Agenzia – Recesso del Promotore – Accertamento della Giusta Causa – Indennità di Fine Rapporto – (Tribunale di Rimini, Sezione Lavoro, Sentenza n. 449 del 18 Febbraio 2009)

REPUBBLICA ITALIANA
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE CIVILE – SETTORE LAVORO

in composizione monocratica in persona del giudice Eugenio Cetro pronuncia

SENTENZA

nella causa civile, col rito del lavoro, iscritta al n. 383/2003 riunente la causa n.384/2003 promosse da:

P.R., rappresentato e difeso dall’ Avv.to L. G., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rimini, via F.,163/e, in virtè di delega a margine del ricorso introduttivo

Ricorrente

contro:

Società “B.N.I. S.p.A,” ( già B.B.N. S.p.A. incorporante A.B. S.p.A. ), con sede in Milano, in persona dell’ Amministratore Delegato pro tempore,

e

Società “B.P.A. S.r.l.” ( già A.C. S.r.l. ), con sede in Lodi, entrambe rappresentate e difese unitamente e disgiuntamente dall’ Avv.to Massimo Goffredo del Foro di Milano e dall’ Avv.to Paolo Mancuso del Foro di Rimini, elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ ultimo in Rimini, via M. da F. n.36, in virtè di procura a margine della rispettiva memoria di costituzione dì nuovo difensore depositata l’08/09/2008

Convenute

NONCHÈ CONTRO

B.P.I. S.p.A., con sede in Lodi, in persona del legale rappresentante pro tempore,

Convenuta Contumace

OGGETTO: risoluzione del rapporto di agenzia del promotore finanziario, indnnità sostitutiva del preavviso, indennità di fine agenzia risarcimento del danno Posta in decisione sulle seguenti

CONCLUSIONI

  1. Il procuratore della parte ricorrente:
    (precisate nelle note illustrative depositate il 3-3-2008)
    “Voglia il giudice del lavoro, nel merito, ogni contraria istanza disattesa:

    QUANTO ALLA SOCIETÀ’ A.B. S.p.A. ora B.B.N.S.p.A.

    accertare e dichiarare l’ avvenuto recesso per giusta causa del ricorrente dal contratto di agenzia e conseguenti incarichi accessori in essere con A.B. S.p.A. ora B.B.N. S.p.A.;

    1. conseguentemente condannare la resistente al pagamento dell’ indennità di scioglimento del rapporto di agenzia dovuta, ai sensi e per gli effetti di cui all’ Art. 1751 c.c. (pertanto sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’ agente negli anni di rapporto inferiori a cinque) o, laddove piè favorevole, sulla base di quanto previsto dall’ Art. 12 dell’ A.E.C. settore commercio 2002 nelle sue diverse componenti (indennità di risoluzione del rapporto, indennità suppletiva di clientela, indennità meritocratica) così come quantificate nel ricorso introduttivo o alle maggiori O minori somme che risulteranno nel corso del giudizio mediante apposita CTU oltre ad interessi e rivalutazione monetaria dalla data dell’ evento al saldo effettivo;
    2. accertare e dichiarare il diritto del ricorrente al percepimento della somma complessiva di Euro 26.483,00 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, salva maggiore o minore somma che dovesse risultare nel corso del giudizio, oltre ad interessi e rivalutazione dalla data dell’ evento al saldo effettivo;
    3. accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla corresponsione della provvigioni maturate nel corso del rapporto e non corrisposte nonché degli ulteriori emolumenti previsti sub specie di bonus (cash personale e relativo alla produzione) così come sopra quantificati o alle maggiori o minori somme che residueranno in corso di giudizio oltre ad interessi rivalutazione monetaria dalla data dell’ evento al saldo;
    4. Accertare e dichiarare che la risoluzione del contratto è avvenuta per fatto e colpa della preponente e conseguentemente condannare la medesima al risarcimento del danno quantificato in Euro 100.000.000 (sic !), o alla diversa maggiore o minore somma che dovesse risultare nel corso del giudizio, oltre a interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo;
    5. Accertare e dichiarare l’ inadempimento di A.B. S.p.A. ora B.B.N. S.p.A. in ordine all’obbligo di corresponsione al ricorrente di quanto indebitamente trattenuto dai compensi maturati in suo favore nella misura indicata in € 2.958,00 o alla maggiore o minor somma che dovesse risultare all’ esito del giudizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla debenza al saldo effettivo;
    6. Vittoria nelle spese e onorari del presente giudizio”.

    QUANTO ALLA SOCIETÀ’ A.C. S.R.L.

    causa riunita n. 384/2003;
    “Voglia il giudice del lavoro, nel merito, ogni contraria istanza disattesa:

    1. accertare e dichiarare che il rapporto intercorso con A.C. s.r.l. è configurabile quale rapporto di agenzia:
    2. conseguentemente accertare e dichiarare l’ avvenuto recesso per giusta causa del ricorrente dal contratto di agenzia e conseguenti incarichi accessori in essere con A.C. S.r.l.;
    3. per l’ effetto condannare la resistente al pagamento dell’ indennità di scioglimento del rapporto di agenzia dovuta, ai sensi e per gli effetti di cui all’ Art. 1751 c.c. (pertanto sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’ agente negli anni di rapporto inferiori a cinque) o, laddove piè favorevole, sulla base di quanto previsto dall’ Art. 12 dell’ A.E.C, settore commercio 2002 nelle sue diverse componenti (indennità di risoluzione del rapporto, indennità suppletiva di clientela, indennità meritocratica) così come quantificate nel ricorso introduttivo o alle maggiori o minori somme che risulteranno nel corso del giudizio mediante apposita CTU oltre ad interessi e rivalutazione monetaria dalla data dell’ evento al saldo effettivo;
    4. accertare e dichiarare il diritto del ricorrente al percepimento della somma complessiva di Euro 13.603,00 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, salva maggiore o minore somma che dovesse risultare nel corso del giudizio, oltre ad interessi e rivalutazione dalla data dell’ evento al saldo effettivo;
    5. accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla corresponsione delle provvigioni maturate nel corso dei mesi di agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre 2001 e gennaio 2002 nonché degli ulteriori emolumenti previsti sub specie dì bonus (cash personale e relativo alla produzione) così come sopra quantificati o alle maggiori o minori somme che residueranno in corso dì giudizio oltre ad interessi rivalutazione monetaria dalla data dell’ evento al saldo;
    6. accertare e dichiarare che la risoluzione del contratto è avvenuta per fatto e colpa della preponente e conseguentemente condannare la medesima al risarcimento del danno quantificato in € 100.000.000, (sic !) o alla diversa maggiore o minore somma che dovesse risultare nel corso del giudizio, oltre a interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo;
    7. Accertare e dichiarare l’ inadempimento di A.C. s.r.l. in ordine all’ obbligo di corresponsione al ricorrente di quanto indebitamente trattenuto dai compensi maturati in suo favore nella misura indicata in € 2.958,00 o alla maggiore o minor somma che dovesse risultare all’esito del giudizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla debenza al saldo effettivo;
    8. Vittoria nelle spese e onorari del presente giudizio”.
  2. I procuratori delle parti convenute:

