Preavviso e sua rinunciabilità | ADLABOR | ISPER HR Review

Nel rapporto di lavoro subordinato l’istituto del preavviso e della relativa indennità sostitutiva è previsto dall’art. 2118 c.c. a norma del quale:

1.Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità.

2.In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

L’istituto del preavviso – e della relativa indennità sostitutiva – è stabilito nell’interesse esclusivo della parte che subisce il recesso e adempie alla funzione di attenuare per la parte che subisce il recesso le conseguenze pregiudizievoli dell’improvvisa cessazione del rapporto di lavoro (si veda Cass. Sez. Un. 29.09.1994, n. 7914).

Da tale principio discende pertanto che, in caso di dimissioni del lavoratore, il preavviso consente al datore di lavoro di reperire un sostituto del lavoratore dimissionario prima che il rapporto di lavoro venga a cessare, mentre in caso di licenziamento intimato dal datore di lavoro il preavviso consente al lavoratore di non essere immediatamente privato dei mezzi di sostentamento e di dedicarsi alla ricerca di un’altra occupazione prima che il rapporto di lavoro venga a cessare definitivamente.

Il preavviso costituisce quindi un’obbligazione del recedente dal cui inadempimento deriva il diritto della parte che subisce il recesso a ottenere il l’indennità sostitutiva.

In merito alla natura dell’istituto del preavviso si sono tuttavia “fronteggiati” due orientamenti giurisprudenziali, che hanno influenzato anche la questione relativa alla rinunciabilità o meno al preavviso da parte del soggetto che riceve il recesso.

Il primo e più risalente orientamento della giurisprudenza, che è stato maggioritario fino a metà degli anni ’10, propugnava la tesi dell’efficacia reale del preavviso, secondo cui il recesso spiegherebbe i suoi effetti soltanto al termine del periodo di preavviso, a prescindere dal fatto che esso sia stato lavorato o meno (Cass. Civ. Sez. Lav. 5 marzo 2013 n. 5405). Da tale interpretazione deriverebbe  l’irrinunciabilità del preavviso e quindi l’equiparazione di una rinuncia al preavviso ad un contro-recesso delle parte destinataria del recesso iniziale. Ed infatti, secondo la sentenza della Cassazione n. 5284 del 29.05.1999,che aveva avvallato la teoria dell’efficacia reale del preavviso, sarebbe stato diritto del lavoratore dimissionario  ricevere, in caso di rifiuto da parte del datore di lavoro di ricevere il preavviso lavorato, l’indennità sostitutiva del preavviso.

Successivamente la giurisprudenza della Suprema Corte(Sentenza Cass. 19.08.2009, n. 18377) ha anche sancito la legittimità di una disposizione del contratto collettivo che consentiva al datore di lavoro di rinunciare al preavviso, esonerandolo dal pagamento, a favore del lavoratore dimissionario, dell’indennità sostitutiva: “Mentre non può considerarsi legittima la disposizione di un contratto collettivo che esoneri il recedente dall’obbligo del preavviso, è invece del tutto legittima quella che, fermo restando tale obbligo, riconosca la facoltà, per la parte non recedente, di dispensare “ex post” il recedente medesimo dagli obblighi a lui derivanti dal preavviso, in quanto la disciplina degli aspetti economici connessi allo scioglimento del rapporto non è sottratta, sotto tale profilo, all’autonoma disponibilità delle parti, le quali, in sede di contrattazione sia individuale che collettiva, possono perciò validamente pattuire la facoltà per il non recedente, che abbia ricevuto la comunicazione del preavviso, di troncare immediatamente il rapporto di lavoro, senza che ne derivi alcun obbligo di indennizzo per il periodo di preavviso non compiuto, non derivandone pregiudizio per il recedente, che con la prestata adesione al regolamento preventivo degli effetti del recesso è in condizioni di valutarne in anticipo le possibili conseguenze”.

A tale orientamento giurisprudenziale se ne è tuttavia opposto uno più recente, ed ora prevalente nelle aule di giustizia, che ha affermato l’efficacia obbligatoria del preavviso (si veda ad esempio Cass. Civ. sez. Lav., ord. 26 ottobre 2018 n. 27294) e che configura quest’ultimo come un obbligo accessorio ed alternativo a carico della parte che esercita il recesso, nonché quindi come un diritto per la parte che ne è destinataria.

Sulla scorta di tale tesi, la giurisprudenza di merito (si vedano ad esempio Tribunale di Cremona, Sent. n. 146 del 29.10.2019 e Tribunale di Udine, Sent. n. 181 del 7.3.2019) è giunta ad elaborare il principio secondo cui, essendo il preavviso previsto nell’interesse esclusivo del suo destinatario (ossia della parte che subisce il recesso), la conseguenza è che il destinatario del preavviso (e del recesso) avrebbe la facoltà di rinunciarvi in tutto o in parte senza che la parte recedente possa opporsi o pretendere il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

E recentemente la Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27934 del 13.10.2021, ha aderito a tale interpretazione esegetica, sancendo che il datore di lavoro che rinuncia al periodo di preavviso non deve pagare l’indennità sostitutiva al dipendente dimissionario, il quale peraltro non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso.

Difatti, secondo la Cassazione, non risulta configurato alcun interesse giuridicamente qualificato in favore della parte recedente e la libera rinunciabilità del preavviso esclude che ad essa possano connettersi, a carico della parte rinunziante, effetti obbligatori.

Tuttavia invitiamo le aziende a non considerare consolidato l’orientamento giurisprudenziale testé riportato, in quanto occorre verificare che il principio sotteso a detta pronuncia della Cassazione si sedimenti e venga confermato anche da  future decisioni, posto che altri interpreti l’hanno ritenuto eccessivamente penalizzante nei confronti del lavoratore dimissionario e non hanno ritenuto adeguatamente valorizzata la funzione “assistenziale” del preavviso. Né si trascuri che il lavoratore, dimissionario perché ha trovato una nuova occupazione, può aver concordato con il nuovo datore di lavoro l’inizio del rapporto in coincidenza con la scadenza del preavviso per cui esonerarlo senza riconoscere l’indennità sostitutiva lo priverebbe del trattamento retributivo per il periodo corrispondente al preavviso. E tale impostazione sarebbe particolarmente penalizzante per quei lavoratori che, correttamente, rispettano i periodi di preavviso per consentire non solo di trovare un sostituto ma anche il passaggio di consegne.

Ed inoltre occorre prestare attenzione a che il CCNL applicato non preveda espressamente, in caso di dimissioni del dipendente, l’obbligo per il datore di lavoro che intende rinunciare al preavviso, di corrispondere ugualmente la relativa indennità sostitutiva come fanno ad esempio il CCNL Commercio all’art. 254: “Su richiesta del dimissionario, il datore di lavoro può rinunciare al preavviso, facendo in tal caso cessare subito il rapporto di lavoro. Ove invece il datore di lavoro intenda di sua iniziativa far cessare il rapporto prima della scadenza del preavviso, ne avrà facoltà, ma dovrà corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva nelle misure di cui al comma precedente per il periodo di anticipata risoluzione del rapporto di lavoro”, e il CCNL Dirigenti del settore commercio che all’art. 37, comma 4, stabilisce che : “Il datore di lavoro che, ricevuta la comunicazione delle dimissioni, rinunci totalmente o parzialmente alla prestazione, è tenuto a corrispondere al dirigente le relative mensilità”.

Interpretazione elaborata in collaborazione con ISPER HR Review del 22 dicembre 2021


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