Part-Time post maternità | ADLABOR

Part-time dopo la maternità: manca una garanzia

Nell’ordinamento giuslavoristico italiano, pur in presenza di una molteplicità di dichiarazioni di principio a favore della stipulazione e trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale, al fine di permettere al lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorativo-professionali, non esiste un diritto per i lavoratori a vedersi trasformato l’orario di lavoro in part-time, salvo ipotesi specifiche previste dalla legge (es. lavoratori affetti da patologie oncologiche con capacità lavorativa ridotta).

La Corte di Cassazione ha precisato che, salvo diversa previsione della legge o della contrattazione collettiva, alla richiesta del dipendente di trasformazione del rapporto da full-time a part-time corrisponde un potere discrezionale del datore di lavoro (Corte di Cass. Sez. lav., 4 maggio 2011, n. 9769). Il dipendente non può sindacare la decisione del datore di lavoro in ordine alla sussistenza o meno delle esigenze organizzative e produttive compatibili con le prestazioni da rendersi a orario ridotto.

Da ciò non può che dedursi l’assenza di un corrispondente diritto del lavoratore alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Al lavoratore è riconosciuta esclusivamente la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, dove il diritto riguarda la priorità, ovvero il fatto che la domanda del lavoratore debba essere esaminata con carattere di precedenza rispetto alle altre, nelle seguenti ipotesi (art. 12 bis, c. 2 e 3, D.Lgs. 61/2000):

  •  patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o lavoratrice;
  •  lavoratore o lavoratrice che assistano una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza continua perché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
  •  lavoratore o lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a 13 anni;
  •  lavoratore o lavoratrice con figlio convivente portatore di handicap.

Allo stesso modo, l’ordinamento giuridico nazionale, ed in particolar modo il D.lgs. n. 151/2001, pur promuovendo norme a tutela della madre lavoratrice e prevedendo un sostegno effettivo alla genitorialità, non ha previsto alcun diritto al part-time per la madre lavoratrice, ma solo il diritto di precedenza, facendo di fatto prevalere le esigenze organizzative del datore di lavoro.

Il CCNL Commercio ha colmato il vuoto lasciato dalla legislazione, prevedendo e disciplinando all’art. 90 l’istituto del Part-time post maternità, col quale si stabilisce che: “Al fine di consentire ai lavoratori assunti a tempo pieno indeterminato l’assistenza al bambino fino al compimento del terzo anno di età, le aziende accoglieranno, nell’ambito del 3 per cento della forza occupata nell’unità produttiva, in funzione della fungibilità dei lavoratori interessati, la richiesta di trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale da parte del genitore.

Nelle unità produttive che occupano da 20 a 33 dipendenti non potrà fruire della riduzione dell’orario piè di un lavoratore.

Il datore di lavoro accoglierà le richieste in funzione della fungibilità dei lavoratori interessati ed in base al criterio della priorità cronologica della presentazione delle domande.

La richiesta di passaggio a part time dovrà essere presentata con un preavviso di 60 giorni e dovrà indicare il periodo per il quale viene ridotta la prestazione lavorativa.”

Pertanto sarà necessario analizzare e valutare l’ambito di applicazione e la portata dell’istituto del part-time post maternità, di cui all’art. 90 del CCNL Commercio, per verificare la sua applicabilità al singolo caso concreto.

Da una prima lettura dell’articolo citato, parrebbe che la contrattazione collettiva abbia contemplato un diritto alla riduzione di orario a favore del genitore, assunto a tempo indeterminato con orario full-time, con prole di età inferiore ai tre anni, dato che l’uso dell’indicativo (“accoglieranno“) è espressivo di un obbligo imposto dalla norma al destinatario (“le aziende“).

Tuttavia si tratta di un diritto condizionato alla sussistenza di due presupposti essenziali: il primo di carattere numerico, poiché il diritto al part-time post maternità è azionabile solo nell’ambito del 3 per cento della forza occupata nell’unità produttiva (e comunque la norma concede la riduzione di orario ad un solo lavoratore nelle unità produttive che hanno in forza da 20 a 33 dipendenti, affermando implicitamente che al disotto di tale soglia il diritto non è azionabile).

La ratio della norma collettiva è quella di non onerare eccessivamente aziende che, a causa delle ridotte dimensioni delle singole unità produttive, non potrebbero far fronte ad una riduzione di orario di una dipendente.

Il secondo requisito necessario per fruire del part-time post-partum è invece attinente all’esistenza in azienda di personale fungibile”, che il datore di lavoro possa impiegare per fare fronte al ridotto impegno lavorativo del richiedente.

A favore di tale interpretazione si pongono, indirettamente, anche le stesse OO.SS. stipulati il CCNL Commercio, le quali nella piattaforma di rinnovo del CCNL Commercio del 2010 avanzavano alla controparte datoriale, in tema di part- time, la seguente rivendicazione: “Sul part-time post maternità si richiede che tale dritto sia riconosciuto fino ai cinque anni di età del bambino anche nelle unità produttive al di sotto dei 20 dipendenti, ….”, che però non è stata accolta, lasciando invariata la norma in questione.

L’istanza avanzata dalle OO.SS. rappresenta un ulteriore elemento dal quale si evince chiaramente come l’istituto del part-time post maternità non risulta essere applicabile nelle unità produttive con un organico inferiore ai 20 dipendenti, dovendo contemperarsi con le esigenze del datore di lavoro.


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