    Società “B.N.I. S.p.A.
    (già B.B.N. S.p.A. : incorporante A.B. S.p.A.):
    (precisate nella memoria di costituzione in giudizio depositata il 23-12-2003, pagine 14 e 15)
    “Voglia il giudice del lavoro, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione respinta, previe le piè opportune declaratorie, cosi giudicare:

    1. nel merito, in via principale: respingere tutte le domande avversarie;
    2. in via riconvenzionale: accertare i crediti vantati da A.B. S.p.A. e condannare ìl sig. P. a corrispondere la somma complessiva di € 30.319,72 (di cui € 18.286,28 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, € 5.577,73 a titolo di restituzione del premio provvigionale per violazione del patto di fedeltà, € 6.455,71 per provvigioni beneficiate in anticipo ed in seguito non maturate) e condannare il sig. P. a corrispondere l’ indennità sostitutiva del preavviso nonché le somme corrispondenti al saldo passivo del conto corrente, oltre ad interessi maturati dalla risoluzione del contratto al saldo effettivo”.
      – Società “B.P.A.S.r.l.” – (già A.C. S.r.l.):
      (precisate nella memoria di costituzione in giudizio depositata il 23-12-2003)
      “Voglia il giudice del lavoro, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le piè opportune declaratorie, così giudicare:
    3. in via preliminare: accertare e dichiarare la competenza del tribunale ordinario di Milano accertato che il rapporto di cui è causa non rientra tra quelli richiamati dall’ Art. 409 c.p.c.;
    4. in via principale: dichiarare inammissibile o comunque infondato il ricorso avversario e, di conseguenza, respingere tutte le domande avversarie;
    5. in via riconvenzionale: accertare il credito vantato dalla società A.C. s.r.l. e per gli effetti condannare il sig. P. a corrispondere nei suoi confronti la somma di €. 8.750,96 a titolo di recupero delle provvigioni anticipate e non maturate, oltre interessi legali maturati dal dovuto al saldo;
    6. accertare il credito vantato dalla società A.C. s.r.l. e per gli effetti condannare il sig. P. a corrispondere nei suoi confronti la somma di €. 1.801,81 a titolo di penale per la violazione del patto di fedeltà, contrattualmente previsto dalle parti;
    7. In via subordinata: accertare e dichiarare la competenza del tribunale di Milano io funzione di Giudice del lavoro;
    8. nella denegata ipotesi in cui il giudicante ritenesse di dover condannare A.C. s.r.l. a corrispondere alcunché al sig. P., ridurre le somme richieste dal ricorrente compensandole con il credito complessivo di €. 10.552,77 vantato dalla resistente o con la diversa o minor somma accertata in corso di causa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente proposto a norma dell’ Art. 414 c.p.c. il promotore finanziario P. R. conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Rimini, in funzione di giudice del lavoro, la società ex-preponente A.B. S.p.A. chiedendo l’ accertamento della giusta causa del recesso di esso ricorrente dal contratto di agenzia (e dagli incarichi accessori collegati) per fatto e colpa ascrivibili alla preponente.
Di conseguenza il ricorrente chiedeva la condanna della convenuta al pagamento delle somme dovute a titolo di indennità di cessazione del rapporto di agenzia per complessivi € 42.372,20 (di cui € 2.255,00 a titolo di indennità suppletiva di clientela ed € 20.000,00 a titolo di indennità c.d. meritocratica), di indennità sostitutiva del preavviso (determinata in € 26.483,00) nonché al risarcimento del danno, pari a 200mila euro, per la cessazione del rapporto di agenzia imputabile a condotta colposa della società.
Inoltre chiedeva (previo accertamento della regolarità dei versamenti effettuati dalla preponente all’ ENASARCO a titolo di indennità di risoluzione del rapporto), nell’ ipotesi in cui risultasse non assolto il relativo obbligo di versamento, la condanna della ex preponente al pagamento delle somme non accantonate.
Il ricorrente lamentava, infine, la mancata percezione delle provvigioni maturate in suo favore (nella misura indicata di Euro 2.958,00 ed indebitamente trattenute dalla preponente) nonché degli ulteriori emolumenti previsti sub specie di bonus (cash personale e relativo alla produzione).
A sostegno della domanda il ricorrente – fra le altre circostanze – esponeva di aver concluso in data 22-12-1999 con la preponente A.B. S.p.A. contratto di agenzia con riferimento alla promozione finalizzata alla conclusione di contratti aventi ad oggetto i servizi di investimento ed i servizi accessori nonché i prodotti e servizi bancali, assicurativi e finanziari (oltre a mandato aggiuntivo ed accessorio per l’ attività promozionale di supervisore in favore di A.B.).
Aggiungeva che dal giorno 8 agosto 2000 gli era stata riconosciuta la qualifica di Group Leader per lo sviluppo della rete dei promotori finanziari di Rimini ed il coordinamento dei promotori a lui assegnati dall’ ABC Manager R. A. (per tale incarico accessorio era previsto un ulteriore compenso provvigionale sub specie di overrides, ossia provvigioni indirette).
A latere di tali accordi esso P. aveva concluso con A.C. s.r.l. (braccio assicurativo del Gruppo A.) ulteriori contratti con cui riceveva l’ incarico di produttore ed intermediario (assicurativo).
Il P. sosteneva di aver sottoscritto i contratti attratto dalla proposta illustrata da R. A. (da poco giunto in A.B. con la qualifica di ABC Manager) il quale aveva prospettato condizioni assai favorevoli in base alla comune aspettativa della imminente apertura in Rimini di un punto vendita A.B. (compresa la collocazione di una postazione BANCOMAT attiva e passiva).
Il P., premesso che l’ azienda aveva condizionato tale apertura al raggiungimento di un portafoglio globale (da parte del gruppo di promotori finanziari coordinati dal R.) pari ad almeno 30 miliardi di lire in fatturato, budget effettivamente raggiunto fin dalla prima metà del 2000, lamentava che a fronte delle richieste di apertura del punto vendita, inoltrate dal suo referente R., la preponente, senza dare spiegazioni, aveva innalzato il budget minimo ad almeno 70 miliardi di lire per il periodo 2000-2001.
A fronte delle rimostranze del R. (fattosi latore del malcontento del gruppo dei promotori finanziari di Rimini) la preponente aveva dato risposta negativa, trincerandosi dietro una asserita mancanza dei fondi necessari per procedere alla apertura, argomento in realtà pretestuoso giacché la totalità delle spese (per un costo della operazione stimato di circa 400milioni di lire) sarebbe stata a carico esclusivo dell’ABC Manager R..
Il P. sosteneva che la mancata apertura del punto vendita (promessa da A.B. al R.) aveva determinato la crisi dell’ elemento fiduciario, aggravata dalla disorganizzazione e dal disinteresse della preponente per le esigenze del gruppo dei promotori finanziari coordinati in Rimini.
