Controlli sul lavoratore – le visite personali di controllo | ADLABOR | ISPER HR Review

La Legge attribuisce al datore di lavoro il potere di controllo sull’attività lavorativa del lavoratore che si può estrinsecare, nei limiti e con gli accorgimenti previsti dal Legislatore, anche nella forma delle visite personali di controllo che sono disciplinate dall’art. 6 L. 300/1970. La giurisprudenza, nel silenzio della legge, si è poi pronunciata sull’estensione di tali garanzie anche nei confronti del controllo degli accessori del lavoratore come borse, zaini, marsupi, etc., ed anche dell’armadietto aziendale assegnato al dipendente.

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Le perquisizioni personali

L’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce il divieto delle visite personali di controllo sui dipendenti (si tratta delle perquisizioni personali) ad eccezione di quelle “indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti”, prescrivendo anche specifiche condizioni e modalità con cui eseguire le visite personali, pena l’illegittimità del controllo effettuato e l’inutilizzabilità, ai fini disciplinari, di quanto emerso durante la visita personale.

In particolare, è consentito effettuare delle visite personali di controllo sui dipendenti:

  1. solo all’uscita dei luoghi di lavoro;
  2. nel rispetto della dignità e riservatezza del lavoratore;
  3. tramite sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori da controllare.

Inoltre la validità delle visite personali sui dipendenti è subordinata ad un accordo con le R.S.U./R.S.A., o, in alternativa, ad una specifica autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente.

La verifica della sussistenza del requisito della indispensabilità della perquisizione per la tutela del patrimonio aziendale deve essere svolta accertando la ricorrenza di due condizioni, come illustrato dal Ministero del Lavoro nel parere n. 20542 dell’8 novembre 2016:

  1. l’intrinseca qualità e valore degli strumenti di lavoro, delle materie prime o dei prodotti, intesa come segretezza, pericolosità, elevato valore economico, agevole asportabilità;
  2. l’impossibilità di prevenire i furti se non attraverso le perquisizioni personali.

Le perquisizioni su borse, zaini ed accessori del lavoratore

La giurisprudenza ancora oggi si attesta su posizioni assolutamente non uniformi circa l’ambito di operatività dell’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori e, in particolare, sull’estendibilità o meno del precetto normativo e della tutela ex art. 6 L. 300/1970 anche agli effetti personali o di immediata pertinenza del dipendente, quali l’abbigliamento e i c.d. accessori (borse, marsupi, zaini e simili).

Secondo un orientamento giurisprudenziale meno restrittivo, e che sta prendendo piede, viene considerato legittimo il controllo in difesa della salvaguardia del patrimonio aziendale su contenitori, involucri, borse tipo bauletto estranei all’abbigliamento, senza che siano da applicare le garanzie di cui all’art. 6 L. 300/1970.

Sulla questione la Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi affermando che: “….questa Corte  ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. n. 1461/88) che l’articolo 6 cit. – nel prevedere i casi in cui sono consentite, ai fini della tutela del patrimonio aziendale, le visite personali di controllo sul lavoratore – riguarda unicamente le ispezioni corporali, ma non anche quelle sulle cose del lavoratore, atteso che la norma citata – da interpretarsi letteralmente – contempla solo la “visita personale”, che nell’ordinamento processuale sia civile (articolo 118 c.p.c.) che penale (articoli 244-246 c.p.p.) è tenuta distinta dall’ispezione di cose e luoghi” (Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza 7 agosto 2012, n. 14197)

Da tali premesse consegue che l’accordo sindacale / l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro sono necessari solo nel caso in cui siano finalizzati a stabilire le regole per perquisire la persona del dipendente e non anche i suoi effetti personali, come borse o bagagli in genere, poiché solo nel primo caso sussistono le prevalenti esigenze di tutela della riservatezza e intimità della persona (Trib. di Nola, sent. n. 33634/2019; Corte App. di Potenza, sent. n. 102/2015; Cass. 14197/2012; Cass. 1461/1988).

