I “furbetti del postino” | ADLABOR | ISPER HR Review

La forma classica di comunicazioni ai dipendenti con valenza ufficiale è la raccomandata (con avviso di ricevimento). Ma il servizio postale non sempre fornisce riscontri chiari delle operazioni di consegna. Timbri ammalorati, scritture evanescenti e indecifrabili non sono infrequenti negli avvisi di ricevimento o nelle restituzioni al mittente delle raccomandate. E spesso identificare la data di ricezione di una comunicazione aziendale è determinante ad esempio nel caso in cui da tale data decorrano termini di decadenza. Tipico esempio è la comunicazione di una contestazione disciplinare quando il contratto collettivo prevede un termine entro il quale adottare il provvedimento, dopo che il lavoratore abbia fornito le sue giustificazioni o sia decorso il termine entro cui avrebbe dovuto renderle.

Se la consegna di una contestazione avviene a mani nulla questio ma se viene spedita per raccomandata può capitare che il destinatario (il lavoratore oggetto della contestazione), in qualche caso anche per sua volontà, non riceva la raccomandata magari non facendosi trovare al suo domicilio o segnalando al custode di non ricevere corrispondenza proveniente dal suo datore di lavoro. Nel caso in cui il destinatario di una raccomandata non sia reperibile al suo domicilio l’ufficiale postale è tenuto a rilasciare il cosiddetto “avviso di giacenza” nella casella postale del destinatario, il quale poi avrà un periodo a disposizione per andare a ritirare il plico all’ufficio postale indicato nello stesso avviso di giacenza. In questo caso si pone però il problema dei termini e cioè dell’identificazione del momento in cui il destinatario/lavoratore viene a conoscenza della comunicazione aziendale. Soccorre l’articolo 1335 del codice civile che così recita: “la proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia”.

La giurisprudenza, un tempo oscillante, si sta consolidando nell’affermare che il rilascio dell’avviso di giacenza di una raccomandata è sufficiente a far scattare la presunzione di conoscenza della comunicazione aziendale ai sensi dell’articolo 1335 codice civile, in quanto l’avviso di giacenza certifica il fatto che la comunicazione sia giunta all’indirizzo del destinatario. Questo vuol dire che il datore di lavoro, dopo aver spedito la raccomandata, consultando il sito delle Poste, può venire a sapere la data precisa di consegna, o di presunzione di conoscenza, di una sua comunicazione indirizzata ad un dipendente, potendo così calcolare correttamente i termini entro cui, per esempio, adottare un provvedimento disciplinare rispettando i tempi previsti dal contratto collettivo.

Infatti diventerebbe molto più complicato dover aspettare l’avviso di ricevimento della raccomandata (che spesso perviene dopo lungo tempo) per poter individuare il giorno della consegna della comunicazione, con il rischio di vedere, nel frattempo, spirati i termini.

Meglio ancora utilizzare lo strumento della raccomandata 1 AR che deve essere consegnata il giorno successivo alla sua spedizione poiché nell’arco di un paio di giorni, sempre consultando il sito delle Poste, si può verificare l’effettuazione della consegna o comunque il rilascio dell’avviso di giacenza individuando così il giorno preciso in cui la comunicazione si intende comunque conosciuta dal destinatario/lavoratore.

Naturalmente può verificarsi il caso in cui il destinatario si trovi nell’impossibilità di andare a ritirare il plico in giacenza ed in questo caso la legge consente allo stesso di provare tale impossibilità. Ma in questo caso sarà onere del lavoratore dimostrare di aver avuto, per ragioni gravi e rilevanti, la impossibilità di venire a conoscenza della comunicazione aziendale. Ed in tale ipotesi la giurisprudenza si è mostrata rigorosa nell’accettare le giustificazioni dei lavoratori.

Ma i termini non sono solo a carico del datore di lavoro perché anche il dipendente incorre in decadenze , ad esempio ove non rispetti il termine di 60 giorni per impugnare un licenziamento. Nel caso di raccomandata non ritirata i 60 giorni per impugnare il licenziamento decorrono dall’avviso di ricevimento e non dal ritiro della raccomandata da parte del lavoratore.

Il consolidamento di questo orientamento giurisprudenziale rappresenta un valido contrasto al comportamento di quei “furbetti del postino” che, volontariamente, non si fanno trovare al loro domicilio ritenendo così di sottrarsi dal prendere conoscenza di una comunicazione aziendale pensando di non subirne gli effetti.

Rimane sempre aperta la questione del lavoratore che si rende irreperibile per cui l’ufficiale postale incaricato della consegna restituisce al mittente la raccomandata con l’annotazione (non sempre chiaramente leggibile) di irreperibilità del destinatario. In questo caso si dovrà trovare un altro strumento per portare a conoscenza del lavoratore la comunicazione ma, sempre la giurisprudenza, ha recentemente affermato che si considera consegnata una missiva che venga spedita al domicilio del lavoratore da questi dichiarato in azienda, non ritenendo rilevante il fatto che lo stesso abbia poi modificato la sua residenza senza darne comunicazione al datore di lavoro. In tale situazione, soprattutto se si tratta di provvedimenti rilevanti quali il licenziamento, sarà però prudente non dare necessariamente per buono il tentativo di consegna al domicilio conosciuto del lavoratore ma sarà opportuno trovare altri strumenti, quali la consegna mano o la notifica, per avere la prova della conoscenza da parte del dipendente della comunicazione aziendale. Ciò per evitare che qualche Giudice, particolarmente rigoroso, possa non considerare valido licenziamento sul presupposto che si tratta comunque di un atto ricettizio e come tale efficace nel momento in cui il destinatario ne prende effettiva conoscenza.

Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 6 aprile 2022


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