Cassa Integrazione e Fusioni Societarie | ADLABOR

 

Un’ azienda interessata da un’ operazione di fusione può usufruire della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria ed, eventualmente, a quali condizioni?

Dobbiamo distinguere due ipotesi: la prima è quella in cui il ricorso alla cassa integrazione avvenga dopo la fusione; la seconda è, invece, quella in cui l’ azienda incorporata stia già fruendo del beneficio della cassa integrazione.

Vi è poi un’ ulteriore profilo di analisi, che concerne la possibilità di applicare le agevolazioni contributive di cui alla L. 223/1991 nel caso di assunzioni in conseguenza di fusioni o altre operazioni societarie.

In ordine alla prima questione, e cioè se dopo l’ avvenuta fusione sia possibile accedere alla Cassa integrazione, bisogna distinguere tra intervento ordinario e intervento straordinario.

  • CIGO: la legge non prevede nulla al riguardo e si deve pertanto ritenere che in linea di principio possa richiedersi anche dopo un’ operazione di fusione o altra operazione societaria. Tuttavia, bisogna osservare che se la causa di intervento è la crisi temporanea di mercato appare preferibile (ma in termini di stretto diritto non necessario) un accordo sindacale; infatti, potrebbe facilmente essere contestata la sussistenza dei presupposti di ricorso alla cassa dopo un operazione societaria che ha determinato un ampliamento delle risorse. Pertanto, pare consigliabile addivenire ad un accordo sindacale al fine di ottenere piè facilmente la concessione del trattamento di integrazione salariale, che altrimenti resterebbe a carico dell’ azienda.
  • CIGS: il decreto ministeriale 2 maggio 2000 (in G.U., 11 luglio, n. 160) ha previsto espressamente che “non verranno presi in esame, in via generale, i programmi per crisi aziendale presentati da imprese che … abbiano subìto significative trasformazioni societarie nel biennio antecedente alla richiesta di CIGS, salvo che tali trasformazioni siano avvenute tra imprese che presentano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con la preminente finalità del contenimento dei costi di gestione“. Pertanto, è corretto dire che in linea di principio dopo una fusione non si ha diritto alla CIGS, ma con l’ eccezione della fusione tra imprese in cui la proprietà sia sostanzialmente coincidente e l’ operazione sia stata fatta in un ottica di razionalizzazione. Resta poi ferma, in linea di principio, la possibilità di ricorrere alla Cigs per ristrutturazione, riconversione e ristrutturazione, con l’ ovvia considerazione che difficilmente si verificheranno i relativi presupposti (invero piuttosto rigidi).

 

Venendo alla seconda questione, vale a dire l’ acquisizione di un’ azienda che già fruisce della Cassa integrazione, si tratta di fare applicazioni delle regole generali in materia di trasferimento d’ azienda. Infatti, anche nel caso di fusione, trova applicazione l’ Art. 2112 c.c., in base al quale si verifica la prosecuzione ope legis in capo all’ azienda incorporante di tutti i rapporti di lavoro. Pertanto, la situazione del rapporto di lavoro in atto al momento del trasferimento non muta con la presa in carico dei lavoratori interessati da parte del cessionario, vale a dire che la Cassa integrazione guadagni può proseguire (e cioè i lavoratori mantengono lo status di cassaintegrati), salvo diversa decisione da parte dell’ incorporante, che possa essere determinata da un mutamento della situazione organizzativa a seguito dell’ incorporazione. Naturalmente la cassa integrazione se l’ azienda incorporante è destinatario della normativa CIGS e versa il relativo contributo.

L’ applicabilità dell’ Art. 2112 c.c. anche all’ ipotesi della fusione, ci consente di risolvere anche l’ ultima questione, relativa alla possibilità di godere delle agevolazioni contributive in caso si assumano lavoratori in mobilità all’ esito di un’ operazione societaria.

La Circolare INPS 122/99 – preoccupandosi di evitare fenomeni di fittizie interruzioni dei rapporti di lavoro e di immediate riassunzioni con relativi benefici – riteneva che, nel caso di operazioni societarie (trasferimento d’ azienda nelle varie forme, fusione, scissione), si potessero applicare le agevolazioni contributive di cui alla legge n.223/1991 esclusivamente nei seguenti casi:

  • per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori in mobilità e in cassa integrazione, le agevolazioni si applicavano se nel contesto delle operazioni societarie vi era stato accordo sindacale per il mantenimento dei livelli occupazionali e se il datore di lavoro subentrante garantiva la continuità dell’ attività lavorativa per almeno ulteriori 12 mesi oltre la durata delle agevolazioni contributive. I benefici non spettavano in ogni caso se l’ azienda cessionaria aveva assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli della cedente.
  • per le assunzioni a tempo determinato dei lavoratori in mobilità, si faceva riferimento all’ Art.8, comma 2 legge n.223/1991, secondo cui il contratto a termine non può avere durata superiore a 12 mesi; in caso di conversione in contratto a tempo indeterminato, il beneficio contributivo era previsto per ulteriori 12 mesi in aggiunta alla durata del beneficio previsto dal comma 4.

La Circolare INPS n. 109/2003 ha modificato i criteri previsti dalla Circolare n. 122/1999 prevedendo che, in tutti i casi in cui si applica l’ Art.2112 c.c. la modificazione dell’ identità di una delle parti del rapporto lavorativo non fa sorgere il diritto alle agevolazioni contributive, previste dalla legge n.223/1991 per l’ assunzione dei lavoratori in mobilità. La suddetta circolare ha attuato i principi indicati, tra le altre, nella sentenza n. 15207/2002 della Corte di Cassazione, secondo cui i benefici contributivi in favore delle imprese che assumono lavoratori in mobilità sono riconosciuti solo dopo l’ accertamento dell’ effettiva cessazione dell’ originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa per esigenze economiche reali; in caso contrario, si configura un trasferimento d’ azienda, con la conseguente continuità del rapporto di lavoro (articolo 2112 c.c.).

In definitiva, non si può utilizzare l’ operazione societaria (e precipuamente la fusione) per ottenere indebiti benefici o godere di ammortizzatori sociali che diversamente non spetterebbero; tuttavia, non può neppure sostenersi che in ipotesi di fusione sia precluso tout court l’ accesso agli ammortizzatori sociali, pur nei limiti sopra ricordati.

 


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