In particolare il ricorrente enumerava, quali circostanze che avevano provocato disaffezione e malcontento del gruppo dei promotori finanziari, il ritardo nel pagamento delle provvigioni agli agenti ed ai promotori finanziari con commissions versati dopo circa due mesi dalle scadenze previste nonché gli errori commessi nella indicazione del totale da fatturare ad opera dei promotori per importi agli stessi mai bonificati, senza contare la progressiva perdita di competitività.
A sostegno della tesi della risoluzione del rapporto di agenzia riconducibile alla iniziativa della preponente il ricorrente elencava alcuni episodi a suo dire quanto mai eloquenti: infatti nel settembre del 2001 la situazione divenne insostenibile per il progressivo sfaldamento del gruppo dei promotori finanziari di Rimini dovuto ai meccanismi di forte contrapposizione tra l’ azienda e l’ABC Manager, R., diretto referente di esso P..
Il ricorrente lamentava di non essere stato convocato alla riunione indetta per il 6 settembre 2001 in Villa V.; lamentava di non essere stato avvertito neppure per le riunioni plenarie indette rispettivamente a Bologna il 26 settembre ed a Pesaro il 4 ottobre 2001 senza che la preponente fornisse le richieste spiegazioni; lamentava altresì che un suo cliente primario (il dott. L.), era stato inopinatamente visitato da M. S. (promotore finanziario del gruppo di Rimini per A.B.), già nel luglio 2001.
Alla luce di tali fatti il P. sosteneva che la preponente aveva manifestato in tal modo l’ intenzione di costringerlo alle dimissioni e, pertanto, il 23 gennaio 2002, ” …preso atto della volontà di recedere immediatamente dal rapporto manifestato dall’ Azienda per facta concludentia…” attesa la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario portato dai gravi episodi narrati aveva chiesto alla preponente il pagamento delle indennità di scioglimento del rapporto di agenzia.
Radicatesi il contraddittorio, la convenuta, nella tempestiva | memoria di costituzione in giudizio, resisteva alla domanda del ricorrente, [ ritenuta infondata in fatto ed in diritto, atteso che il rapporto di agenzia si era svolto in maniera sostanzialmente regolare e senza particolari | difficoltà fino alla missiva del 5 ottobre 2001 del P. il quale, dichiarando di recedere immediatamente dal contratto di agenzia, accusava la banca di inadempienze che, secondo la convenuta, erano del tutto ingiustificate.
La convenuta, premesso di aver già richiesto al P., subito dopo la ricezione della missiva di recesso, il pagamento dell’ indennità sostitutiva del preavviso, ribadiva in sede giudiziale l’ inesistenza di una giusta causa di recesso anche perché essendo una banca “telematica” operava normalmente tramite l’ unica filiale in Segrate (MI) senza sportelli bancali e senza altre filiali dislocate nel territorio.
La convenuta riteneva verosimile che qualche promotore finanziario avesse paventato la possibilità di istituire un punto vendita di A.B. ovvero un negozio finanziario in Rimini, ma si trattava di parole spese da soggetti privi del potere di assumere impegni vincolanti per essa preponente.
La convenuta contestava punto per punto le altre circostanze esposte dal P. e spiegava, a sua volta, domanda riconvenzionale chiedendo la condanna del P. al pagamento della somma complessiva di € 30.319,72 (di cui € 18.286,28 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, € 5.577,73 a titolo di restituzione del premio provvigionale per violazione del patto di fedeltà, € 6.455,71 per provvigioni indebitamente incassate siccome non maturate).
Nella tempestiva memoria di risposta il P. convenuto in riconvenzione, eccepiva al improcedibilità delle domande svolte da A.B. S.p.A. per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione e, nel merito, deducendone la infondatezza ribadiva che la risoluzione del rapporto di agenzia era imputabile alla preponente che aveva agito secondo un disegno finalizzato ad isolare esso P. dal resto del gruppo dei promotori finanziari realizzando una situazione per molti aspetti vicina al mobbing.
Alla prima udienza, differita al 26 maggio 2004 a norma dell’ Art. 418 cod. proc. civ., risultava superata l’ eccezione di improcedibilità della riconvenzionale avendo il difensore della convenuta prodotto la richiesta 7 gennaio 2004 del tentativo di conciliazione innanzi alla direzione provinciale del lavoro di Rimini.
Con distinto ricorso ritualmente proposto a norma dell’ Art. 414 c.p.c. P. R. conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Rimini, in funzione di giudice del lavoro, la società A.C. S.r.l. chiedendo l’ accertamento della giusta causa del recesso di esso ricorrente dal contratto di agenzia (e dagli incarichi accessori in essere con A.C. S.r.l.) per fatto e colpa ascrivibili alla preponente.
Di conseguenza il ricorrente chiedeva la condanna della convenuta A.C. S.r.l. alle somme dovute a titolo di indennità di cessazione del rapporto (compresa l’ indennità suppletiva di clientela e l’ indennità c.d. meritocratica) e di indennità sostitutiva del preavviso nonché al risarcimento del danno, pari a 200mila euro, per la cessazione del rapporto dì agenzia imputabile a condotta colposa della società.
Inoltre chiedeva (previo accertamento della regolarità dei versamenti effettuati dalla preponente all’ ENASARCO a titolo di indennità di risoluzione del rapporto), nell’ ipotesi in cui risultasse non assolto il relativo obbligo di versamento, la condannare della ex preponente alle somme non accantonate.
A sostegno della domanda il ricorrente esponeva le stesse circostanze enunciate nella causa portante, trattandosi di contratti ed incarichi collegati.
Radicatesi il contraddittorio, la convenuta “B.P.A. S.r.l.” (già A.C. S.r.l.), nella tempestiva memoria di costituzione in giudizio, resisteva alla domanda del ricorrente, ritenuta infondata in fatto ed in diritto; in particolare deduceva che il P. aveva comunicato il recesso senza giustificato motivo dal rapporto di agenzia con A.B. S.p.A. e perciò, come conseguenza automatica, venivano a risoluzione anche gli accordi accessori in forza dell’Art. 10 della clausola contrattuale inserita nell’ allegato al contratto di collaborazione, sottoscritto in data 22-12-1999.
La convenuta eccepiva in via pregiudiziale l’ incompetenza per materia e territorio del tribunale di Rimini (in favore del tribunale di Milano avendo il procacciatore sottoscritto la clausola del foro convenzionale di Milano all’ Art. 3 dell’ accordo di collaborazione intermediari) atteso che il rapporto intercorso con il P., privo dei connotati della continuità della prestazione e soprattutto della stabilità, era riconducibile non al rapporto di agenzia ma a quello di procacciamento di affari considerato che l’ incarico era limitato alla segnalazione occasionale, senza alcun impegno di promozione stabile dei prodotti assicurativi.
