Tempo tuta – orario di lavoro – diritto alla retribuzione | ADLABOR | ISPER HR Review

Se il datore di lavoro richiede al lavoratore, per svolgere la prestazione lavorativa, di indossare una divisa od uno specifico indumento di lavoro, il tempo impiegato per indossarla e il tempo per rimuoverla è considerato orario di lavoro?

Il legislatore italiano, uniformandosi anche alla disciplina europea (DIRETTIVA 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, art. 2[1]), ha definito l’orario di lavoro come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro, e nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni” (art. 1 DLgs. 66/2003). Perciò secondo tale definizione è ricavabile il principio secondo il quale il tempo utilizzato dal lavoratore per indossare e rimuovere l’abbigliamento di lavoro va considerato orario di lavoro, trovandosi il lavoratore a disposizione del datore di lavoro. Rientrano quindi nell’orario di lavoro anche quelle attività preparatorie della prestazione che sono imposte dal datore di lavoro, quali ad esempio le modalità e la località in cui indossare gli indumenti di lavoro purché questi siano funzionali all’attività lavorativa.

La giurisprudenza ha ritenuto che il tempo necessario per indossare la divisa aziendale (c.d. “tempo tuta”) rientri nell’orario di lavoro se tale momento è assoggettato al potere di conformazione del datore di lavoro, e perciò di conseguenza al lavoratore deve essere riconosciuto il diritto alla retribuzione per il periodo impiegato per indossare e rimuovere gli indumenti di lavoro.

Tale principio si è consolidato nel tempo anche in Cassazione: “Nel Dlgs n. 66/2003 rientra nell’orario di lavoro il tempo in cui il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni. Il carattere ampio della formula legislativa indica una volontà legislativa di considerare non solo l’attività lavorativa in senso stretto, ma un concetto più flessibile ed esteso, che sicuramente integra operazioni strettamente funzionali alla prestazione. Peraltro nello svolgimento di tali operazioni è necessario che il lavoratore sia “a disposizione” del datore di lavoro, cioè soggetto al suo potere direttivo e disciplinare.

Il tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro (cd. tempo tuta) rientra nella cd. fase preparatoria all’esecuzione dell’obbligazione di lavorare e deve essere retribuito quando risulti etero-diretto dal datore di lavoro(Corte di Cassazione, Sezione L, Civile, Sentenza 8 febbraio 2012 n. 1840).

Inoltre, “Al fine di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale – c.d. tempo tuta – debba essere retribuito o meno, occorre distinguere: se è data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività rientra tra gli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa e, come tale, non deve essere retribuita; al contrario, se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, la stessa rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito(Corte di Cassazione, Sezione L, Civile, Sentenza 28 marzo 2018 n. 7738).

E ancora, “la Corte di appello si e’ uniformata al principio, per il quale “Nel rapporto di lavoro subordinato, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria in tema di orario di lavoro di cui alla direttiva n. 2003/88/CE (Corte di Giustizia UE del 10 settembre 2015 in C-266/14), il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell’orario di lavoro se e’ assoggettato al potere di conformazione del datore di lavoro)” (Corte di Cassazione, Sezione L, Civile, Ordinanza 12 novembre 2021 n. 34072).

Infine, la stessa Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito, ponendo attenzione alla funzione assegnata all’abbigliamento, che il “tempo tuta” costituisce tempo di lavoro solo se caratterizzato da eterodirezione (in mancanza della quale l’attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligo principale del lavoratore) e che questa può derivare non solo dall’esplicita disciplina di impresa, ma anche, implicitamente, dalla natura degli indumenti, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalita’ sociale dell’abbigliamento, o dalla specifica funzione che devono assolvere. Tale concetto è ravvisabile, a titolo esemplificativo, nella sentenza n. 8626/2020 della Corte di Cassazione: “nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario ad indossare l’abbigliamento di servizio (c.d. tempo tuta) costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l’attivita’ di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore e non da’ titolo ad autonomo corrispettivo”; e cio’, in quanto gli arresti piu’ recenti rappresentano uno sviluppo di quello precedente, or ora menzionato, ponendo l’accento sulla “funzione assegnata all’abbigliamento, nel senso che la eterodirezione puo’ derivare dall’esplicita disciplina di impresa, ma anche risultare implicitamente dalla natura degli indumenti, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalita’ sociale dell’abbigliamento, o dalla specifica funzione che devono assolvere”, per obbligo imposto. Da ultimo non va dimenticato che la normativa in materia di sicurezza spesso prevede di dover indossare dei dispositivi di protezione individuale che possono essere assimilati agli indumenti di lavoro ed anche in questo caso la loro vestizione potrebbe essere considerata orario di lavoro.

Note

[1] Art. 2, Direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio: “«orario di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività̀ o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali”.

Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 9 marzo 2021


Vedi Argomenti
error: Content is protected !!