Licenziamento di lavoratori con contratto a tutele crescenti ex D.lgs. 23/2015 (effettuato prima dell’11 agosto 2018 e dell’entrata in vigore della L. 96/2018) in aziende con più di 15 dipendenti nell’unità produttiva-comune o più di 60 dipendenti sul territorio nazionale | ADLABOR

Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti ex D.lgs. 4 marzo 2015, n. 23

Entrata in vigore (D.lgs. 23/2015, art. 12) Il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, è entrato in vigore sabato 7 marzo 2015.
Campo di applicazione del D.lgs. 23/2015 e

lavoratori soggetti alla nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti

(D.Lgs.  23/2015, art. 1)

A)

-operai,

-impiegati,

-quadri

assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015.

 

-sono esclusi i dirigenti.

 

B)

Dipendenti già assunti con:

– contratto a termine,

– contratto di apprendistato, ma solo se tali rapporti vengano convertiti, a partire dal 7 marzo 2015, in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

C)

Dipendenti, anche già in servizio, del datore che, con nuove assunzioni effettuate dal 7 marzo 2015, raggiunge i requisiti di organico ex art. 18 L. 300/1970 (supera i 15 dipendenti).

Licenziamento discriminatorio, nullo, intimato in forma orale, nonché in violazione degli articoli 4, co. 4, e 10, co. 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68

 

(D.Lgs.  23/2015, art. 2)

Per tutti i licenziamenti, adottati da datori di lavoro di qualsiasi dimensione e dichiarati illegittimi, indipendentemente dal motivo formalmente addotto, perché:

-discriminatori,

-nulli,

-inefficaci,

-verbali,

-motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore,

 

le conseguenze saranno:

A)

reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

risarcimento del danno con un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.

versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

 

B)

A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del datore, salvo abbia chiesto l’indennità sostitutiva della reintegra.

 

C)

-Fermo il risarcimento del danno, il lavoratore può chiedere al datore, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto.

La richiesta dell’indennità va fatta entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore a riprendere servizio, se anteriore a tale comunicazione

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo e oggettivo, nonché per giusta causa (D.Lgs. 23/2015, art. 3, commi 1 e 2)

Disciplina valevole per la generalità dei casi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(D.lgs. 23/2015, art. 3 comma 3)

 

 

 

 

 

 

Insussistenza del fatto materiale contestato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In tutti i casi in cui non ricorrono i presupposti per la reintegrazione e venga accertata giudizialmente la mancanza di:

giustificato motivo oggettivo,

giustificato motivo soggettivo,

giusta causa,

 

le conseguenze per il datore di lavoro saranno:

-Dichiarazione di estinzione del rapporto alla data del licenziamento;

-risarcimento del danno con un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

 

 

 

In caso di licenziamento per GMO, dei lavoratori soggetti al D.Lgs. n. 23/2015, non va attivata la procedura in DTL.

 

 

 

 

Solo in caso di licenziamento per:

·         giustificato motivo soggettivo,

·         giusta causa,

in cui sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato,(rispetto a cui è estranea ogni valutazione circa la sproporzione del recesso),

 

le conseguenze per il datore di lavoro saranno:

annullamento del licenziamento e ordina la reintegra;

– risarcimento del danno con un’indennità massima di 12 mensilità, commisurata all’ultima retribuzione per il calcolo del TFR, dedotto aliunde perceptum e percipiendum.

 

-Il datore deve versare i contributi fino alla reintegra, senza sanzioni.

-Il lavoratore, in alternativa alla reintegrazione, può chiedere un’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale (tale indennità si aggiunge al risarcimento del danno).

 

-La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

Vizi formali e procedurali (D.lgs. 23/2015, art. 4)

Ipotesi contemplate dalla norma

 

 

 

 

 

Conseguenze della illegittimità del licenziamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A) Licenziamento per giustificato motivo oggettivo riconosciuto come legittimo, ma intimato in violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604.