In ogni caso la convenuta “B.P.A. S.r.l.” A.C. S.r.l., premesso che non potevano essere riconosciute al procacciatore sia l’ indennità sostitutiva del preavviso che le altre indennità tipiche della risoluzione del rapporto di agenzia, in riconvenzione chiedeva la condanna del P. alla restituzione della somma complessiva di € 8.750,96 a titolo di anticipi provvigionali erogati e risultati non dovuti nonché la condanna al pagamento della somma di € 1,801,81, a titolo di penale per la violazione del patto di fedeltà previsto in contratto.
Nella tempestiva memoria di risposta – ribadita la competenza per materia del tribunale di Rimini in funzione di giudice del lavoro – il P., convenuto in riconvenzione, eccepiva al improcedibilità delle domande svolte da “B.P.A. S.r.l.” per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, e, nel merito, ne deduceva la infondatezza.
All’ udienza del 26 maggio 2004 risultava superata l’ eccezione di improcedibilità della riconvenzionale avendo il difensore della convenuta prodotto la richiesta 30 settembre 2003 del tentativo di conciliazione innanzi alla direzione provinciale del lavoro di Rimini.
Le cause, sull’ accordo delle parti, erano riunite per ragioni di connessione anche a norma dell’ Art. 151 disp. att. Cod. proc. civ..
In conseguenza della incorporazione di A.B. S.p.A., era dichiarata l’ interruzione del processo che, tuttavia, era riassunto nei confronti della società incorporante B.B.N. S.p.A. (che si costituiva con memoria ricognitiva) nonché della B.P.I. S.p.A. (che restava contumace).
Fallito il tentativo di conciliazione esperito previo interrogatorio libero delle parti in contraddirtene, le cause, istruite mediante la produzione di documenti, l’ assunzione dell’ interrogatorio formale del procuratore speciale delle convenute costituite ed escussione di testimoni, sulle conclusioni in preambolo trascritte (nella formulazione precisata dal ricorrente nelle note illustrative autorizzate e dalle convenute con rinvio alla prima memoria di costituzione in giudizio), all’ odierna udienza pubblica sono state decise come da dispositivo letto in aula all’ esito della discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In rito va innanzi tutto dichiarata la carenza di legittimazione passiva della B.P.I. S.p.A. ad evidenza citata in giudizio per mero errore materiale in sede di riassunzione del processo, atteso che appare estranea alla materia del contendere tanto vero che nei suoi confronti non risultano formulate domande di sorta.
In via pregiudiziale va altresì disattesa l’ eccezione di incompetenza per materia e territorio formulata nella tempestiva memoria di costituzione in giudizio dalla convenuta “B.P.A. S.r,l.” posto che parte ricorrente, muovendo dalla stabilità del contratto di agenzia ovvero di collaborazione coordinata e continuativa, formula una domanda che ricade comunque nell’ ambito dei rapporti di c.d. parasubordinazione, per i quali opera il criterio di determinazione della competenza al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, in forza della disposizione di cui al n. 3 dell’ art, 409 cod. proc. civ. che non prevede come essenziale anche il requisito (ulteriore) della stabilità della collaborazione, ragione per cui comprende anche i rapporti continuativi e coordinati dei procacciatori d’ affart.
Risulta, pertanto, condivisibile l’ orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità (Cfr., in tal senso, Cass., sez. Lav., n. 7799 del 1998) secondo cui:” Le controversie relative al cosiddetto “procacciamento d’ affari” – contratto atipico che si concreta in un’ attività di collaborazione consistente nel raccogliere proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e nel trasmetterle al preponente – sono soggette al rito e alla competenza del giudice del lavoro qualora il relativo rapporto, a norma dell’ Art. 409 n. 3 c.p.c., presenti le caratteristiche del coordinamento, della continuità e della prevalente personalità della prestazione…“.
In ogni caso, ai fini della individuazione del criterio di determinazione della competenza per materia appare decisiva la qualificazione della domanda da condurre attraverso gli clementi essenziali del petitum e della causa petendi secondo la prospettazione operata dall’ attore senza che su tale qualificazione possa influire (ai fini della qualificazione della domanda) l’ eccezione della parte convenuta.
Va inoltre considerato come, nel caso concreto, il vincolo di accessorietà della domanda proposta nei confronti di A.C. rispetto alla domanda principale proposta nei confronti di A.B., sia idoneo a radicare la competenza per materia anche in relazione al vincolo di connessione per accessorietà di cui all’ Art. 31 cod. proc. civ..
Tale conclusione assorbe l’ eccezione di incompetenza per territorio atteso che, una volta ricondotta la causa al novero delle controversie soggette al rito del lavoro, risulta priva di effetto la pattuizione del foro convenzionale del tribunale di Milano, stabilita nel contratto di collaborazione per la espressa sanzione di nullità della clausola derogativa della competenza per territorio di cui all’ Art. 413, comma ultimo, cod. proc. civ.
Sempre in via pregiudiziale va rilevato come l’ apparente discrasia (per contestuale diversa formulazione alle pagine 14 e 15) nelle conclusioni formalmente rassegnate dalla convenuta A.B. nella prima memoria di costituzione in giudizio (alle quali è operato espresso rinvio nella memoria di costituzione in seguito a riassunzione) debba essere risolta in senso sostanziale tenuto conto della valutazione complessiva dell’ atto.
Analoghe considerazioni vanno svolte per le conclusioni precisate da pane ricorrente nelle note illustrative in relazione alla mancata formulazione del capo relativo al fondo dì indennità di risoluzione del rapporto presso l’ ENASARCO; tale capo deve essere considerato omesso per evidente errore materiale atteso che la relativa questione è ancora trattata nelle stesse note illustrative, ragione per cui l’ omessa menzione nelle conclusioni finali non può assumere il significato dì rinuncia implicita.
Va anche rilevato l’ errore materiale occorso nelle conclusioni precisate nelle note illustrative in relazione alla quantificazione del danno che esattamente indicato in euro 200mila (nella causa portante) ed in euro 200mila (nella causa riunita) figura nelle conclusioni finali nella cifra di ben 100milioni di euro.
Passando ora all’ esame del merito, le domande del ricorrente, risultate infondate, vanno rigettate mentre vanno accolte, in parte, le domande spiegate in riconvenzione dalle società convenute.
Secondo la prospettazione del ricorrente, precisata nelle note illustrative finali, l’ istruttoria avrebbe confermato la giusta causa del recesso del P.; in particolare l’ istruttoria avrebbe confermato che la preponente A.B. S.p.A. avrebbe “…agito secondo un disegno volto a mettere da parte il ricorrente, isolandolo dal resto del Gruppo, alfine di immobilizzarne l’ operatività e decrementarne la produttività, con ciò ponendo in essere un ‘ attività che per molti aspetti rivela profili particolarmente e pericolosamente vicini al mobbing… “,
