e 3, l. 20 maggio 1970 n. 300 devono trovare applicazione anche nell’ipotesi di licenziamento di un dirigente, ciò a prescindere dalla specifica collocazione che lo stesso assuma nell’impresa e sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportamento negligente (o in senso lato colpevole) sia se a base del detto recesso ponga, comunque, condotte suscettibili di farne venir meno la fiducia. (Trib.  Perugia 22 maggio 2012 n. 355)
Limiti

 

 

(L. 300/1970, art. 2)

(L. 300/1970, art. 4)

(L. 300/1970, art. 5)

(L. 300/1970, art. 6)

(L. 300/1970, art. 8)

 

 

 

 

L’esercizio legittimo del potere disciplinare è subordinato:

a) al rispetto delle procedure previste dalla legge in materia di controlli, in particolare per quel che concerne :

– l’impiego di guardie particolari giurate;

– l’utilizzo di sistemi di controllo a distanza;

– gli accertamenti sanitari;

– le perquisizioni personali;

– le indagini su opinioni e fatti non rilevanti ai fini dell’attitudine professionale del lavoratore

b) al rispetto dei principi fondamentali in materia e cioè quelli:

– di correttezza e buona fede

– di tempestività (od immediatezza)

Giurisprudenza: Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, in materia disciplinare, il principio dell’immediatezza e della tempestività riguarda, ad un tempo, sia la contestazione degli addebiti sia l’irrogazione della sanzione e trova il suo fondamento nell’art. 7, 3° e 4° comma, L. n. 300 del 1970, che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa, che deve essere garantito nella sua effettività, soprattutto, nel senso di una contestazione ad immediato ridosso dei fatti contestati, sì da poter consentire al lavoratore l’allestimento del materiale difensivo (documentazione, testimonianze, ecc.) per contrastare nel modo più efficace il contenuto delle accuse rivoltegli dal datore di lavoro – tutto ciò senza considerare il giusto “affidamento” del prestatore, nel caso di ritardo nella contestazione, che il fatto “incriminabile” possa non avere rivestito una connotazione “disciplinare” dato che l’esercizio del potere disciplinare non è, per il datore di lavoro, un obbligo, bensì una facoltà (T.A.R.  Milano  Lombardia, 10 gennaio 2011 n. 8)

In tema di licenziamento per giusta causa, l’immediatezza della comunicazione del provvedimento espulsivo rispetto al momento della mancanza addotta a sua giustificazione, ovvero rispetto a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore; peraltro, il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustifichi o meno il ritardo. (Cass. 1 luglio 2010 n. 15649)

  – di riservatezza

– di proporzionalità

Giurisprudenza: La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente, in relazione alla sanzione disciplinare da applicare, costituisce espressione di discrezionalità non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. (Consiglio di Stato  sez. IV, 8 gennaio 2013 n. 28)
 

 

(L. 300/1970, art. 7)

 

 

 

– di progressività

– di decadenza (od oblio)

c) al rispetto delle procedure previste dalla legge o indicate dalla giurisprudenza in materia di esercizio del potere disciplinare, in particolare per quel che concerne :

– l’affissione del codice disciplinare;

Giurisprudenza: I comportamenti del lavoratore costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali sono sanzionabili con il licenziamento disciplinare a prescindere dalla loro inclusione o meno all’interno del codice disciplinare, ed anche in difetto di affissione dello stesso, purché siano osservate le garanzie previste dall’art. 7, commi secondo e terzo, della legge n. 300 del 1970 (Cass. 13 giugno 2012 n. 9644)

In tema di sanzioni disciplinari, la garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non trova applicazione laddove il licenziamento faccia riferimento a situazioni giustificative del recesso previste direttamente dalla legge o manifestamente contrarie all’etica comune oppure a situazioni concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro (Cass. 29 maggio 2012 n. 8535)

– gli accertamenti preliminari;

– la contestazione degli addebiti;

Note: nel settore dell’impiego privato, l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, quando questi ha sufficienti elementi per contestare l’addebito, deve essere esercitato al fine di rispettare il canone di tempestività e non si può aspettare l’esito del procedimento penale; il datore può eventualmente sospendere il procedimento disciplinare o l’applicazione della sanzione in attesa dell’esito del procedimenti penale.
– l’eventuale assistenza sindacale al lavoratore;

– le giustificazioni ed il rispetto dei relativi termini

– gli accertamenti approfonditi

– l’adozione delle sanzioni ed il rispetto dei relativi termini

– l’applicazione delle sanzioni

– la non utilizzazione di precedenti sanzioni decorsi due anni dalla loro adozione

 

 


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