Il Divieto Di Lavoro Notturno Della Donna In Gravidanza – (Nel Settore Del Turismo – Pubblici Esercizi ) | ADLABOR

 

L’ Art. 11, comma 2 del D. Lgs. 66/2003 stabilisce che è “vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’ accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino”, lasciando alla contrattazione collettiva il compito di individuare eventuali ulteriori ipotesi di esclusione dall’ obbligo di effettuare lavoro notturno.

Ci si domanda se tale divieto imperativo possa subire un estensione qualora la contrattazione collettiva consideri “lavoro notturno” anche il lavoro svolto prima delle 24 ( e cioè il lavoro svolto a partire dalle 22 o dalle 23, a seconda del C.C.N.L. in questione ).

Il problema si pone poiché nella legge generale sull’ orario di lavoro ( il D. Lgs.. 66/2003 ) manca una definzione di “lavoro notturno”.
La legge, infatti, definisce – peraltro in modo poco chiaro – soltanto “periodo notturno” e “lavoratore notturno”.

Per “periodo notturno” si intende “il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’ intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”.
Per “lavoratore notturno” si intende:

  1. “qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale” ( vale a dire svolga abitualmente almeno tre ore del suo orario giornaliero nel periodo notturno. Pertanto, il lavoratore notturno può avere un inizio ed una fine dell’ orario di lavoro diversificate, ma è tale se nell’ ambito del suo orario di lavoro opera per almeno tre ore, tra la mezzanotte e le 5.00 del mattino ).
  2. “qualsiasi lavoratore che svolga, per almeno tre ore, durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’ anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”.

Le ipotesi 1) e 2) non si sovrappongono: nel primo caso il lavoratore presta in via normale il proprio lavoro in un arco di tempo che per almeno tre ore va a cadere nell’ intervallo tra le 24 e le 5; nel secondo caso il lavoratore svolge, per non meno di ottanta giorni all’ anno, lavoro nel periodo compreso tra le 24 e le 5, a prescindere dal fatto che tale lavoro rientri nel suo orario normale di lavoro: si tratta in genere dei lavoratori, come ad esempio gli operai delle imprese a ciclo continuo, che lavorano in turni avvicendati su base settimanale o annuale, cosicché una parte della loro prestazione viene a svolgersi in periodo notturno.

Pur non comparendo una definizione del lavoro notturno ( al quale tuttavia il d.lgs. n. 66/2003 continua a fare piè di un riferimento ), combinando le definizioni del periodo notturno e del lavoratore notturno si può dire che “lavoro notturno” è quella parte della prestazione lavorativa che si svolge ( abitualmente o occasionalmente ) durante l’ arco di tempo compreso tra le 24 e le 5.

Ora, il C.C.N.L. Turismo – Pubblici Esercizi, stabilisce – quale condizione di miglior favore per il dipendente – che il “periodo notturno”, ai fini della definizione di “lavoratore notturno”, va dalle 23.00 alle 6.00 del mattino ( cfr. artt. 110 e 293 del C.C.N.L. ).
Combinando le due definizioni ( di periodo notturno e di lavoratore notturno ) ne discende che nel settore in questione il “lavoro notturno” è quella parte della prestazione lavorativa che va dalle 23.00 ( e non dalle 24.00 ) alle 6.00 ( e non alle 5.00 ).

Quali gli effetti sul divieto di adibire la donna in gravidanza a lavoro notturno ? Il divieto parte dalle 23.00 ?

A mio avviso, la risposta deve essere negativa, poiché il C.C.N.L. si limita a dettare una nozione di periodo notturno ( e conseguentemente di lavoratore notturno ) funzionale ad estendere la maggiorazione del 25% già a partire dalle 23.00 ( infatti, il comma 2 dell’ Art. 293 del C.C.N.L. stabilisce che “le maggiorazioni per lavoro notturno previste dall’ Art. 292 sono applicate per le ore di lavoro notturno svolte dalle ore 23:00 alle ore 6:00 del mattino” ).
Detto in altri termini, non mi pare si possa arbitrariamente stabilire che la definizione di “periodo notturno” fornita dalla contrattazione collettiva modifichi il dettato normativo di cui all’ Art. 11 D. Lgs.. 66/03, stabilito per una diversa funzione.
Pertanto, si dovrà presumibilmente ritenere che il divieto di far lavorare una donna in gravidanza ( fino al primo anno di vita del bambino ) operi dalle 24.00 alle 6.00.

 


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