Tale prospettazione, infondata e fuorviante, va senz’ altro disattesa.
Indipendentemente dalla considerazione secondo cui la giurisprudenza ha ricondotto al fenomeno del mobbing (oggetto di studi e ricerche da parte della sociologia del lavoro dipendente) le continue vessazioni in danno dei lavoratori dipendenti limitatamente al contesto di un rapporto connotato dal vincolo di soggezione gerarchica, risulta già evidente la contraddizione in termini insita nella qualificazione dì una situazione di “mobbing”, riferita ad un lavoratore autonomo, per di piè con poteri di coordinamento di un gruppo di altri promotori finanziari, senza vincolo di soggezione gerarchica nei confronti della preponente.
Tanto premesso, dall’ istruttoria espletata emerge che alla riunione dei promotori finanziari convocata dal R. il 6 settembre 2001 in Rimini, si fosse presentata soltanto la promotrice M. E. e che lo stesso giorno la stragrande maggioranza del gruppo dei promotori finanziari di Rimini (ad insaputa anche del P.) fosse stata convocata dal T., coordinatore di Area Manager, in Villa V. in casa del promotore F..
E’ altresì emerso che, in tale occasione, il R., venuto a conoscenza per una fortuita coincidenza della riunione alternativa e presentatesi inopinatamente a tale riunione, aveva subito la aperta contestazione di alcuni promotori finanziart.
Senonchè tale vicenda deve essere letta, innanzi tutto, nel conteste delle dinamiche interne del gruppo dei promotori finanziari di Rimini.
Non va dimenticato che già nel luglio del 2001 si era diffusa in Rimini la notizia dei contatti e delle trattative intavolate dal R. con la B.P. di B. ragione per cui è innegabile che la notizia di un eventuale ed imminente passaggio del R. ad un gruppo concorrente abbia potuto determinare nel gruppo dei promotori finanziari dì Rimini (coordinati appunto dal R., a Sua volta referente del P.), una situazione di incertezza ed imbarazzo.
Al di là delle considerazioni e valutazioni circa la correttezza o meno della deliberata esclusione del R. e del P. dalla riunione di Villa V. (sul punto, il testimone T. M. ha riferito di aver convocato quella riunione, su richiesta espressa e specifica dì un incontro riservato, inoltrata da diversi promotori finanziari del gruppo di Rimini i quali avevano avanzato rimostranze nei confronti del R., ragione per cui il mancato invito del R. – e, per estensione, al P. – poteva rispondere a motivi dì opportunità) va rilevato come l’iniziativa del T. non sia imputabile direttamente alla preponente per ragioni sia oggettive (trattandosi di una questione interna alla rete dei promotori finanziari) che soggettive (il T. aveva agito come capo-area, senza spendere il nome della preponente alla quale anch’ egli era legato da un contratto di collaborazione esterna).
Analoghe considerazioni vanno svolte per le riunioni dei promotori finanziari in Bologna (il 26 settembre 2001) ed in Pesaro (il 4 ottobre2001) alle quali il T. non aveva ritenuto di invitare il R. ed il P. in attesa del chiarimento della posizione del R. in relazione all’ accordo che comportava l’ imminente passaggio del R. al gruppo concorrente della B. P. di B..
Il ricorrente, a dimostrazione, della intenzione della preponente di allontanarlo dal suo incarico, ha addotto anche il grave inadempimento in cui sarebbe incorsa la società A.B. S.p.A. per il diniego di apertura in Rimini di un negozio finanziario, denominato ABC Center atteso che una volta raggiunto il livello minimo di raccolta finanziaria, fissato in 30 miliardi di lire, il budget era stato inopinatamente innalzato dalla preponente a 45 miliardi.
Il ricorrente tuttavia non poteva fare decisivo affidamento su tale aspettativa poiché egli non essendo ABC manager non aveva titolo per l’ apertura di uno sportello c.d. “leggero” dotato di servizio BANCOMAT tanto vero che era in trattative per l’ apertura di tale sportello a Rimini il R. e non anche il ricorrente P..
Costui, a sua volta, non può addurre a giusta causa del proprio recesso la asserita violazione del patto per l’ apertura dello sportello in Rimini che sarebbe stato concluso tra altri soggetti senza che il P. avesse partecipato in alcun modo, neppure alle trattative.
Sul punto va evidenziato come la preponente A.B. fosse sostanzialmente estranea alla rete degli sportelli leggeri, che, viceversa, era strutturata secondo rapporti di franchising con la capogruppo A. S.p.A.; infatti il testimone dr. Z. A. (all’ epoca dipendente di A. S.p.A.), ha riferito come il contratto di franchising che legava la catena degli sportelli leggeri (uffici dei promotori finanziari con bancomat) mentre era operativo sul territorio nazionale con la capogruppo A. S.p.A., (proprietaria del marchio A.) non poteva interessare direttamente A.B. S.p.A. (che, pacificamente, era priva di filiali operative decentrale).
Alla luce di tali considerazioni si deve escludere che la delusione della aspettativa del P. di una apertura in tempi brevi in Rimini di uno “sportello leggero” (peraltro in favore dell’ ABC Manager R.) abbia avuto una rilevanza significativa ai fini della determinazione al recesso manifestata con missiva datala 5 ottobre 2001 inoltrata dal P. a ciascuna delle convenute, anche perché in tale missiva (DOC. 6 fase. rie. In causa portante) i motivi del recesso erano indicati esclusivamente nel mancato invito alle tre riunioni del gruppo dei promotori finanziari (in Rimini il giorno 6 ed in Bologna il 26 settembre nonché in Pesare il 4 ottobre 2001) nonché nella mancata corresponsione di somme (in particolare il P. lamentava la illegittima deduzione di complessive lire 14.172.656 dalla fattura n. 115 del settembre 2000 e dalla fattura n. 1 del gennaio 2001 con un credito residuo quantificato in lire 5.726.000).
In particolare, nella missiva di recesso, nella denuncia del grave inadempimento della preponente A.B. non si menzionava affatto la mancata apertura dello sportello leggero in Rimini che, pertanto, deve ritenersi estranea alle ragioni del recesso del promotore finanziario.
Se poi si considera che le lamentele circa il mancato pagamento di spettanze provvigionali non tiene conto che il c.d. premio provvigionale era di regola corrisposto nella forma degli anticipi provvigionali con salvezza del conguaglio finale, risulta evidente che simili contestazioni, per la connotazione episodica e di modesta importanza, non potessero configurare il requisito della gravita dell’ inadempimento della preponente in misura tale da giustificare un recesso per giusta causa.
