Appalto (Subappalto) e Somministrazione di Personale: differenze | ADLABOR | ISPER HR Review

Nell’ordinamento italiano esiste l’istituto dell’appalto (art. 1665 Codice Civile) e del subappalto che è l’affidamento ad un ulteriore soggetto di una parte dell’opera da eseguire.

La somministrazione di manodopera, introdotta nel 1997 è la facoltà per un datore di lavoro di utilizzare prestazioni lavorative da parte di soggetti non direttamente assunti, ma forniti da un’apposita agenzia. Tali soggetti vengono inseriti nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro, ma rimangono alle dipendenze della società somministrante (o fornitrice).

La differenza tra i due istituti si ritrova nell’articolo 29 D.Lgs. 276/2003: «Ai fini della applicazione delle norme  contenute  nel  presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato  ai  sensi dell’articolo  1655   del   Codice   Civile,   si   distingue   dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi  necessari da parte dell’appaltatore, che può  anche  risultare,  in  relazione alle  esigenze  dell’opera  o  del  servizio  dedotti  in  contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa».

In sede interpretativa, il Ministero del Lavoro, con Circolare del 29.09.2010 n. 34, ha però stabilito che si può configurare un appalto anche quando l’appaltatore, pur non utilizzando mezzi produttivi propri, conserva il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché il rischio di impresa.

È comunque determinante che la responsabilità sull’organizzazione del lavoro e sul rischio di impresa rimanga in capo all’appaltatore.

Negli appalti in cui l’impiego di mezzi e di strumenti risulta esiguo rispetto all’impiego di personale, la distinzione tra appalto e somministrazione si riscontra nell’oggetto del contratto: da un lato, l’appalto prevede un “fare”, poiché l’appaltatore si impegna a fornire all’appaltante un’opera o un servizio realizzato attraverso la sua organizzazione di uomini e mezzi; dall’altro lato la somministrazione prevede invece un “dare”, poiché l’agenzia di somministrazione fornisce la forza lavoro ad un soggetto terzo, affinché questi possa utilizzare i lavoratori all’interno della propria organizzazione e secondo le proprie necessità, come chiarito dal Ministero del Lavoro con Circolare 5/2011.

Ed anche la Giurisprudenza ha fornito un’interpretazione della differenza tra Appalto e Somministrazione. In particolare, il Consiglio di Stato con sentenza n. 1571 del 2018 ha evidenziato gli indici che permettono, in concreto, di individuare e distinguere appalto e somministrazione: il contratto di appalto ha ad oggetto un’obbligazione di risultato, con cui l’appaltatore assume, con una propria organizzazione, il compito di far conseguire al committente il risultato promesso, mentre la somministrazione di lavoro è una tipica obbligazione di mezzi, attraverso la quale l’Agenzia per il Lavoro si limita a fornire i soggetti che rendono prestazioni lavorative inserite nell’organizzazione e finalizzate dal committente.

Ed anche la Suprema Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 21501 del 7 luglio 2022, pronunciandosi in tema di appalti labour intensive, ha confermato tale orientamento, precisando che: «Affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi dell’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276 del 2003, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (cd. “labour intensive”), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa» (Cass. Ordinanza 7 luglio 2022, n. 21501, conforme Corte d’Appello Roma, Sent. 11 marzo 2022 n. 1107)

Con la medesima pronuncia, la Corte di Cassazione ha peraltro evidenziato come invece è integrata un’ipotesi di interposizione illecita di manodopera qualora il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente «… restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l“intuitus personae” nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro».

Di fatto il discrimen tra appalto e somministrazione illecita di manodopera consiste nel fatto che l’appalto di opere o servizi espletato con mere prestazioni di manodopera è lecito purché il requisito della “organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore”, costituisca un elemento determinante in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario per la preparazione del prodotto, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore.

 Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 18 gennaio 2023.


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