Occorre poi precisare che il controllo sulle borse e sugli zaini da parte del datore di lavoro e dei suoi preposti andrà contemperato con le esigenze di privacy e di riservatezza dei singoli dipendenti cui si chiederà di controllare gli effetti personali.

Infatti la Corte di Cassazione, ha specificato che: “Nel comportamento dell`addetto alla sorveglianza all`uscita dallo stabilimento che, al fine di controllare il contenuto della borsa di un lavoratore, inviti quest`ultimo a recarsi in una saletta attigua, non è ravvisabile – se non sussistono in concreto particolari, non corrette, modalità nella formulazione della richiesta – una condotta vessatoria, che possa costituire una attenuante del rifiuto del lavoratore di consentire l`ispezione, dato che, al contrario, un comportamento del genere è diretto alla salvaguardia della dignità`, del rispetto e della riservatezza della persona” (Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza 29 ottobre 1999, n. 12197).

In ogni caso, se il dipendente si dovesse rifiutare di mostrare il contenuto dello zaino o della borsa, non lo si potrà costringere e quindi non resterà che chiamare adottare altre iniziative quale quella di chiamare le forze dell’ordine.

Le perquisizioni degli armadietti e degli spogliatoi aziendali

Ed invece con quali cautele deve procedere il datore di lavoro, quando abbia la necessità di ispezionare l’armadietto aziendale che è stato assegnato al dipendente?

Sul punto si è espresso, con parere dell’8.11.2016, n. 20542, il Ministero del Lavoro, a fronte di una istanza ex art. 6 L. 300/1970 nella quale, fra le altre cose, veniva domandato se il responsabile del negozio potesse ispezionare gli armadietti collocati negli spogliatoi aziendali, imponendo quindi che, per tale ragione, gli stessi venissero lasciati aperti ad ogni fine turno.

Secondo il Ministero, per controllare l’armadietto aziendale, non vi è alcuna necessità dell’accordo sindacale o, in alternativa dell’autorizzazione da parte dell’Ispettorato territoriale del lavoro, e sarebbe di conseguenza ridondante anche il giudizio sull’indispensabilità dell’ispezione, poiché il controllo degli armadietti – spazi che sono di proprietà aziendale (sebbene posti nell’esclusiva disponibilità del lavoratore) – sarebbe fuori dall’ambito regolativo dell’art. 6 per l’impossibilità di ricondurre l’ispezione in questione alla fattispecie della “visita personale”, anche accogliendo un’accezione molto ampia della nozione tale da ricomprendere gli effetti personali del lavoratore.

Ma cosa accade  e come è corretto reagire nel caso in cui il lavoratore rifiuti di sottoporre sé stesso o i suoi accessori alla perquisizione da parte del datore di lavoro?

  1. Se il lavoratore individuato rifiuta di sottoporsi a perquisizione personale occorre non trattenerlo contro la sua volontà, altrimenti potrebbe ritenersi integrato il reato di violenza privata o addirittura quello di sequestro di persona. L’incaricato ad effettuare la perquisizione dovrà informare il lavoratore che il rifiuto costituisce una specifica infrazione disciplinare. Se il sospetto che il lavoratore si sia appropriato illegittimamente di beni aziendali è particolarmente forte, potrebbe essere opportuno richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. La Direzione andrà informata con la massima tempestività di quanto accaduto, in modo da attivarsi per instaurare una adeguata procedura disciplinare.
  2. Se il lavoratore rifiuta di sottoporre a perquisizione borse, zaini od altri contenitori non rientranti nel concetto di accessori di abbigliamento e che il Regolamento aziendale vieta di introdurre in azienda il soggetto deputato al controllo dovrà pertanto cercare, con modi risoluti ma che non sfocino nella violenza, di far restare tali accessori in azienda, così da perquisirli, magari in presenza di un rappresentante sindacale o di un agente di polizia.

In sostanza la tutela del patrimonio aziendale, inteso nel senso di qualunque oggetto che attenga all’organizzazione o alla produzione dell’impresa, può essere attuata in diverse forme purché si garantisca la dignità del lavoratore e non si travalichino modalità corrette di controllo.

Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 10 marzo 2021


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