Inoltre la circostanza dedotta in ricorso secondo cui il cliente dott. L. sarebbe stato visitato già in estate del 2001 da parte del promotore finanziario M. S. (di A.B.) non è significativa di inadempimento contrattuale anche perché non emerge prova che l’ assegnazione del cliente ad altro promotore finanziario (sempre del gruppo di Rimini) sia avvenuta in epoca antecedente la comunicazione della missiva di recesso in data 5 ottobre 2001 (è evidente che le visite successive non possono costituire riscontro delle ragioni di recesso già enunciate anche perché il P. nella missiva di recesso non menziona neppure la circostanza dell’ assegnazione di un suo cliente ad altro promotore; l’ omessa menzione di una circostanza significativa di inadempimento da parte della preponente dimostra in via logica o che l’ assegnazione del portafoglio del dott. L. al promotore finanziario M. S. si è verificata in epoca successiva al recesso oppure – se si trattava di assegnazione risalente – al momento della missiva il P. non era a conoscenza della circostanza che, perciò, non poteva influire sulla determinazione al recesso immediato).
Va, sul punto, rammentata – ai fini della esclusione della connotazione di gravita ed importanza dell’ eventuale inadempimento – la facoltà concessa alla preponente di riassegnare per iniziativa della stessa banca uno o piè clienti ad altro promotore anche in costanza di rapporto di agenzia (e, perciò, anche nel periodo antecedente la risoluzione del rapporto di agenzia) in forza della clausola di cui all’ Art. 14 del contratto di agenzia.
In tal modo esaminate e valutate le circostanze di fatto rilevanti, considerato che nella missiva di diffida datata 5 ottobre 2001 è espressa chiaramente e formalmente l’ intenzione del recesso senza rispetto del termine pieno di preavviso (“… Vi diffidiamo …ad adempiere entro e non oltre il termine di 15 giorni…Resta inteso che, decorso inutilmente il predetto termine, il contratto potrà intendersi risolto di diritto per fatto a voi imputabile…”) si deve, innanzi tutto escludere che l’ iniziativa del recesso sia dovuta a comportamento concludente della preponente (tale è l’ ipotesi alternativa formulata nel ricorso introduttivo) essendo viceversa innegabile che l’ iniziativa del recesso senza preavviso, riferibile al solo P., trovi riscontro obiettivo nella prova del fatto documentale.
Non è di poco conto che la preponente avesse, poi, un evidente interesse alla stabilità del rapporto dì agenzia con il P. tanto vero che nel contratto di agenzia era stata sottoscritta apposita clausola di stabilità (Art. 9, primo cpv., della missiva 15-3-2000 di integrazione contrattuale; DOC- 3 fasc. A.B.) nella parte in cui il P. garantiva alla preponente “… una fedeltà quadriennale che comporta una durata minima del rapporto di agenzia di almeno quattro anni…”, ragione per cui risulterebbe arduo ravvisare nella mancata adesione alla apertura immediata dello sportello leggero ovvero nei comportamenti segnalati dal ricorrente un comportamento concludente della preponente, di significato univoco, addirittura nel senso dell’ allontanamento tacito del promotore da un gruppo di promotori finanziari radicato sul territorio.
Se poi si considera che secondo il condivisibile orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità (Cfr., in tal senso, Cass., sez. Lav., n. 4381 del 1991) “…il recesso senza preavviso dell’ agente dal contratto di agenzia è legittimo, ed esonera il recedente dell’ obbligo del preavviso, solo quando risulti dimostrato che il comportamento addebitato alla controparte sia tale da minare il presupposto fiduciario del rapporto, precludendone la prosecuzione anche provvisoria, come previsto per il lavoro subordinato dall’ Art. 2119 cod. civ.” senza contare che “…a giustificare un recesso senza preavviso dell’ agente, è richiesto un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’ interesse dell’ agente medesimo…” (in tal senso, Cass. sez. Lav. 1° febbraio 1999 n. 845), risulta evidente che, nel caso di specie, non emergano gli estremi della giusta causa ‘ del recesso del P., per la carenza di inadempimenti qualificati e connotati di gravita, addebitabili alla preponente.
Sul punto va considerato anche l’ orientamento piè recente e condivisibile espresso dalla giurisprudenza di legittimità (Cfr., Cassazione civile, sez. Lav., 17 giugno 2008, n. 16388) secondo cui:” La mancata corresponsione di un bonus e del premio fedeltà non possono costituire giusta causa dì dimissioni immediate da parte del promotore finanziario, trattandosi di obbligazioni accessorie, rispetto a quella principale di pagamento delle provvigioni, che non possono motivare un recesso senza il preavviso contrattuale“.
In definitiva l’ accertamento della carenza di giusta causa del recesso esercitato dal P. comporta il rigetto della domanda di riconoscimento dell’ indennità sostitutiva del preavviso e della indennità di fine agenzia.
L’ indennità di cui all’ Art. 1751 cod. civ. non è dovuta in forza della espressa disposizione di esclusione di cui al comma 2, numero 2, cod. civ. trattandosi di recesso ingiustificato (senza contare che comunque è carente la prova del requisito meritocratico di cui al comma 1 dell’ Art. 1751 cod. civ.).
L’ indennità suppletiva di clientela (prevista dalla fonte collettiva) è dovuta “…solo se il rapporto a tempo indeterminato si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’ agente…” (Cass. sez. Lav. 26 aprile 1991 n. 4586; conf. Cass. sez. Lav. 11 novembre 1988); a questa situazione la giurisprudenza di legittimità assimila “…quella del recesso per giusta causa da parte dell’ agente, allorché quella giusta causa è imputabile al comportamento del preponente e non a fattori estranei alle parti…” (Cass. 14 gennaio 1999 n. 368).
Il capo della domanda relativo ad eventuali deficienze di accantonamento del fondo di indennità di risoluzione del rapporto presso l’ ENASARCO, generico e di contenuto esplorativo, è rimasto carente di prova, tenuto conto che nelle fatture relative al rapporto dì agenzia risulta indicata la quota da versare all’ ENASARCO, ragione per cui non emerge prova di un mancato o parziale versamento, anche perché il ricorrente (avente titolo ed accesso alla propria posizione) non ha prodotto neppure un estratto della posizione assicurativa.
In ogni caso la domanda giudiziale di accertamento del mero fatto della regolarità degli accantonamenti e del versamento dei contributi previdenziali, in carenza di controversia sul punto, risulta irrituale atteso che la pronunzia giudiziale di accertamento può avere ad oggetto soltanto posizioni giuridiche controverse e non può limitarsi a mere constatazioni di circostanze di fatto.
Analoghe considerazioni vanno svolte per la richiesta delle provvigioni perle ultime mensilità (peraltro avanzata anche per il periodo successivo al recesso) attesa la carenza di prova del diritto a differenze provvigionali.
Passando ora all’ esame della domanda riconvenzionale spiegata da A.B. S.p.A., deve esserne riconosciuta la parziale fondatezza.
In primo luogo essendo stata accertata la carenza di giusta causa nel recesso esercitato dal P., la preponente A.B. ha diritto alla percezione dell’ indennità sostitutiva del residuo preavviso, che si quantifica in Euro 18.286,28 (misura non contestata e sostanzialmente di importo inferiore a quello determinalo per la stessa indennità dal ricorrente).
