L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con circolare n. 1 dell’8 febbraio 2021, ha fornito importanti indicazioni in ordine al campo di applicazione del lavoro intermittente, anche in ragione delle più recenti pronunce giurisprudenziali in materia.
Una prima indicazione riguarda il ruolo della contrattazione collettiva che, ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 81/2015, è chiamata ad individuare le esigenze che giustificano il ricorso a tale tipologia contrattuale “anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno”.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29423 del 13 novembre 2019, ha evidenziato che alle parti sociali è affidata l’individuazione delle sole “esigenze” che giustificano il ricorso a tale tipologia contrattuale ed anche il Ministero del lavoro ha posto in rilievo come “alle parti sociali non sia stato riconosciuto alcun altro potere al di fuori di tale particolare aspetto e, in special modo, il potere di interdire l’utilizzo di tale tipologia contrattuale nel settore regolato”.
Ne consegue dunque la necessità per gli ispettori di conformarsi alla pronuncia della Suprema Corte, nel senso di non tener conto, nell’ambito dell’attività di vigilanza, di eventuali clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente. Resta comunque ferma la possibilità di verificare il rispetto delle condizioni c.d. soggettive, ossia se il contratto sia stato stipulato “con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”.
Una seconda indicazione riguarda il lavoro intermittente e il settore dell’autotrasporto.
Il Ministero del lavoro ha al riguardo chiarito che l’attuale contrattazione collettiva di settore non contiene specifiche previsioni in ordine alla individuazione delle “esigenze” per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente. Di conseguenza –ferma restando l’eventuale presenza di ipotesi c.d. soggettive– si deve fare riferimento alla tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 che, tra le attività da considerare di carattere discontinuo annovera, al punto 8, quella del “personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità”. Stante la formulazione della disposizione (e la punteggiatura in essa utilizzata) il Ministero ha argomentato che la discontinuità è dunque riferibile alle attività del solo personale addetto al carico e allo scarico, quale ulteriore “sotto categoria” rispetto a quanti sono adibiti al trasporto tout court, “con esclusione delle altre attività ivi comprese quelle svolte dal personale con qualifica di autista”.
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