LEGGE 23 luglio 2021, n. 106- Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali.-

 

                           Art. 40

Ulteriori disposizioni in  materia  di  trattamenti  di  integrazione  salariale e di esonero dal contributo addizionale

 1. In alternativa ai trattamenti di integrazione salariale  di  cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, i datori di  lavoro privati di cui all’articolo 8, comma 1  del  decreto-legge  22  marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  21  maggio 2021, n. 69, che nel primo semestre dell’anno 2021  hanno  subito  un calo del fatturato del  50  per  cento  rispetto  al  primo  semestre dell’anno  2019,  possono  presentare,  previa  stipula  di   accordi collettivi  aziendali  ai  sensi   dell’articolo   51   del   decreto legislativo  15  giugno  2015,  n.  81  di  riduzione  dell’attivita’ lavorativa dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente   decreto   finalizzati   al   mantenimento   dei    livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attivita’ dopo  l’emergenza epidemiologica, domanda di cassa integrazione guadagni  straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 4 e 21  del  decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per una durata  massima  di  26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore  del  presente decreto e il 31 dicembre 2021. La riduzione  media  oraria  non  puo’ essere  superiore   all’80   per   cento   dell’orario   giornaliero, settimanale  o  mensile  dei  lavoratori   interessati   dall’accordo collettivo. Per  ciascun  lavoratore,  la  percentuale  di  riduzione complessiva dell’orario di lavoro non puo’ essere superiore al 90 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo di cui al presente comma e’  stipulato.  Il  trattamento  retributivo perso va determinato inizialmente non  tenendo  conto  degli  aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo  collettivo  di  cui  al presente comma. Il trattamento di integrazione salariale  e’  ridotto in  corrispondenza  di  eventuali  successivi   aumenti   retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. Gli accordi  di  cui al presente comma devono specificare le modalita’ attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, puo’ modificare in aumento, nei  limiti  del  normale  orario  di  lavoro, l’orario  ridotto.  Il   maggior   lavoro   prestato   comporta   una corrispondente riduzione del trattamento di  integrazione  salariale. Ai lavoratori impiegati a orario ridotto ai sensi del presente  comma e’ riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale, in misura pari al 70 per cento della retribuzione  globale  che  sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l’applicazione dei limiti di importo previsti dall’articolo 3, comma 5  del  decreto legislativo 4 settembre 2015, n. 148,  e  la  relativa  contribuzione figurativa. Per i trattamenti concessi ai sensi  del  presente  comma non e’ dovuto dal datore di lavoro alcun contributo addizionale.

 2. I trattamenti di cui al comma 1 sono concessi nel limite massimo di spesa pari a  557,8  milioni  di  euro  per  l’anno  2021.  L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo  periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga  che  e’ stato raggiunto anche in via prospettica il limite di  spesa,  l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Agli oneri  derivanti dal primo periodo del presente comma pari a 557,8 milioni di euro per l’anno 2021 si provvede ai sensi dell’articolo 77.

3. I datori di lavoro privati di cui all’articolo 8, comma  1,  del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, che a decorrere  dalla data del 1 luglio 2021 sospendono o riducono l’attivita’ lavorativa e presentano domanda di integrazione salariale ai sensi degli  articoli 11 e 21 del decreto  legislativo  14  settembre  2015,  n.  148  sono esonerati  dal  pagamento   del   contributo   addizionale   di   cui all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo fino al  31  dicembre 2021. Il beneficio contributivo di cui al primo periodo del  presente comma e’ riconosciuto nel limite di minori entrate contributive  pari a 163,7  milioni  di  euro  per  l’anno  2021.  L’ente  previdenziale provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di  cui  al secondo periodo del presente comma e comunica  i  risultati  di  tale attivita’ al Ministero del lavoro e  delle  politiche  sociali  e  al Ministero  dell’economia  e  delle  finanze.  Qualora  dal   predetto monitoraggio emerga il  verificarsi  di  scostamenti,  anche  in  via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono  adottati altri provvedimenti concessori.

 4. Ai datori di  lavoro  che  presentano  domanda  di  integrazione salariale ai sensi del comma 3 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito  entro  il 31 dicembre 2021 e restano altresi’ sospese nel medesimo  periodo  le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato  dal  recesso,  gia’ impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di  nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo  nazionale  di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai  medesimi  soggetti di cui al  primo  periodo  resta,  altresi’,  preclusa  nel  medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facolta’  di recedere dal contratto per giustificato  motivo  oggettivo  ai  sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresi’ sospese le procedure in corso di cui all’articolo  7  della  medesima legge.

 5. Le sospensioni e le  preclusioni  di  cui  al  comma  4  non  si applicano nelle ipotesi di licenziamenti  motivati  dalla  cessazione definitiva  dell’attivita’  dell’impresa  oppure   dalla   cessazione definitiva  dell’attivita’  di  impresa  conseguente  alla  messa  in liquidazione della  societa’  senza  continuazione,  anche  parziale, dell’attivita’, nei casi in cui nel corso della liquidazione  non  si configuri la cessione di un complesso di beni o attivita’ che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai  sensi dell’articolo 2112 del codice  civile  o  nelle  ipotesi  di  accordo collettivo  aziendale,  stipulato  dalle   organizzazioni   sindacali comparativamente  piu’  rappresentative  a  livello   nazionale,   di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro,  limitatamente  ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori  e’ comunque riconosciuto  il  trattamento  di  cui  all’articolo  1  del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono  altresi’  esclusi  dal divieto i licenziamenti intimati in caso di  fallimento,  quando  non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne  sia  disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio  sia  disposto per uno specifico ramo  dell’azienda,  sono  esclusi  dal  divieto  i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

 6. Alle minori entrate derivanti dal comma 3, rispettivamente  pari a 163,7 milioni di euro per l’anno 2021 e valutate in 24  milioni  di euro per l’anno 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 77.


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