Inoltre va considerato che il P. a fronte della percezione di “anticipi su premi” (secondo la causale riportata nelle cinque fatture di riferimento, di pari importo, di lire 2.500.000 ciascuna) per complessivi euro 6,455,71 (in specie la fattura n. 1 del 29 gennaio 2001 nonché le 4 fatture del 2000 nn. 15 e 18 del 28 e 30 settembre, n. 20 del 27 novembre e n. 22 del 18 dicembre; DOC. 6 fasc. A.B. ) non ha dato la prova di aver effettivamente maturato tali provvigioni, ragione per cui va accolta la domanda di restituzione spiegata in riconvenzione, in forza della clausola di conguaglio di cui all’ Art. 4 della integrazione al contratto di agenzia di cui alla missiva datata 15-3-2000 (elencata come convenzione integrativa al DOC. 3, fasc. A.B.).
Va, viceversa, rigettato il capo della domanda di condanna del P. alla restituzione del premio provvigionale asseritamente corrisposto in misura di 5.577,73 Euro (1,50% della raccolta) attesa la carenza o insufficienza di prova della effettiva corresponsione.
Va, parimente, rigettato il capo della domanda di condanna del P. al pagamento del saldo passivo di conto corrente stante la carenza di prova documentale (peraltro alla pagina 15 della memoria di costituzione in giudizio ove compare per la prima volta, in sede di conclusioni, tale capo della domanda non è neppure indicato l’ importo dell’ eventuale saldo passivo) nonché della stessa indicazione degli estremi del conto corrente.
Passando ora all’ esame del merito delle domande proposte nella causa riunita, va detto subito che la risoluzione del rapporto di agenzia di cui al contratto principale concluso con A.B. ha comportato la risoluzione del rapporto accessorio, in forza dell’ Art. 10, comma 1 della clausola di cui al contratto accessorio, denominato “allegato ai contratti di collaborazione” A.C. 22-12-1999 (DOC. 3, fasc. Conv., causa riunita), in conformità alle considerazioni ed argomentazioni svolte ed illustrale dalla convenuta nella tempestiva memoria di costituzione in giudizio e nelle note illustrative finali.
In relazione alla domanda proposta dal P., anche per tale posizione valgono le argomentazioni svolte nella causa portante, con la precisazione che il contratto accessorio va qualificato come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con il procacciatore d’ affart.
Sul punto il carattere della continuità non va confuso ma va tenuto distinto da quello della stabilità che, per espresso impegno contrattuale è carente nel caso in esame.
La circostanza che, nel caso in esame, il P. abbia segnalato affari o produttori assicurativi in maniera continuativa non equivale a stabilità e non è sufficiente a configurare la collaborazione (ancorché continuativa) come rapporto di agenzia; infatti l’ attività continuativa del procacciatore d’ affari, non essendo in correlazione ad una “necessità” giuridica, ma dipendendo esclusivamente dall’ iniziativa del procacciatore, non può essere, per ciò solo, essere qualificata come “stabile”.
In definitiva nulla osta a che l’ attività del procacciatore possa di fatto svolgersi periodicamente nel tempo (e presentare perciò il carattere della continuità) ma ciò non equivale alla stabilità che invece attiene al sinallagma contrattuale.
Va evidenziato, infatti, che la connotazione giuridica di stabilità nella collaborazione si verifica quando la prestazione si ripete periodicamente nel tempo, non soltanto di fatto, ma anche in osservanza di uno specifico impegno contrattuale, come nel caso del rapporto di agenzia, attraverso la previsione dell’ obbligo di svolgere un’ attività di promozione dei contratti.
Pertanto la domanda di qualificazione come rapporto di agenzia va disattesa a fronte del patto aggiuntivo di cui alle scritture private, ciascuna datata 22-12-1999 e denominata “ACCORDO DI COLLABORAZIONE” in cui figura la clausola – all’ Art. 1, comma 2 – secondo cui, nella prima(DOC. 1 fasc. Conv., riunita) “Il Produttore non assume alcun obbligo di promuovere stabilmente la vendita di Servizi contrattuali, essendo il suo incarico limitato alla segnalazione, presentazione ed assistenza degli affari che eventualmente gli si presentassero” ovvero, nella seconda (DOC. 2 fasc. Conv., riunita) “L’ intermediario non assume alcun obbligo di promuovere stabilmente la vendita di prodotti Contrattuali, essendo il suo incarico limitato alla segnalazione, presentazione ed assistenza degli affari che eventualmente gli si presentassero“.
Pertanto, trattandosi dì collaborazione nella forma del procacciamento di affari risulta corretta la mancata indicazione nelle fatture di riferimento (peraltro riconducibili al P.) del versamento ali ‘ ENASARCO dovuto per le posizioni degli agenti di commercio e non anche per i procacciatori d’ affart.
La domanda spiegata in riconvenzione da A.C. è in parte fondata e va accolta per quanto dì ragione.
In primo luogo va considerato che il P. a fronte della percezione da A.C. di somme per complessive lire 42.531.709 a titolo di “anticipo su provvigioni di intermediazione assicurativa” (secondo la causale riportata nelle 8 fatture di riferimento così numerate: 1, 2, 4, 6, 8, 10, 12 e 14), emesse tutte nell’ anno 2000 (rispettivamente il 10 febbraio per 5milioni, il 9 marzo per 10milioni, l’ undici aprile per 7.500.000, l’ undici maggio per 12.109.756, l’ otto giugno per 2.500.000, l’ undici luglio per 2.178.049, l’ otto agosto per 1.130.245 ed il 14 settembre per 2.113.659) ha subito recuperi documentati per complessive lire 25.587.500, come si desume dal fatto documentale (nota dì credito n. 16 del 28 settembre 2000 per lire 4.787.500, nota di credito n. 2 del 29 gennaio 2001 per 10.800.000) nonché dal riconoscimento di ulteriori 10milioni di lire ammessi da A.C. (pagina 12 della prima memoria di costituzione in giudizio) come corrisposti al P. il 20-6-2001 per l’ inserimento di due promotori finanziari, ragione per cui residua un debito del collaboratore P. pari a complessive lire 16.944.209 ossia pari a complessivi euro 8.750,95.
Su tali somme sono dovuti gli interessi nella misura legale e rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT come per legge, dalla maturazione al saldo (Art. 429, comma 3, c.p.c. ed Art. 150 disp. Att. c.p.c.).
Il capo della domanda riconvenzionale per la condanna del P. alla restituzione dei premi provvigionali aggiuntivi per € 1.801,81 non può essere accolto.
Infatti la preponente A.C. pur avendo in riconvenzione richiesto la restituzione dei premi provvigionali aggiuntivi corrisposti al P. a titolo di penale per violazione del patto di fedeltà ovvero per recesso anticipato rispetto alla scadenza contrattuale fissata al 31 dicembre 2004 (clausola 5 dell’ allegato ai contratti di collaborazione datato 22-12-1999, DOC. 3, Conv., riunita) non ha tuttavia dimostrato l’ effettiva corresponsione di tali premi provvigionali aggiuntivi.
Le spese processuali liquidate in dispositivo cedono a carico del ricorrente secondo il generale criterio della soccombenza.

