Nel contratto di lavoro intermittente (c.d. ‘a chiamata’) senza obbligo di indennità di disponibilità, l’assunzione degli obblighi reciproci delle parti, tipici del contratto di lavoro subordinato, risulta sottoposta ad una duplice condizione sospensiva potestativa:
– l’eventuale manifestazione divolontà del datore di lavoro (se vorrò ti chiamerò…);
– l’eventuale, successiva accettazione del prestatore di lavoro (se vorrò risponderò alla chiamata..).
Da ciò ne consegue che tale condizione si risolve di fatto nell’effettiva inesistenza di ogni vincolo contrattuale per entrambe le parti, ponendo questo tipo di contratto come una anomalia all’interno del nostro ordinamento giuridico.
Va inoltre rilevato come le norme di legge che disciplinano il lavoro intermittente (artt.33-40 della Legge 276/2003) nulla dispongono circa la risoluzione del rapporto.
L’art. 38 , al comma 3 recita però testualmente: “Per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati nè matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l’indennità di disponibilità di cui all’art. 36“.
Tale affermazione è stata confermata dal Ministero del lavoro con circolare n. 4 del 3 febbraio 2005.
Si pongono quindi due questioni, la prima relativa alle modalità di eventuale risoluzione del rapporto da parte del datore di lavoro, la seconda concernente il conseguente, eventuale obbligo di preavviso.
– risoluzione del rapporto: non essendo state rinvenute interpretazioni ed indicazioni da parte del Ministero del Lavoro o della giurisprudenza, si può ipotizzare la legittimità di licenziamento del lavoratore che non risponda ripetutamente alle chiamate del datore di lavoro. In particolare, l’interpretazione letterale della norma sopra citata indurrebbe a ritenere possibile e lecito un licenziamento ad nutum del lavoratore intermittente che si trovi in situazione di ‘disponibilità’.
– preavviso: anche in questo caso, le norme di legge in materia di lavoro intermittente nulla dispongono, per cui è ipotizzabile che il lavoratore possa averne diritto. In tal caso, escludendo ragionevolmente l’ipotesi di chiedere al lavoratore di prestare il periodo di preavviso, potrebbe essere obbligatorio riconoscergli (se dovesse aver comunque effettuato qualche prestazione lavorativa) l’indennità sostitutiva, calcolata in base a quanto disposto dal CCNL (in funzione di inquadramento ed anzianità) e dall’art. 2121 Cod. civ., cioè sulla “media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato“.
La circolare del Ministero del lavoro citata è disponibile su: http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/7853DD9B-8C3B-4F41-9EBE-D63939D34A9D/0/20050203_Circ_04.pdf