Sieropositività (L. 5 Giugno 1990 n. 135, Artt. 5 e 6)

Corte Costituzionale Sentenza 2 giugno 1994 n. 218

Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS

– Omissis –

Art. 5

(Accertamento dell’infezione)
  1. L’operatore sanitario e ogni altro soggetto che viene a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di infezione da HIV, anche non accompagnato da stato morboso, è tenuto a prestare la necessaria assistenza e ad adottare ogni misura o accorgimento occorrente per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’interessato, nonché della relativa dignità (1) .
  2. Fatto salvo il vigente sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale dei casi di AIDS conclamato e le garanzie ivi previste, la rilevazione statistica della infezione da HIV deve essere comunque effettuata con modalità che non consentano l’identificazione della persona. La disciplina per le rilevazioni epidemiologiche e statistiche è emanata con decreto del Ministro della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali che dovrà prevedere modalità differenziate per i casi di AIDS e i casi di sieropositività (2).
  3. Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, nell’ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate (3).
  4. La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti.
  5. L’accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro (3).

(1) Comma sostituito dall’articolo 178 del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2004.
(2) Comma modificato dall’articolo 178 del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2004.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 2 giugno 1994, n. 218, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell’assenza di sieropositività all’infezione da HIV come condizione per l’espletamento di attività che comportano rischi per la salute dei terzi.

Art. 6

(Divieti per i datori di lavoro)
  1. E’ vietato ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro l’esistenza di uno stato di sieropositività.
  2. Si applica alle violazioni delle disposizioni contenute nel comma 1 il sistema sanzionatorio previsto dall’articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Corte Costituzionale, 2/6/1994, n. 218

Riconosciuta legislativamente l’esistenza di attività e servizi che comportano rischi per la salute dei terzi, derivanti dall’essere gli operatori addetti portatori di una malattia diffusiva quale l’Aids, ne segue la necessità, a tutela del diritto alla salute, di accertare preventivamente l’assenza di sieropositività per verificare l’idoneità dall’espletamento dei servizi che comportano questo rischio.

La tutela della salute implica e comprende il dovere dell’individuo di non porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell’interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di esso ad oneri particolari. In rapporto a questi principi la questione è fondata. La l. n. 135 del 1990 ha inteso dare “una prima risposta seria e non frammentaria all’eccezionale situazione di emergenza sociale determinato dalla allarmante diffusione dell’infezione da Hiv, patologia nuova e gravissima in espansione a livello non solo nazionale, ma mondiale (sent. n. 37 del 1991). Con evidente riferimento al principio di doverosa tutela della salute dei terzi, il legislatore, nella stessa l. n. 135 del 1990 (art. 7) e nel dettare una disciplina di settore per il personale appartenente alle forze di polizia (art. 15 d.l. 4 ottobre 1990 n. 276, conv. con modif. con la l. 30 novembre 1990 n. 359), ha riconosciuto l’esistenza di rischi di diffusione della malattia connessi allo svolgimento di determinate attività.


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