B) Licenziamento disciplinare riconosciuto come legittimo ma intimato in violazione della procedura di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Conseguenze della illegittimità del licenziamento per vizi formali e procedurali:

-Il giudice dichiara estinto il rapporto alla data del recesso,

-condanna il datore a pagare una indennità esente da contributi, pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità,

– se il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, oltre ai vizi formai e procedurali, accerta che si tratta di un licenziamento:

1)

-discriminatorio,

-nullo,

-inefficace,

-verbale,

– determinato da un motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore,

applicherà le tutele previste dall’art. 2 del D.lgs. 23/2015.

 

2)

privo di:

giustificato motivo oggettivo,

giustificato motivo soggettivo,

giusta causa

applicherà le tutele previste dall’art. 3 del D.lgs. 23/2015.

 Revoca del licenziamento (D.lgs. 23/ 2015, art. 5)

Termini

 

 

Conseguenze

La revoca del licenziamento deve essere effettuata da parte del datore di lavoro entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore dell’impugnazione del medesimo.

 

Il rapporto viene ripristinato senza soluzione di continuità: al lavoratore spetta la retribuzione maturata nel periodo prima della revoca, e non si applicano le sanzioni previste dal D.lgs. 23/2015.

 Offerta di conciliazione (D.lgs. 23/2015, art. 6)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conseguenze e comunicazioni telematiche obbligatorie

Per evitare il giudizio e ferma ogni altra modalità di conciliazione, il datore può offrire al lavoratore, entro 60 giorni, in una delle sedi di cui all’art. 2113, co. 4°, c.c., e all’art. 76 del D.Lgs. 10.9.2003, n. 276:

 

– un importo non imponibile ai fini Irpef e non soggetto a contribuzione previdenziale, pari a 1 mensilità della retribuzione per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, consegnando un assegno circolare.

Se il lavoratore accetta l’assegno si ha l’estinzione del rapporto alla data del recesso e la rinuncia all’impugnazione ove già proposta.

-Le eventuali ulteriori somme pattuite in sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto sono soggette al regime fiscale ordinario.

La comunicazione obbligatoria di cessazione è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore entro 65 giorni dalla cessazione, nella quale va indicato se è stata effettuata la conciliazione.

Computo dell’anzianità negli appalti (D.lgs. 23/2015, art. 7)

 

 

Criteri di computo dell’anzianità del lavoratore

 

 

Per il calcolo delle indennità in caso di:

-licenziamento per giustificato motivo e giusta causa illegittimo (no reintegra);

-vizi formali e procedurali;

-offerta di conciliazione;

l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.

Le indennità sono le seguenti:

-licenziamento per giustificato motivo e giusta causa: 2 mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio (minimo 4) fino a un massimo di 24 mensilità;

-vizi formali e procedurali: 1 mensilità per ogni anno di servizio (minimo 2), massimo pari a 12 mensilità;

– offerta di conciliazione: 1 mensilità per ogni anno di servizio (minimo 2) fino a 18 mensilità della retribuzione utile per il calcolo del TFR.

Computo e misura delle indennità per frazioni di anno (D.lgs. 23/2015, art. 8)

 

 

 Criteri di computo delle varie indennità

 

Gli importi dell’indennità risarcitoria in caso di:

-licenziamento per giustificato motivo e giusta causa illegittimo (no reintegra);

-vizi formali e procedurali;

– offerta di conciliazione;

sono riproporzionati e le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni si computano come mese intero.

Organizzazioni di tendenza (D.lgs. 23/2015, art. 9) Anche ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la disciplina sul contratto a tutele crescenti di cui al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
Licenziamento collettivo (D.lgs. 23/2015, art. 10)

Mancanza della forma scritta

 

 

 

 

 

 

Violazione procedure o criteri di scelta

In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, e quindi:

-reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

risarcimento del danno con un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il TFR maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto;

versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione.

 

In caso di violazione delle procedure ex art. 4, co. 12, o dei criteri di scelta ex art. 5, co. 1, della legge n. 223/1991 le conseguenze per il datore di lavoro saranno:

-estinzione del rapporto dalla data del licenziamento

-risarcimento del danno con un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il TFR di importo pari a due mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

 Rito processuale applicabile (D.lgs. 23/2015, art. 11) Ai licenziamenti di cui al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, non si applica la disciplina processuale comunemente detta “Rito Fornero” di cui all’ art.1 commi 47 ss. L. 92/2012.

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