Il datore di lavoro può ispezionare l’armadietto assegnato al dipendente? | ADLABOR

Il Ministero del Lavoro, con parere n.20542 dell’8.11.2016, prevede che non si applica la disciplina in tema di visite personali di controllo, di cui all’art. 6 L. 300/1970, al datore che ispeziona l’armadietto aziendale assegnato al dipendente.

L’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori disciplina in modo stringente le fattispecie in cui il datore di lavoro può eseguire dei controlli sulla persona del lavoratore.

In particolare, la norma statutaria stabilisce il divieto delle visite personali di controllo sui dipendenti, ad eccezione di quelle “indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti”.

Inoltre, la disciplina legale prescrive anche specifiche modalità con cui eseguire le visite personali (solo all’uscita dei luoghi di lavoro, nel rispetto della dignità e riservatezza del lavoratore e tramite sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori da controllare), la cui violazione comporta l’illegittimità del controllo effettuato e l’inutilizzabilità, ai fini disciplinari, di quanto emerso durante la visita personale.

Da ultimo, la validità delle visite personali sui dipendenti è subordinata ad un accordo con le R.S.U./R.S.A., o in assenza di specifica autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente. Di conseguenza, in mancanza di accordo o autorizzazione, il datore di lavoro non potrà effettuare alcuna visita di controllo, pur se indispensabile ai fini della tutela del patrimonio aziendale.

Una volta individuata qual è la disciplina in tema di visite personali sui dipendenti, occorre rilevare come la giurisprudenza ancora oggi si attesti su posizioni assolutamente non uniformi circa l’ambito di operatività dell’art. 6 e in particolare sull’estendibilità o meno del precetto normativo e della tutela ex ar. 6 L. 300/1970 espressamente prevista per le visite /ispezioni sulla persona, anche agli effetti personali o di immediata pertinenza del dipendente, quali l’abbigliamento e i c.d. accessori (borse, marsupi, zaini e simili).

Secondo un orientamento giurisprudenziale meno restrittivo viene considerato legittimo il controllo in difesa della salvaguardia del patrimonio aziendale su contenitori, involucri, borse tipo bauletto estranei all’abbigliamento, senza che siano applicate le garanzie di cui all’art. 6 L. 300/1970, come è stato affermato dalla Cassazione, con sentenza n. 14197 del 7 agosto 2012.

Secondo la Suprema Corte “….questa Corte  ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. n. 1461/88) che l’articolo 6 cit. – nel prevedere i casi in cui sono consentite, ai fini della tutela del patrimonio aziendale, le visite personali di controllo sul lavoratore – riguarda unicamente le ispezioni corporali, ma non anche quelle sulle cose del lavoratore, atteso che la norma citata – da interpretarsi letteralmente – contempla solo la “visita personale”, che nell’ordinamento processuale sia civile (articolo 118 c.p.c.) che penale (articoli 244-246 c.p.p.) è tenuta distinta dall’ispezione di cose e luoghi” (Cass. 7 agosto 2012, n. 14197).

Ne consegue che l’accordo sindacale è necessario per stabilire le regole per perquisire la persona del dipendente e non i suoi effetti personali, come borse o bagaglio in genere, poiché solo nel primo caso sussistono le prevalenti esigenze di tutela della riservatezza ed intimità della persona  (cfr. Cass. 10 febbraio 1988, n. 1461, Mass. giur. lav., 1988, 84 e Cass. 29 ottobre 1999, n. 12197).

Ovviamente, nell’ipotesi in cui si ritenga al contrario applicabile l’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori anche ai controlli sugli accessori del dipendente, sarà consentita l’ispezione di borse, marsupi, etc. solo in presenza dei requisiti prescritti dalla norma citata e, in difetto, il controllo non potrà essere effettuato, pena l’inutilizzabilità di quanto accertato e la nullità della eventuale provvedimento disciplinare adottato sulla base dell’ispezione.

Ma con quali cautele deve invece procedere il datore di lavoro, quando abbia la necessità di ispezionare l’armadietto aziendale che è stato assegnato al dipendente? Anche quest’ultima tipologia di ispezione è subordinata alle prescrizioni e alle procedure stabilite dall’art. 6 L. 300/1970?

L’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, seppur piuttosto risalante nel tempo, ha aderito al principio secondo cui allorquando l’ispezione debba avere ad oggetto l’armadietto-ripostiglio di un lavoratore, il controllo possa avere luogo senza la necessità di un preventivo accordo con le R.S.U./R.S.A., in quanto l’armadietto-ripostiglio non può essere ricompreso nel concetto di “visita personale”, essendo uno spazio di proprietà aziendale e avendo l’esclusiva funzione di contenere gli abiti civili dei lavoratori, durante l’orario di lavoro, non costituendo, quindi, una pertinenza della persona del lavoratore a differenza dei suoi vestiti, sia indossati sia appoggiati.

In particolare, è stato affermato che “Non rientra nelle ipotesi delle c.d. visite personali, ammesse dall’art. 6 l. n. 300 del 1970 solo in presenza di particolari condizioni e con modalità concordate con le rappresentanze sindacali aziendali, il controllo ad opera di dirigenti aziendali dell’armadietto in dotazione di un dipendente per verificarne il contenuto” (Pretura di Milano, 11 maggio 1996, in orient. giur. lav., 1996, 536; cfr. Pretura di Milano, 9 ottobre 1996, in Lavoro nella giur., 1997, 242), ritenendo irrilevante il fatto che l’armadietto fosse stato concesso in uso esclusivo al lavoratore.

Sul punto si è inoltre da ultimo espresso, con parere dell’8.11.2016, n. 20542, il Ministero del Lavoro, per tramite della sua Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, a fronte di una istanza ex art. 6 L. 300/1970 nella quale, fra le altre cose, veniva domandato se il responsabile del negozio potesse ispezionare gli armadietti collocati negli spogliatoi aziendali imponendo quindi che, per tale ragione, gli stessi vengano lasciati aperti ad ogni fine turno.

Secondo il Ministero, che a questo punto ha fornito un’interpretazione ufficiale della norma, per controllare l’armadietto aziendale, non vi è alcuna necessità dell’accordo sindacale o, in alternativa dell’autorizzazione da parte dell’Ispettorato territoriale del lavoro, e sarebbe di conseguenza ridondante anche il giudizio sull’indispensabilità dell’ispezione, poiché il controllo degli armadietti – spazi che sono di proprietà aziendale (sebbene posti nell’esclusiva disponibilità del lavoratore) – sarebbe fuori dall’ambito regolativo dell’art. 6 per l’impossibilità di ricondurre l’ispezione in questione alla fattispecie della “visita personale”, anche accogliendo un’accezione molto ampia della nozione tale da ricomprendere gli effetti personali del lavoratore.

Di fatto, l’ispezione degli armadietti esula dal campo di applicazione dell’art. 6, in quanto non rientra nel concetto di “visita personale” che è il presupposto per l’applicazione delle garanzie e delle tutele previste dallo Statuto dei lavoratori: nonostante gli armadietti vengano dati in uso esclusivo al lavoratore, questi restano comunque spazi di esclusiva proprietà aziendale e non rientrano tra gli oggetti di proprietà del lavoratore e pertanto il datore di lavoro potrà effettuare la loro ispezione senza vincoli o procedure specifiche a cui attenersi ed utilizzare quanto accertato ai fini disciplinari.

A cura di Francesco Bedon

 


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