PER QUESTI MOTIVI
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI
in composizione monocratica in funzione di giudice del lavoro

visto l’ Art. 429 c.p.c.;
pronunziando in via definitiva sulle domande proposte da P. R. con distinti ricorsi depositati, ambedue, il giorno 29-05-2003, riuniti, nonché sulle domande spiegate in riconvenzione, disattesa ogni altra istanza, eccezione o deduzione, così provvede, in contraddittorio con la società “B.N.I. S.p.A.” (già B.B.N. S.p.A. incorporante A.B. S.p.A.) e con la società “B.P.A. S.r.l.” (già A.C. S.r.l.) nonché in contumacia della B.P.I. S.p.A.:

  1. dichiara la carenza di legittimazione passiva della B.P.I. S.p.A. con spese a carico della parte antistataria;
  2. rigetta le domande proposte dal ricorrente nei confronti delle convenute;
  3. in parziale accoglimento della domanda spiegata io riconvenzione, condanna P. R. alla restituzione in favore della “B.N.I. S.p.A.” in persona del legale rappresentante pro tempore, della complessiva somma dì € 6.455,71 a titolo di conguaglio di anticipi provvigionali oltre interessi legali dal 23-12-2003 al saldo;
  4. accertata la carenza di giusta causa del recesso dal rapporto di agenzia, condanna P. R. al pagamento in favore dalla “B.N.I. S.p.A” della complessiva somma di € 18.286,28 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, oltre interessi legali dal 23-12-2003 al saldo;
  5. in parziale accoglimento della domanda spiegata in riconvenzione (causa riunita RGL 384/2003) condanna P. R. alla restituzione in favore della “B.P.A. S.r.l.” in persona del legale rappresentante pro tempore, a titolo di conguaglio di anticipi provvigionali, della somma complessiva di € 8.750,95 oltre interessi legali dal 23-12-2003 al saldo;
  6. condanna P. R. alla rifusione delle spese processuali in favore “B.N.I. S.p.A.,” che si liquidano in complessivi euro 8.000,00, di cui € 5.500,00 per onorati, € 2.500,00 per diritti oltre rimborso forfetario delle spese generali di cui all’ art 14 della tariffa forense, IVA e C.p.a. nella misura di legge;
  7. condanna P. R. alla rifusione delle spese processuali in favore “B.P.A. S.r.l.” che si liquidano in complessivi euro 8.000,00, di cui € 5.500,00 per onorari, € 2.500,00 per diritti oltre rimborso forfetario delle spese generali di cui all’ Art. 14 della tariffa forense, IVA, e C.p.a. nella misura di legge.

Così deciso in Rimini, all’ udienza pubblica del giorno 3-10-2008.

Il Giudice del lavoro
Eugenio Cetro

Depositata in Cancelleria il 18.02.2009


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