18 Febbraio 2015

Licenziamento per raggiunti limiti di eta’

Legittimità del licenziamento per raggiunti limiti di eta’: due distinte decisioni della Magistratura del lavoro,  sotto differenti profili, affrontano il problema.

Tale diritto è previsto dall’art. 24, co. 4 del D.L. 201/2011 convertito in L. 214/2011, che stabilisce: “Per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria e delle forme esclusive e sostitutive della medesima…la pensione di vecchiaia si può conseguire all’età in cui operano i requisiti minimi previsti dai successivi commi. Il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato….fino all’età di settanta anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita… Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità“.

Di conseguenza, avendo il datore di lavoro un numero di dipendenti superiore a 15, il lavoratore (che all’epoca del licenziamento aveva compiuto 65 anni di età) non solo è stato reintegrato, ma ha ottenuto anche il pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data di definitiva cessazione del rapporto alla data di effettiva reintegrazione, oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e versamento dei contributi assistenziali e previdenziali fino all’effettiva reintegrazione.

Per il Tribunale, infatti “l’effetto congiunto dei criteri individuati nell’accordo, nella concreta applicazione che ne è stata data dalla parte datoriale, sia discriminatorio.

Come correttamente lamentato da parte ricorrente, infatti, l’unico effettivo criterio di selezione dei lavoratori da licenziare adottato dall’azienda risulta di fatto essere quello dell’età anagrafica.”

Anche in questo caso il datore di lavoro è stato condannato all’immediata reintegrazione del lavoratore (che all’epoca di questo licenziamento aveva compiuto 67 anni), al pagamento di un’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione (detratto l’aliunde perceptum) – e, comunque, in misura non inferiore a cinque mensilità, oltre interessi e rivalutazione, nonché a versare i contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione.

Entrambe le decisioni hanno pertanto ritenuto di applicare il comma 4, dell’art. 24 del D.L. 201/2011, secondo cui “Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità (settanta anni di età, n.d.r.)”.

 

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