All’Agenzia delle Entrate veniva presentato un interpello con il quale si chiedeva se le somme eventualmente rimborsate ai propri dipendenti che svolgono le loro mansioni in smart working, nella misura forfettaria pari al 30% dei consumi effettivi addebitati al lavoratore nelle fatture periodiche emesse a suo nome o del coniuge convivente, i costi della connessione a internet e per l’utilizzo della corrente elettrica, dell’aria condizionata o del riscaldamento, possano essere non considerate come reddito di lavoro dipendente.
Con la risposta ad interpello n. 328 dell’11 maggio 2021, l’Agenzia, sostenendo che “al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente occorrerebbe adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l’energia elettrica, la connessione internet, etc.), la quota di costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro”, ha ritenuto che i rimborsi spese forfettari oggetto dell’interpello non possano essere esclusi, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Per consultare la risposta ad interpello, clicca qui: