Premi – riconoscimento ai dipendenti dimissionari | ADLABOR | ISPER HR Review

I premi, nelle loro varie tipologie, istituiti a livello aziendale, hanno anche una funzione fidelizzante oltre a quella di valorizzare, anche economicamente, le prestazioni dei dipendenti. E proprio lo scopo di retention porta ad escludere il loro riconoscimento a quei lavoratori in procinto di risolvere il rapporto con l’azienda. Si è quindi posta in discussione la regola, osservata dalle aziende, di non riconoscere il premio ai dipendenti dimissionari. La giurisprudenza, riconoscendo la funzione fidelizzante dei premi, ha considerato valide le procedure di esclusione dei dimissionari dall’erogazione dei premi purché fossero chiaramente esplicitate, conosciute ed accettate dal lavoratore interessato.

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Premi di risultato, premi di produttività, M.B.O. e istituti retributivi analoghi sono ormai entrati nella consuetudine dei trattamenti economici dei dipendenti al fine di premiare la produttività e / o il raggiungimento di specifici risultati. Ma tali trattamenti hanno anche, almeno parimenti, una funzione fidelizzante essendo destinati ad invogliare il dipendente a rimanere legato all’azienda. I meccanismi di calcolo e di liquidazione dei premi possono essere stabiliti dal datore di lavoro. E ciò anche nel caso in cui vengano istituiti e regolamentati dalla contrattazione collettiva. È buona regola, proprio per avvalorare la funzione fidelizzante dei premi, condizionarne il riconoscimento e l’erogazione al permanere del rapporto di lavoro con il dipendente interessato. Così è opportuno che il regolamento del premio, ovvero l’accordo sindacale che lo disciplina, prevedano la condizione per cui sia la maturazione, usualmente calcolata alla fine dell’anno fiscale di riferimento, sia l’erogazione, normalmente prevista dopo l’approvazione del bilancio, avvengano solo a fronte del fatto che il lavoratore interessato non sia dimissionario né tantomeno abbia cessato il rapporto di lavoro.

Questi meccanismi di esclusione dal sistema premiale di dipendenti dimissionari hanno trovato, in alcuni casi, opposizione in sede giudiziale ove è stata contestata la validità delle condizioni poste al riconoscimento dell’incentivo. La giurisprudenza si è espressa in senso favorevole alla possibilità di limitare la liquidazione del premio ai lavoratori non dimissionari: “Il premio di produttività in questione, (…), non ha fonte contrattuale e trova invece il suo fondamento in una determinazione unilaterale dell’azienda. Pertanto la scelta di limitare tale erogazione nel caso di dimissioni appare legittima, dal momento che essa è stata preventivamente portata a conoscenza del dipendente e ha trovato costante applicazione nel tempo nei confronti dei lavoratori. Tale politica aziendale non appare nemmeno arbitraria ed ingiustificata, essendo evidente che essa è preordinata a disincentivare l’abbandono del posto di lavoro del dipendente nel corso dell’anno” (Tribunale di Ferrara, Sent. n. 169/2017). Ed ancora “poiché il regolamento prevede la presenza in servizio del dipendete al momento del pagamento, mentre nell’agosto 2010, il (…) (il lavoratore n.d.r.) aveva da tempo rassegnato le proprie dimissioni” (Corte d’Appello di Roma, Sent. n. 5239/2017).

Le pronunzie del Tribunale di Ferrara e della Corte d’Appello di Roma evidenziano sia la legittimità dell’esclusione del riconoscimento del premio al lavoratore dimissionario sia la natura fidelizzante del sistema premiale. Aspetto rilevante è stato anche quello per cui il lavoratore fosse a conoscenza del fatto che, in caso di dimissioni, il premio non sarebbe stato riconosciuto. Ciò sta a significare che il regolamento del sistema incentivante, ovvero il relativo accordo sindacale, devono essere portati a conoscenza diretta del lavoratore usualmente indicando espressamente nel regolamento del premio (da consegnare e far sottoscrivere per ricevuta al lavoratore) le condizioni di riconoscimento del premio. Un aspetto critico si potrebbe manifestare nel caso in cui sia il datore di lavoro a risolvere il rapporto ed in questo caso sarebbe discutibile il mancato riconoscimento del premio per un fatto dipendente dalla volontà di chi è onerato all’erogazione perché tale comportamento potrebbe essere interpretato come uno strumento lasciato alla più libera discrezionalità datoriale per evitare il pagamento. Però, il più delle volte, i regolamenti dei sistemi incentivanti prevedono il conseguimento del risultato e la conseguente maturazione del premio al raggiungimento degli obiettivi in un arco di tempo predeterminato per cui un recesso operato nel periodo in cui non si è ancora completato il periodo di osservazione ai fini del premio potrebbe legittimare la sua mancata erogazione non intendendosi configurato pienamente il parametro (temporale) che deve essere indicato nel regolamento come elemento essenziale per il conseguimento del risultato. Peraltro la Corte d’Appello di Brescia ha affermato che: “Non vi è neppure alcun argomento che porti a ritenere illogica e ingiustificata tale previsione, in quanto è perfettamente legittimo, e conforme a molti altri contratti già esaminati da questa Corte, che il datore di lavoro sottoponga il conseguimento del diritto al bonus alla partecipazione compiuta all’intero anno di lavoro, (…),  e subordinare la corresponsione della somma al fatto che il dipendente sia ancora tale e quindi sia fidelizzato al datore di lavoro e non già passato a lavorare per qualche altra ditta, magari persino concorrente” (Corte d’Appello di Brescia, Sent. n. 612/2012). Tale pronunzia pare confermare la possibilità di subordinare la maturazione dell’incentivo alla permanenza in servizio del lavoratore per l’intero arco temporale di valutazione. Ed anzi la corte sottolinea la funzione fidelizzante del bonus che non avrebbe solo una funzione di retention ma varrebbe anche come strumento per limitare comportamenti concorrenziali. Il quadro interpretativo giurisprudenziale pare quindi orientato a ritenere legittime regole stringenti per il riconoscimento dei premi sempre che siano chiaramente esplicitate e conosciute, meglio se espressamente accettate, dal lavoratore interessato.

Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 10 febbraio 2021.


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