Lavoro straordinario: il lavoratore è obbligato alla prestazione? | ADLABOR

Il lavoratore è tenuto a rispettare l’orario di lavoro contrattuale ma se gli viene richiesta una prestazione aggiuntiva è obbligato a fornirla?

L’orario di lavoro straordinario corrisponde alle prestazioni lavorative svolte oltre l’orario normale di lavoro, fissato dall’art. 3 del d.lgs. n. 66/2003, in 40 ore settimanali, nei rapporti di lavoro a tempo pieno.

Alcuni CCNL hanno poi ridotto ulteriormente l’entità dell’orario normale di lavoro settimanale.

Ma cosa accade se il lavoratore rifiuta di prestare l’attività di lavoro straordinario richiestagli dal datore di lavoro?

Innanzitutto è opportuno precisare che l’art. 5 del d.lgs. n. 66/2003 ammette che il datore di lavoro richieda al dipendente prestazioni di lavoro straordinario:

  • quando previsto dalla contrattazione collettiva;
  • in caso di eccezionali esigenze tecnico-produttive che non possono essere fronteggiate attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
  • in caso di forza maggiore o quando la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pencolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • in caso di eventi particolari come mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili per le stesse occasioni.

In queste specifiche ipotesi, il rifiuto del lavoratore di adempiere alla lecita richiesta aziendale integra un’infrazione disciplinare, qualificabile come un’insubordinazione nei confronti del datore di lavoro, che, nei casi più gravi, può legittimare anche la risoluzione del rapporto per giusta causa.

Secondo la Suprema Corte infatti “Quando la contrattazione collettiva preveda la facoltà del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie, l’esercizio di tale facoltà deve intendersi affidato, in ragione dei poteri direzionali di questo e della corrispondente subordinazione del dipendente, alla discrezionalità dello stesso datore di lavoro, con la conseguenza che, secondo l’art. 2697 cod. civ., grava sul prestatore d’opera l’onere di provare, a giustificazione del rifiuto di corrispondere alla richiesta, una inaccettabile arbitrarietà della medesima. Detto rifiuto, se le prestazioni domandate sono contenute nei limiti di legge, può concretare un inadempimento sanzionabile disciplinarmente, a condizione che il potere discrezionale dell’imprenditore di richiedere la prestazione dello straordinario sia stato esercitato secondo le regole di correttezza e buona fede” (Cass. Sent. 5 agosto 2003, n. 11821, conforme Cass. Sentenza 29 luglio 2009, n. 17644.).

E la giurisprudenza di legittimità, qualora il CCNL di settore preveda la facoltà in capo al datore di lavoro di richiedere prestazioni di lavoro straordinario e il dipendente si rifiuti senza giustificato motivo, legittima finanche la sanzione espulsiva (si vedano Cass. Sent. 5 aprile 2016, n. 6581 e Cass. Sent. 25 settembre 2012, n. 16248).

Al di fuori dalle ipotesi considerate, il lavoratore subordinato può rifiutarsi di effettuare lo straordinario senza che ciò comporti un’infrazione disciplinare, poiché in assenza o al di fuori delle previsioni della contrattazione collettiva lo straordinario è possibile solo previo accordo tra il datore di lavoro e il dipendente, nei limiti massimi di 250 ore all’anno.

Ad ogni modo, il dipendente può sempre rifiutare lo straordinario nelle seguenti ipotesi:

  • qualora sussista un giustificato e comprovato motivo che impedisca la prestazione;
  • se il potere del datore di lavoro non è stato esercitato secondo correttezza e buona fede;
  • se si tratta di un lavoratore studente (art. 10 comma 1 L. 300/1970).

 A cura di Avv. Francesco Bedon

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